Automobilisti e ciclisti devono imparare a convivere rispettandosi reciprocamente. In Italia muore un ciclista ogni 35 ore.
Paola Gianotti, ciclista di endurance, motivational coach e scrittrice, è detentrice del Guinness World Record come donna più veloce del mondo ad aver circumnavigato il globo in bicicletta, concludendo la sua impresa in 144 giorni. E’ anche la donna più veloce al mondo ad aver pedalato per i 48 Stati degli USA, coperti in soli 43 giorni, e la donna più veloce ad aver attraversato in bici il Giappone.
Paola da anni porta avanti una campagna importantissima: “Io rispetto il ciclista”, facendo installare dei cartelli stradali con l’indicazione di superare a un metro e mezzo per creare attenzione. Appena terminerà questo periodo in cui gli spostamenti sono molto limitati, la sua missione sarà quella di venire in Sicilia per portare anche qui questo messaggio.
Ecco alcune domande interessanti rispetto a questo tema che le ha rivolto Elena Giardina in una sua intervista:
La tua missione degli ultimi anni è quella della sicurezza stradale e del rispetto per il ciclista. Tu stessa sei stata vittima di un incidente che ti ha fatto interrompere il tuo progetto di giro del mondo, cosa ti è successo?
Avevo pedalato già per 15.000 Km, ero nel deserto che collega la California con l’Arizona, ed ero ormai alla fine delle ultime tappe, che chiudevano la traversata degli Stati Uniti e poi mi sarei dovuta spostare in Australia. Stavo pedalando su un rettilineo, prima mi ha superato un camion, che nella fase di sorpasso ha rallentato, e dopo è arrivata un’auto. Il ragazzo che era alla guida parlava al cellulare e non si è accorto che il camion aveva rallentato: così è andato a sbattere contro il camion travolgendo me di lato. Mi sono rotta la 5° vertebra cervicale, rischiando la paralisi.
Fortunatamente la frattura era composta e quindi non ha comportato nulla a livello permanente. Io mi sono dovuta ovviamente fermare e così si è fermato il mio progetto. Sono stata due mesi negli Stati Uniti perché volevo riprendere il mio viaggio. Purtroppo, però, la vertebra era ancora aperta e quindi sono dovuta rientrare in Italia dove sono stata ferma per altri due mesi sino a quando la vertebra si è risaldata. Sono ripartita dopo 4 mesi esatti dal punto dell’incidente per proseguire il giro del mondo. Adesso sto bene!
Se oggi dovessi ripensare a una campagna sulla sicurezza stradale, quali parole virtuose vorresti comunicare?
La comunicazione più importante è la giusta convivenza tra automobilista e ciclista sulla strada. Quello che faccio è una doppia educazione. Educazione verso il ciclista a rispettare le regole, mettere sempre il casco, rendersi il più visibile possibile sulla strada e dall’altra parte l’educazione all’automobilista, sul fatto che su strada ci sono anche i ciclisti e pedoni e che sono le entità più deboli e più fragili. Quello che ci vuole è appunto rispetto sulla stessa strada di entrambe le componenti.
È chiaro che la mia campagna è dedicata più all’automobilista e all’attenzione che deve avere nei confronti del ciclista. In Italia, muore un ciclista ogni 35 ore. Il ciclista che fa la cavolata, non uccide nessuno, mentre l’automobilista che parla al cellulare o va ad alta velocità o si distrae, uccide un ciclista o un pedone. Detto questo, il ciclista che non rispetta il codice della strada non è giustificato. Quindi, la mia, è una campagna a doppio senso. La mia massima aspirazione è vedere la giusta convivenza su strada di tutti i soggetti.
Hai avuto la possibilità di entrare in contatto con tantissimi amministratori locali che ti hanno dato la possibilità di mettere sul loro territorio i cartelli stradali. Quali sono le frasi più belle che hai ascoltato durante questa missione?
Ho trovato tantissima partecipazione che non mi aspettavo. Da parte dell’amministrazione comunale non è stato semplicemente il posizionare un cartello, ma sentire il progetto come loro, come se volessero tutelare la loro comunità dall’evitare incidenti sulle strade. Quello che ho sentito di più è stata l’accoglienza con passione di tutte le amministrazioni comunali nei miei confronti e del mio team. Come se il progetto lo sentissero loro. Questo ha fatto la differenza.
Quali consigli vuoi dare alle persone che sono restie, per paura, ad utilizzare la bicicletta negli spostamenti quotidiani od anche a chi già la utilizza tutti i giorni?
A chi non la utilizza, dico di provare a fare almeno una volta uno spostamento per rendersi conto dei benefici che può dare la bicicletta in alternativa all’utilizzo della macchina. Soprattutto se si vive in grandi città la bici può aiutare a muoversi in modo più veloce e fa stare bene. Per chi va invece tutti i giorni in bici a lavoro, il mio consiglio è quello di fare pubblicità sull’utilizzo della bicicletta e spingere sul discorso sicurezza. Coloro che usano la bici ogni giorno sanno benissimo che purtroppo al momento la situazione è ancora difficile: chiedo anche a loro di portare avanti una piccola campagna quotidiana sulla sicurezza stradale.
Potete leggere l’intervista completa cliccando a questo link.
Elena Giardina, che ha realizzato l’intervista, in questi ultimi anni sta portando avanti il suo progetto Bike Therapy con molta energia. Crede fermamente nella bicicletta come strumento attraverso il quale conoscere luoghi, paesaggi e territori in modo immediato ed esperienziale, con un impatto gradevole sul benessere psicofisico. Elena è, inoltre, convinta che la bicicletta ci permetta di vivere la città in modo nuovo, libero e terapeutico. Questa fonte di benessere agisce sia a livello individuale (la biciletta è il mezzo più economico, ecologico e veloce) sia in termini di benessere collettivo e della vivibilità della città (meno congestione del traffico e più spazio da vivere).
Elena ha viaggiato molto in bicicletta in Italia, in Europa e anche in Tanzania. In quest’ultimo paese ha curato un progetto di cooperazione internazionale, regalando delle biciclette alla comunità locale di Pomerini, attraverso le donazioni raccolte. Ha collaborato con molti tour operator e quello che le piace fare è guidare i tour esperienziali in bicicletta, interpretando il territorio con osservazioni, riflessioni e punti di vista inconsueti.
cara ciclista devi dire a tutti quelli che si vestono da ciclisti ma ciclisti non sono che devono rispettare le regole stradali, non si cammina al centro strada non si cammina in fila per due o tre o quattro, tutta questa gente non fa altro che buttare discredito sui veri ciclisti, gli andrebbe sequestrata la bicicletta mettono in pericolo la vita della gente
In effetti solo in Sicilia ho visto andare dei cosiddetti ciclisti affiancati per 2 o per 3, chiacchierando amabilmente, invece che in fila per uno come sarebbe logico e naturale. Con questi comportamenti come si fa a passare a un metro e mezzo con le auto?
Per avere rispetto basta osservare le regole del Codice della Strada. Confermo i commenti di Pippo e Domenico ed aggiungo che se ti permetti di suonare perché occupano l’intera corsia di marcia ti minacciano pure….. Questi non sono ciclisti, sono “zalli” su due ruote.