Scandalo Formazione a Messina, chieste 13 condanne al processo Corsi d'oro 1

Scandalo Formazione a Messina, chieste 13 condanne al processo Corsi d’oro 1

Alessandra Serio

Scandalo Formazione a Messina, chieste 13 condanne al processo Corsi d’oro 1

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giovedì 17 Novembre 2016 - 13:27

I Pm hanno chiesto al Tribunale di condannare tutti gli imputati del primo troncone processuale su truffe e corsi professionali. La pena più severa, 8 anni e mezzo, è stata sollecitata per l'ex consigliere comunale Elio Sauta. La sentenza prevista per il prossimo anno.

La Procura non fa sconti, e alla fine del processo sulla gestione dei fondi pubblici destinati agli enti di formazione professionale messinesi, in particolare Aram e Ancol, ha chiesto al Tribunale di condannare tutti gli imputati, sollecitando condanne che vanno dai 2 agli 8 anni. Anche Corsi d’Oro 1, così, arriva alla fase cruciale: chiuso il dibattimento, stamane i PM Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, dopo aver discusso circa 2 ore, hanno chiesto alla Corte presieduta dalla dottoressa Calabrò di condannare tutti e 13 le persone alla sbarra, oltre che le 5 sigle ugualmente imputate, ossia i due enti formativi e le società di servizi ad essi collegati.

Ecco le richieste della Procura: otto anni e mezzo di reclusione per Elio Sauta, 6 anni e 10 mesi per la moglie Graziella Feliciotto e per Natale Lo Presti; 6 anni e 4 mesi per Chiara Schirò, moglie di Francantonio Genovese; 2 anni ed 8 mesi all’ex tesoriera del PD e segretaria personale del deputato, Concetta Cannavò; 4 anni e 10 mesi per Nicola Bartolone, e l’assoluzione per non aver commesso il fatto da due capi di imputazione; 2 anni e 2 mesi per Carlo Isaja dell’Ispettorato del Lavoro, 5 anni per Carmelo Capone e Natale Capone; 2 anni (con la concessione delle attenuanti generiche) per Giuseppe Caliri; 3 anni ed 8 mesi per Daniela D’Urso, moglie dell’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca, 2 anni e 10 mesi per Giuseppe Pugliares, 4 anni per Salvatore Giuffè.

Poi le richieste per gli enti e le società di servizio: 300 quote da 200 euro ciascuno per l’Ancol; 500 quote da 400 euro per l’Elfi Immobiliare, 350 quote da 300 euro per Sicilia Service srl, 500 quote da 400 euro per il Centro Servizi 2000, 300 quote da 200 euro ciascuno per l’associazione Pianeta Verde.

Il dibattimento è stato complesso e lo scontro tra accusa e difese a volte molto aspro, e si è mosso parallelamente a quello in corso davanti la II sezione Penale dove si trattano vicende analoghe ma che vede coinvolti anche lo stesso Genovese e il cognato Franco Rinaldi, denominato Corsi d’Oro 2.

Anche in questo secondo troncone processuale le richieste di condanna avanzate dall’ufficio di Procura sono state molto severe e in queste settimane stanno discutendo gli avvocati difensori: lunedì prossimo tocca proprio alle difese degli onorevoli, gli avvocati Nino Favazzo e Gaetano Pecorella. Le udienze sono state calendarizzate sino a metà dicembre, ma è molto probabile che si andrà avanti sino all’anno nuovo.

Tornando al processo di oggi, l’udienza è stata aggiornata a gennaio per dare la parola ai molti difensori impegnati. Associazione finalizzata a diversi episodi di peculato, truffa, e tentata truffa le accuse contestate a vario titolo.

Gli arresti sono scattati il 17 luglio del 2013. Ai domiciliari andarono in 10. Clamoroso l’arresto delle due mogli degli ex primi cittadini messinesi, insieme al consigliere comunale Elio Sauta, patron del grosso ente formativo di via Principe Umberto, e dell’ex assessore comunale Melino Capone, già sotto processo per le vicende legate all’Aram.

Prestazioni simulate e spese “gonfiate” relative agli affitti, al noleggio delle attrezzature e alla pulizia dei locali in cui venivano tenuti i corsi di formazione avrebbero consentito di ottenere finanziamenti più cospicui per i corsi di formazione approvati dalla Regione e finanziati con fondi regionali, statali ed europei. Questa l’ipotesi della Procura, formulata alla fine delle indagini della sezione di Polizia giudiziaria della Polizia.

Fatture “gonfiate” fino al 600%, così gli enti di formazione si sarebbero accaparrati decine di milioni di euro di finanziamenti.

I bilanci in apparenza erano a posto ma indagando gli inquirenti hanno scoperto un sistema di società parallele attraverso cui le spese venivano fittiziamente aumentate e i controlli sistematicamente aggirati.

Dalle indagini sulle fatture è emerso che una gioielleria forniva arredamenti o importi di migliaia di euro per i servizi di pulizia delle sedi che poi, realmente, venivano eseguiti da quattro persone che guadagnavano 500 euro al mese. Tutto con società create ad hoc, che hanno la sede legale presso lo studio di un commercialista.

Elementi che hanno attirato l’attenzione dei magistrati che seguivano inchieste diverse poi riunite nello stesso fascicolo. Aram e Lumen sono gli enti che farebbero riferimento alla famiglia Genovese-Rinaldi.

Alessandra Serio

2 commenti

  1. SIGNORI GIUDICI CONFERMATEGLI LA PENA QUESTI xxxxxxxxx MERITANO QUESTO

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  2. SIGNORI GIUDICI CONFERMATEGLI LA PENA QUESTI xxxxxxxxx MERITANO QUESTO

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