La riflessione del prof. Randazzo sulla vicenda dell'impianto A2A nel territorio di San Filippo del Mela
Nei giorni scorsi i Proff. Fera e Limosani sono intervenuti in modo, a mio avviso, correttamente critico sullo stop imposto dalla Regione alla realizzazione dell‘impianto di biometano proposto da A2A nel territorio di San Filippo del Mela.
La commissione VIA – VAS infatti, in punta di diritto, utilizzandolo come una clava, aveva espresso parere negativo su un impianto coerente con i principi del Next Generation Plan e soprattutto realizzato interamente con fondi privati, in base al fatto che questo non era stato previsto dalla SRR, non tenendo in conto però che da quando si era espressa in tal senso la SRR, il Mondo è cambiato e le attuali direttive e disponibilità sono molto diverse. E, comunque, la realizzazione di un polo energetico nella piana di Milazzo sarebbe stata un’occasione unica, in prospettiva anche di una riconversione della raffineria.
Allo stesso tempo, però, per la commissione VIA – VAS risulta plausibile la proposta di due privati, di realizzare due termovalorizzatori posizionati nell’area sudorientale della Sicilia, a distanza di meno di 50 km l’uno dall’altro, dimenticando anni di sterile opposizione della linea politica regionale alla realizzazione di termovalorizzatori.
Sembrerebbe che più in generale il Governo Regionale abbia abdicato alle proprie prerogative in materia di pianificazione gestionale, conferendole in modo quasi esclusivo alla commissione VIA – VAS che nel corso degli ultimi mesi ha dettato la linea in materia di depositi di sedimenti sommersi, di gestione dei rifiuti e infine sulla possibile allocazione in Sicilia del Deposito Nazionale per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari ad attività bassa e molto bassa.
Ma per tematiche cosi complesse come quella dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU), sarebbe certamente più utile e lungimirante che la Regione pianificasse, invece, di demandare ad un comitato tecnico, di nomina esclusivamente politica, la responsabilità di intervenire in questioni dalle quali dipendono anche le possibilità di rilancio dell’Isola.
Spesso quando si parla di nuovi impianti, non si comprende, almeno da parte dei cittadini, che il problema non è il soggetto che realizza gli impianti, ma dove debbano essere ubicati e soprattutto come si inseriscano in un più ampio Piano Regionale dei Rifiuti, che dovrebbe consentire alla Sicilia di uscire da quello “stato di emergenza continua” che perdura da più di vent’anni.
E’ quindi evidente che due impianti così vicini tra loro risolverebbero soltanto i problemi dei privati che li hanno proposti, trascurando le problematiche del restante territorio regionale, e lasciando peraltro inalterato il problema dello spostamento dei rifiuti per il loro conferimento.
La Regione Siciliana, per una corretta gestione degli RSU, tenendo conto che vanno bonificate le 520 discariche censite sul territorio, ha bisogno di 4/5 termovalorizzatori: due ubicati nella Sicilia centroccidentale (uno a Palermo e uno tra Agrigento, Caltanissetta e Trapani), due nella Sicilia sud orientale (uno a Catania e uno baricentrico tra Ragusa e Siracusa) e uno centrale nel territorio messinese. La corretta distribuzione territoriale degli impianti è fondamentale, infatti bisogna limitare gli spostamenti e collegare gli impianti in modo adeguato con le necessarie piattaforme di trasformazione per la valorizzazione del rifiuto raccolto in modo differenziato.
La pianificazione deve, infatti, tenere conto anche del tipo di raccolta differenziata che si intende applicare su tutto il territorio, solo in questo modo sarà possibile individuare il numero necessario degli impianti di separazione e valorizzazione dei rifiuti inorganici e degli impianti di trasformazione dell’organico in compost, preferibilmente producendo biometano.
Oggi, ogni amministrazione locale raccoglie i rifiuti in modo diversamente differenziato, mentre sarebbe utile e funzionale per un loro razionale smistamento, unificarne il metodo e alternarne i giorni di raccolta, in modo da evitare inutili colli di bottiglia al conferimento finale.
La Regione Siciliana, con un proprio piano, prima, dovrebbe intervenire sulla raccolta differenziata della frazione organica, che rappresenta circa il 30-40% del totale degli RSU, cercando di sfruttare tutti i finanziamenti attualmente disponibili per creare una rete di trasformazione locale, incentivando e premiando l’uso di compostiere da balcone, di condominio, di isolato, di quartiere. In questo modo si risparmierebbe sensibilmente sulla raccolta, che potrebbe limitarsi al compost prodotto localmente, da raccogliere una volta ogni due settimane, mentre per il surplus si potrebbe individuare una rete più limitata di impianti di compostaggio o di produzione di biometano.
L’inorganico andrebbe, invece, distinto in secco pulito e secco sporco: il primo, costituito da carta, plastica, vetro, metallo etc. puliti, potrebbe essere raccolto tutto insieme una volta la settimana e avviato a centri locali (ogni 50-100.000 abitanti) di selezionamento e valorizzazione, per avviarlo alle diverse filiere di riciclo, in funzione della sua reale produttività; il secondo, costituito dal secco sporco non differenziabile, potrebbe essere raccolto a giorni alterni e avviato al TMB.
È utile ricordare comunque che la Sicilia ha una capacità di riciclo, per ogni categoria merceologica comunemente raccolta in modo differenziato, che varia dal 10 al 15 %. Il resto, raccolto in modo differenziato, va attualmente in discarica in modo indifferenziato.
Solo a valle di una chiara indicazione su come effettuare la raccolta differenziata e di una presa di coscienza della reale capacità di trasformazione e riuso del rifiuto su tutto il territorio regionale, sarà possibile pianificare l’impiantistica, evitando di realizzare doppioni viciniori e perdere l’occasione per rilanciare aree industriali esistenti, altrimenti destinate all’oblio. Ma tutto questo spetterebbe alla Politica, al Governo Regionale e non a un comitato tecnico scientifico.
Prof. Giovanni Randazzo Dipartimento Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT)