Le vicende poco chiare dietro la morte di Attilio Manca, all'ombra della mafia

Le vicende poco chiare dietro la morte di Attilio Manca, all’ombra della mafia

Giose Venuto

Le vicende poco chiare dietro la morte di Attilio Manca, all’ombra della mafia

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sabato 05 Novembre 2011 - 05:59

A distanza di 7 anni dal suo suicidio/omicidio, si è ancora lontani da verità e giustizia. Durante l'incontro alla Casamatta, l'idea di una petizione al Presidente della Repubblica per sollecitare la Magistratura alla vera soluzione del caso

Era il 12 febbraio del 2004 quando Attilio Manca, urologo fra i migliori d’Italia e conosciuto in tutto il Paese, fu trovato morto nella sua abitazionea Viterbo . La versione ufficiale dei fatti stava velocemente chiudendo il caso archiviandolo come suicidio a causa di un’overdose di sostanze stupefacenti, ma molti particolari sulla vicenda non quadravano soprattutto ai familiari e ai vicini di Attilio, che alla fine del 2008 hanno portato la magistratura a riaprire formalmente le indagini.A rendere palese la stonatura delle prime versioni degli inquirenti sono gli unici due buchi di siringa presenti sull’avanbraccio sinistro del presunto suicida ,che però era mancino.Le due siringhe trovate in due angoli diversi della casa addirittura chiuse con i tappucci, lividi e ferite in tutto il corpo e deviazione del setto nasale dovuta secondo una ricostruzione ad una fantasiosa caduta con la faccia su di un telecomando; telecomando che in realtà si trovava su un letto. Rende molto chiara l’immagine dei fatti fornita dai vicini di Attilio,che citano una parte di un post scritta sul blog di un amico: “Si iniettò allora, due volte, sui polsi, una miscela esplosiva di alcol, calmanti ed eroina per farla finita. Nel polso sinistro però. Lui che era mancino, in punto di morte, scoprì che era abile ad usare anche l’altra mano. Mentre entrava in circolo il mix, diede una testata su qualche muro deviandosi il setto nasale. Poi cominciò a sbattere in giro per la casa, a procurarsi ecchimosi ed ematomi su tutto il corpo. Cosparse la casa del suo sangue, sul letto, sotto il letto, mise il tappo alle due siringhe e ne mise una in bagno e una in cucina. Poi finalmente morì. Suicidio. Caso chiuso. Come Peppino Impastato che si fece esplodere dopo essersi auto-pestato a sangue ed aver cosparso di tracce ematiche tutta la campagna”.
Ad infittire il caso seguendo quindi la pista dell’omicidio di mafia, è la dichiarazione di un pentito, poi ucciso in carcere, il quale ha affermato che un urologo siciliano si sarebbe dovuto occupare a Marsiglia di una particolare operazione alla prostata al boss Bernardo Provenzano; un tipo specifico di operazione che soltanto Attilio Manca, e pochissimi altri colleghi in Italia, sapeva eseguire e che, secondo i parenti effettivamente in quel periodo lui si trovava a Marsiglia.
Attilio Manca era originario di Barcellona pozzo di gotto, un luogo conosciuto da tempo per i consistenti intrecci fra mafia, politica, massoneria, e che, pur non essendo direttamente coinvolto in ambienti mafiosi, né è stato tirato dentro con conseguenze fatali in somiglianza all’omicidio di Graziella Campagna; storie che ricordano quanto la mafia non sia affatto distante dalla vita quotidiana dei singoli cittadini.

Di tutto questo si è parlato nell’incontro di ieri pomeriggio presso Casamatta, organizzato dalla Casamatta della Sinistra e da Terrelibere,in occasione del quale è stato anche presentato il libro dell’editore Antonello Mangano “L’enigma di Attilio Manca” , al centro di causa civile da parte del magistrato Cassata , che ne richiede l’eliminazione totale o la censura di parti che lo riguardano.
La storia di Attilio Manca non ha avuto alcuna rilevanza sui mass media nazionale e soprattutto dopo 7 anni vede le inchieste ancora ferme: gli organizzatori dell’ incontro di ieri hanno quindi deciso di avviare una petizione, con partenza da Barcellona pozzo di gotto, destinata al Presidente della Repubblica che presiede il Consiglio Superiore della Magistratura, attrverso cui sollecitare le istituzioni giudiziare a fornire risposte alle tante domande irrisolte e a chiudere i fascicoli solo dopo aver trovato giustizia e verità.

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