Respinta la richiesta di risarcimenti avanzata da Cattafi per le inchieste sulla DiBeca pubblicate nel 2009.
BARCELLONA POZZO DI GOTTO – Il Tribunale civile di Barcellona ha detto no alla richiesta di risarcimento avanzata da Saro Cattafi e dalla società Dibeca per le inchieste pubblicate su di lui a novembre 2009 da stampalibera.it e antimafiaduemila. Per il giudice Elisa Di Giovanni, “le notizie dal sapore inquisitorio tipico dell’inchiesta su affari di pubblico interesse, risultano riportate, nella maggior parte della estensione contenutistica, attraverso le virgolette, sintomo della riproduzione delle fonti” da cui ha attinto il giornalista Antonio Mazzeo, poi diffusi telematicamente da Enrico Di Giacomo (direttore responsabile del blog) e Giorgio Bongiovanni (direttore responsabile della rivista on line Antimafiaduemila), tutti e tre processualmente tutelati dagli avvocati Fabio Repici e Maria Rita Cicero.
Tra le fonti citate figurano la relazione della Commissione prefettizia sul condizionamento mafioso del Comune di Barcellona P.G. del luglio 2006, l’informativa del Gico di Firenze del 3 aprile 1996 e la relazione di minoranza della Commissione parlamentare antimafia della XIV legislatura, primo firmatario Giuseppe Lumia. Per il giudice, l’inchiesta giornalistica, oggetto di contestazione, “resta confinata entro le maglie del rispetto della dignità umana e professionale, stante l’assenza di aggettivi qualificativi aggressivi o dileggiatori rivolti alla persona umana o alla figura professionale”.
Quanto poi alla circostanza per cui la DiBeca viene “indicata come una società mafiosa che intrattiene rapporti economici con soggetti contigui ad ambienti criminali di natura mafiosa, inserita in una cittadina anch’essa mafiosa”, il Tribunale ha osservato che, “dalla lettura dei contenuti degli articoli, oggetto di puntuale trascrizione già nel corpo della citazione introduttiva – oltreché di produzione – non consta evidenza di impiego di locuzioni definitorie della società in questione elusive del canone della continenza giornalistica”.
Insomma, “gli stessi articoli sono rivelatori dell’intento primario di sensibilizzare l’opinione pubblica su affari di interesse generale, perseguito mediante il richiamo a fonti di informazione di attendibile provenienza la cui matrice investigativa non può che riflettersi sul tono suggestivo impiegato senza, tuttavia, tradursi in attacco personale”.