Il fuoco poteva essere spento già dal giorno dopo. L'antincendio, a mio avviso, è stato gestito male. Bisogna rivedere tutto e a dirlo sono i fatti.
Ieri sera il governo ha deliberato lo stato d’emergenza per le aree colpite dagli incendi che hanno devastato varie regioni d’Italia tra cui anche la Calabria. Regione che ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane, patrimonio arboreo e imprenditoria agricola. Un ferita di fuoco che ha “squarciato” il territorio, in particolar modo il Parco Nazionale dell’Aspromonte, vittima di centinaia di roghi soprattutto nell’area Grecanica. Fuochi che hanno messo a repentaglio ricchezze importanti come le Faggete Vetuste, dichiarate non molto tempo prima Patrimonio Unesco.
La storia
Eventi che hanno scosso profondamente la coscienza collettiva e sollevato moltissime reazioni anche e soprattutto in merito alla gestione di controllo e spegnimento del fuoco. Tragedie di questa portata cambiano radicalmente tutto anche e soprattutto la vita di quelle persone che investono nel proprio territorio tutto quello che hanno dalle forze economiche a quelle fisiche e mentali. Noi di Tempo Stretto abbiamo raccolto la storia di Francesco Saccà che ha perso tutto quello che aveva, compresa la casa, a Roccaforte del Greco. Una delle zone più colpite colpite tanto dal far dichiarare al sindaco “il paese non c’è più”.
Cosa è successo quel giorno?
“Mi hanno chiamato quando il fuoco era ancora lontano dall’azienda. In tempi record ho fatto Reggio – Roccaforte del Greco, ma quando sono arrivato lì il fuoco aveva già percorso parte della mia azienda a causa del vento. In quei momenti la rabbia è fortissima, il senso di impotenza, l’incredulità. Un misto di emozioni che spinge a volersi lanciare nel fuoco. Un carabiniere mi ha tirato via, ma volevo solo correre a salvare la mia azienda che è la mia vita. Prima ancora lo è stata di mio padre. E non solo mia anche dei miei dipendenti che già dal giorno dopo si sono messi subito a lavoro per recuperare il salvabile, soprattutto il cibo per gli animali che sono rimasti senza pascolo.”
Sente più rabbia o disperazione?
“Rabbia, la disperazione non porta a niente. Rabbia perché tutto questo si poteva evitare. Il fuoco poteva essere spento già dal giorno dopo. L’antincendio, a mio avviso, è stato gestito male. Bisogna rivedere tutto e a dirlo sono i fatti. Mi fa rabbia sapere che tanti come me hanno perso tutto. Due giovani, per esempio, tornati nella loro terra per investire, per restituire speranze a zone semi abbandonate del sud e poi assistere alla perdita di ogni cosa. Non chiuderanno, ma è davvero dura.”
E adesso cosa farà?
“Intanto non ho intenzione di chiudere, non lo farò mai. Non lascerò mai morire la mia azienda, quello che mio padre mi ha lasciato e che io lascerò a mia figlia che ha solo 8 anni, ma ha capito benissimo quello stava succedendo. Questa tragedia ha colpito tante famiglie da quelle dei miei dipendenti a quelle di altri imprenditori, contadini. Molti mi dicono “per fortuna gli animali si sono salvati”, ma nessuno mi chiede cosa mangiano. Ringrazio gli amici che mi stanno aiutando e aspetto i ristori promessi dal governo. Una pineta di 50anni però non può restituircela nessuno. Nessuna somma potrà restituire l’immenso patrimonio che abbiamo perso. Tutti. ”