Al vaglio la posizione dei quattro indagati, i due ex direttori, un funzionario e il responsabile della ditta che eseguì i lavori
Saranno parte civile al processo i lavoratori dell’Arsenale militare marittimo di Messina, sequestrato dalla Capitaneria di Porto nel luglio 2018 e ancora oggi in stand by. Oggi il Gup Monica Marino ha dato il via al vaglio preliminare delle accuse contestate ai quattro indagati, e ha aperto l’udienza dicendo sì alla richiesta di costituzione dei lavoratori, assistiti dall’avvocato Antonella Russo.
Inquinamento ambientale e scarichi abusivi sono i reati sequestrati, insieme ad un’altra serie di ipotesi ambientali, a quattro persone: il responsabile sicurezza e qualità Stefano Patti, il direttore Antoine Manna, il predecessore Raffaele Sanua e Domenico De Luca, direttore tecnico della ditta Sakur che ha eseguito lavori all’interno della struttura. Proprio per i primi due reati gli imputati hanno chiesto l’oblazione, per poter cioè pagare una “multa” che estingue il reato.
Ma il Gup Marino ha rigettato la richiesta perché il danno creato dal reato contestato potrebbe essere permanente, alla luce del fatto che all’Arsenale non sono state ancora concesse le autorizzazioni necessarie. Insomma, la struttura non è ancora adeguata a operare senza inquinare, e forse contamina ancor oggi l’area dei bacini di carenaggio.
I difensori degli imputati, gli avvocati Gianluca Gullotta, Gianluca Currò e Gagliardi, hanno posto tutta una serie di questioni preliminari, sui quali il Giudice dovrà pronunciarsi. Si torna in aula a fine di febbraio, per dare la parola all’Accusa e ai difensori sul merito della vicenda.
A far scattare l’inchiesta fu una segnalazione dei proprietari di una decina di auto, parcheggiate nei pressi del bacino e danneggiate dalle operazioni effettuate dalla ditta De Luca.
I successivi rilievi dell’Arpa e i sopralluoghi della Capitaneria, guidati dal comandante Nazareno Laganà, rivelarono che nel bacino l’inquinamento aveva superato i livelli di guardia.
In relazione all’articolo pubblicato sulla vostra testata riguardante il sequestro di impianti di produzione nello stabilimento di AID-ARSENALE MILITARE MESSINA ritengo opportuno precisare che soltanto il 6 ( sei) per cento dei dipendenti in servizio si e’ costituito parte civile . Inoltre non esiste una Ditta De Luca , il quale e’ soltanto un dipendente di altra Azienda . Desidero esprimere anche un profondo dissenso sull’atmosfera di “sparate sul pianista ” che si percepisce leggendo . Tutti gli indagati (escluso il signor De Luca) sono dei dipendenti dello Stato ,il quale e’ proprietario della struttura e degli impianti suddetti . L’improvviso risveglio di tutti in merito a queste irregolarità distoglie l’attenzione sui dati di fatto. Nessuno degli accusati era nella possibilità di chiudere uno stabilimento di produzione che impiega 180 dipendenti a dispetto della assenza secolare dello Stato .