Il teatro della politica sanitaria calabrese e le maschere: l’allegoria del “desiderio” di Giangurgolo

Il teatro della politica sanitaria calabrese e le maschere: l’allegoria del “desiderio” di Giangurgolo

Elisabetta Marcianò

Il teatro della politica sanitaria calabrese e le maschere: l’allegoria del “desiderio” di Giangurgolo

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sabato 14 Novembre 2020 - 20:28

Gli ultimi 20 anni della sanità calabrese

Giangurgolo è un signorotto ricco, gradasso che esige rispetto senza darne in cambio. Solo davanti a chi è più potente di lui è quasi sottomesso. Ruffiano e adulatore con chi può rappresentare una minaccia. Arrogante e bravo solo a fare chiacchiere, ma di sicuro non a far fatti. Sempre desideroso di farsi rispettare, ma al momento di sguainare la spada, fugge a gambe levate. Millantatore e coraggioso con i più deboli. Diventa bugiardo per paura. La sua fame è costante. Per un piatto di pasta è capace, anche, di rubare per poi giurare di non aver visto né sentito nulla, negando ogni responsabilità.

Teatro sanitario

Riconoscete Giangurgolo? Acuite la vista. Provate a configurare ai vostri occhi l’ immagine di questo uomo, baldanzoso alla vista e nei modi, tutt’ altro che temerario e coraggioso nel procedere delle sue scelte, salvo l’appetito. Qual migliore maschera poteva identificare la Calabria? E quale migliore allegoria poteva rendere il destino dei baldanzosi (politici e commissari) che negli ultimi 20 anni hanno gestito la più grande azienda calabrese per fatturato? Si! La sanità, so bene che lo sapete, è davvero un teatro!

Alcuni dati

Vi ricordo dei numeri, che messi tutti assieme di sicuro danno un’ immagine ben più reale di ogni prosa. Secondo il “Rapporto Sanità 2019” del Centro studi Nebo a livello nazionale la forza lavoro ospedaliera è passata dalle 652mila unità alle 609mila nel 2017 con la Calabria tra le peggiori regioni per un taglio al personale del ben 17.1%, ossia 3800 dipendenti in meno. Nello specifico, tagli per il 15% del personale medico, 13% di quello infermieristico, 24% di figure tecnico-professionali)

E ancora

Per quanto riguarda i posti letto, dal 2000 al 2013, secondo l’elaborazione del “Quotidiano Sanità” sui dati del ministero della Salute, la Calabria è passata da 9915 posti letto a soli 5874, con un taglio netto del 40,7%: se nel 2013 la Calabria aveva appena 3 posti letti ogni 1000 abitanti, nel 2018 sono diminuiti ancora diventando solo 1,95 ogni mille abitanti Rispetto ai presidi ospedalieri, negli ultimi 15 anni la città metropolitana di Reggio Calabria ha perso 5 ospedali (Oppido Mamertina, Palmi, Scilla, Siderno e Taurianova), la Provincia di Cosenza 6 (Cariati, Lungro, Mormanno, Praia a Mare, San Marco Argentano e Trebisacce), e nelle altre provincie sono stati chiusi gli ospedali di Chiaravalle (Catanzaro), Soriano (Vibo Valentia) e Mesoraca (Crotone).

Domande

E se nell’accordo di programma integrativo del 2007 per il settore degli interventi sanitari, furono stanziati 285.589.141,77 euro, di cui quota parte dello Stato di 196.142.821,05 e della Regione Calabria 89.446.320,72 per il Nuovo Ospedale della Sibaritide 77.000.000 euro, per il Complesso Ospedaliero di Catanzaro 99.000.000 euro, per l’Adeguamento e completamento del Nuovo Ospedale di Vibo Valentia 43.589.141 euro e per il Nuovo Ospedale della Piana 66.000.000 euro. Chi sarà stato il Giangurgolo, avido ed affamato, a “ripulire” il piatto in questi 13 anni?

Dati e interviste shock

Nel DPCM del 6 Novembre la Calabria è stata inserita in zona rossa. Non per il numero di contagi, bensì proprio per l’inadeguatezza dei presidi in dote, differentemente da quanto previsto dal Governo (decreto Rilancio del 19 maggio) che riconosceva la necessità di arrivare ai 280 posti letto di terapia intensiva. La Calabria ne avrebbe in dote 171 (nel “teatro” di questi giorni, li ha contati chiunque: Commissario Regionale alla Sanità, usceri, Maria, direttori di clinica e ospedalieri vari, e persino ormai la gente comune, senza esser concordi mai sul numero, sia chiaro). All’appello mancherebbero 119 posti letto, che da Maggio nessuno ha pensato bene di adibire in previsione della seconda ondata. Nel “teatro” delle televisioni nazionali, solo le interviste hanno avuto il potere di suffragare una consapevolezza di incarico che altrimenti sarebbe rimasto solo un rigo su carta – il 7 Novembre si dipanava che il Commissario Regionale sarebbe dovuto essere la persona a predisporre il piano COVID, al‘ 8 Novembre lo stesso Commissario asseriva di averlo già fatto a Giugno – sante televisioni che ci ribaltano la realtà nel giro di un giorno e ci consentono di costruircene una del tutto personale, meraviglia!!!

Volti nuovi

E da li, il “teatro della politica”, che in pochi giorni si è superata, chiedendo dimissioni che sono arrivate prima (o forse dopo) il licenziamento per poi seduta stante nominare un altro che la politica e il popolo a gran voce ha destituito, salvo a tutt’ oggi non sapere nessuno ancora se o meno ne sia stata confermata o rettificata la nomina…che veste avrà l’ uomo nuovo della sanità in Calabria? Un professionista senza maschera? Attenzione però a pensare che siano loro a voler indossare la maschera, e pensare che voi che leggete non abbiate alcuna responsabilità in merito. State ancora un po’ ad ascoltare.. La maschera, e per prima la tragedia greca, è da sempre un velo di difesa necessaria che non consente di esser svelati e svelarsi fino in fondo. Permette di sentirsi sufficientemente protetti.

Maschere e desideri

La maschera è la risposta che il bambino ha trovato a suo tempo, per sopravvivere nel modo migliore alla ferita che ha vissuto: è un meccanismo di difesa, invero, un modo per ritrovare proattività e controllo rispetto alle vicende che ha subito, e che si rappresentano eccessivamente dolorose. Lacan, a proposito di maschera, parlava di “struttura della finzione”, e nel suo scritto “Giovinezza di Gide o la lettera e il desiderio ” testualmente diceva: “L’ideale dell’Io, di Freud , si dipinge su questa maschera complessa, e si forma, con la rimozione di un desiderio del soggetto, attraverso l’adozione inconscia dell’ immagine stessa dell’Altro che di questo desiderio ha il godimento insieme al diritto e i mezzi”.

Gli altri

E’ grazie a chi ci sta dinnanzi, all’ Altro insomma, che ci costruiamo, e che costruiamo la nostra maschera: non c’è niente di più simile a noi stessi di quella maschera che noi prendiamo e indossiamo in seguito alla nostra identificazione simbolica con l’Altro, da noi considerato come colui che detiene il diritto e i mezzi di poter godere del nostro desiderio. Ed allora perché continuiamo a consentire a Giangurgolo di indossare una maschera rossa arricchita da una naso di cartone, e sul capo quel cappello a forma di cono, e quel colletto alla spagnola arricciato su un corpetto a righe rosse e gialle?

Noi

Giangurgolo ha la maschera rossa, proprio come il colore della nostra terra Calabria oggi. Giangurgolo indossa la maschera perché noi gli consentiamo di renderla sua immagine, perché noi ancora permettiamo che lui detenga la possibilità che noi, nella nostra ingenuità e passività, si possa diventare il suo desiderio come da 15 anni or sono, come tutti i tagli fatti, come tutto lo scempio finanziario reso, e non pervenuto. Ecco, il desiderio di Giangurgolo dinnanzi ai più deboli, Noi.

Vincenzo Maria Romeo, Psichiatra – Psicoanalista

Si ringrazia l’artista Tiziano Riverso per la vignetta satirica

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