REGGIO CALABRIA – La Piana di Gioia Tauro è pronta a diventare la Silicon Valley di Calabria? Le caratteristiche necessarie ci sono: parola di Santo Biondo, segretario regionale della Uil.
Solo ieri, i tre segretari calabresi della Triplice hanno diramato una nota congiunta in cui evidenziavano l’assoluta esigenza di non perdere il “treno” del prospettato mega-investimento del colosso cibernetico statunitense Intel da quattro miliardi e mezzo di euro, che andrebbe a generare un impatto occupazionale benefico da 3.500 nuovi posti di lavoro.
La Uil: il Governo candidi la Piana a hub tecnologico del Sud
«Paradossale che non sia il Governo a porre questo tema – va all’attacco Biondo -. Oggi, il porto di Gioia Tauro vanta una strategicità assolutamente riconosciuta dagli scenari internazionali, anche grazie allo sviluppo della Zona economica speciale e a un’area industriale di oltre 800 ettari, concretamente priva d’insediamenti.
Nell’ottica della guerra dei microchip fra il polo Europa-Usa e il ‘gigante asiatico’ credo sia imperativo che la Calabria e l’Italia candidino Gioia Tauro a hub tecnologico calabrese e dell’intero Mezzogiorno, per offrire al Sud una prospettiva di grande industrializzazione e produttività».
Insieme agli omologhi della Cgil Angelo Sposato e della Cisl Tonino Russo, Biondo non solo ha avanzato con forza la proposta di un avamposto hi-tech pianigiano, ma ha lanciato un appello al presidente della Regione Roberto Occhiuto «affinché – spiega – interceda presso il Governo centrale e il Ministero per lo Sviluppo economico affinché quest’enorme investimento, in tutti i casi, rimanga al Sud».
«Assurdo il mancato confronto su temi di questo rilievo»
Rimane, per Biondo, lo stupore per il mancato confronto – a un niente dalle Politiche – su tematiche di questa rilevanza. «Eppure, ce ne sarebbe un gran bisogno – osserva il dirigente sindacale -, considerato che da qui al 2026 la nostra regione tra fondi strutturali 2021-2027 e Pnrr sarà destinataria di qualcosa come 20 miliardi di euro».
Non manca una concreta ipotesi riguardo allo strumento da attivare per contribuire a trasformare la chance-Intel in realtà: il Contratto d’area di sviluppo, «già utilizzato nel 1995 quando avviò le attività il porto di Gioia – fa presente Santo Biondo –. E il porto di Gioia Tauro cresce, indipendentemente dalla mancata attenzione del Governo centrale… Se perdiamo quest’occasione vuol dire che la politica fondamentalmente non crede nelle straordinarie potenzialità del porto tirrenico, di un retroporto con 50 capannoni industriali abbandonati, della Zes come formidabile attrattore d’investimenti su scala internazionale».
Piemonte, Lombardia, Veneto e Puglia i concorrenti da battere
Intanto, però, alla Sicilia – e al Catanese, nello specifico – non è bastato aver dato spazio in passato a colossi tecnologici d’eccellenza come St Microelectronics…
La proposta della Giunta regionale siciliana non è stata neanche presa in considerazione per la scarsa prossimità a un aeroporto (e dunque a uno snodo intermodale) e l’area decisamente sottodimensionata rispetto alla richiesta (almeno 150 ettari).
A questo punto Piemonte, Lombardia, Veneto e – per il Mezzogiorno – Puglia sono ancora più agguerrite nel contendersi quest’opportunità-monstre.
…Ma la Piana tirrenica ha le ‘carte in regola’ per accogliere un investimento di questa natura e di queste dimensioni? «Che Gioia Tauro abbia ricevuto l’autorizzazione per la Zes dimostra che le condizioni per poter attrarre e accogliere l’importante investimento ‘a stelle e strisce’ ci sono tutte – così il segretario della Uil Calabria -.Sarebbe uno scenario conseguenziale alla straordinaria importanza ammessa dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro alle Infrastrutture Enrico Giovannini.
Noi ci crediamo, e chiediamo alla politica di crederci a sua volta e d’esprimersi chiaramente al riguardo, nel corso di questa campagna elettorale per le Politiche del 25 settembre. A proposito: non si venga a dire che non si fanno investimenti perché c’è la ‘ndrangheta… Lo Stato e l’economia legale non possono, non devono cedere all’antiStato».