A margine dell’incontro che Ninni Bruschetta ha organizzato ieri per presentare “LiberaSicilia”, la lista con cui si candida alla Presidenza della Regione, Tempostretto.it ha incontrato Claudio Fava
La Sicilia è sempre stata terra di “esperimenti” politici e il governo Lombardo ne è una prova. Lei sta tentando di fare un altro tipo di esperimento: partire dal basso dell’elettorato e costruire un progetto, oltre che politico, culturale…
Penso che Lombardo non abbia fatto un “esperimento”, questo è un termine virtuoso, allude alla ricerca di spazi nuovi. In politica non significa inventarsi formule ma sperimentare percorsi inediti. Lombardo, insieme al Pd, ha realizzato quello che si chiama tecnicamente “inciucio”, ha compiuto una vivisezione sulla carne viva della Sicilia. Credo che le conseguenze le stiamo pagando tutti: recentemente la Corte dei Conti ci ricordava quali sono le cifre del disastro economico della Sicilia e come non una delle promesse fatte da questo cosiddetto “esperimento” è stata mantenuta, ma anzi, che per qualità e quantità degli sprechi la nostra regione è sull’orlo del fallimento. Io sto provando, più che a fare un esperimento, a sottrarmi ad una tutela che è quella dei partiti, con una candidatura che non è contro i partiti ma che vuole prescindere dalla loro benedizione e dalla loro ufficiale investitura. Ai partiti mi rivolgo, ma a partire da questa candidatura, senza trattare con loro. E ai siciliani la metto in mano. Gli elettori infatti non sono chiamati soltanto al voto, ma anche ad assumersi la paternità di questa proposta politica, a costruirla insieme a me, a portarla avanti.
Cosa ha spinto, secondo lei, alcuni intellettuali a proporle di candidarsi alla Presidenza della Regione?
Credo che siano stati mossi da due ragioni. La prima è la consapevolezza che occorra un’alternativa profonda di impianto culturale e politico. Voltare pagina è un gesto della storia e va fatto con nettezza di comportamento. La seconda è che hanno pensato che io fossi la persona adatta a voltare pagina con una certa schiettezza, per la mia esperienza personale e politica.
Era mai accaduto che qualcuno si candidasse prima ancora le elezioni fossero fissate?
Ci sono sempre state candidature buttate nell’agorà politica, del tipo “sarei disponibile se mi garantite, mi promettete…”. La melina della politica siciliana prevede sempre che ci sia una vigilia della recitazione per cui ci sono tanti autocandidati ma alla fine è il partito che decide chi fa cosa. In questo senso, io ho deciso di azzerare questa vecchia pratica della finzione e dire chiaramente che la mia candidatura c’è e non è nella disponibilità dei partiti ma dei siciliani. A loro è offerta ma ovviamente è pronta al confronto con i partiti.
Quali sono i partiti ai quali non si rivolge in senso categorico?
A tutti i partiti del centro destra e anche a quelli che rappresentino un senso di continuità con il governo Cuffaro ieri e Lombardo oggi. Voltare pagina non significa un solo uomo al comando, vuol dire organizzare attorno ad una candidatura un concerto di forze, di risorse politiche, chiamiamola pure una coalizione, che rappresenti un’alternativa rispetto alle stagioni passate. E questo mette da parte alcune forze politiche che, in questi anni, sono state forze di governo e che hanno la responsabilità del pessimo governo che ha subito la Sicilia. Il ragionamento potrebbe estendersi anche al Partito Democratico ma è tutto da vedere…
Come mai, secondo lei, il Partito Democratico, negli ultimi due anni, ha deciso di appoggiare il governo Lombardo?
Io distinguerei alcuni dirigenti del PD dagli elettori. Per ogni dirigente convinto di quest’accordo c’erano mille elettori che non lo volevano. Alla fine è prevalso, come sempre accade in questi casi, la parola dei dirigenti e dei parlamentari regionali che hanno trovato una ragione di convenienza personale, di sopravvivenza. Gli elettori del PD credo siano lontani abissalmente da questa scelta. Lo hanno dimostrato le elezioni di Palermo e il risultato che ha ricevuto il Partito Democratico.
Il suo è un programma partecipato, fatto anche dall’apporto della rete. Ci dice tre parole chiave di questa proposta?
La rete è un pezzo di democrazia reale, vissuta. I social network sono un modo non solo per ottenere voto e sostegno ma anche per chiedere idee, spunti, fantasie, critiche. Il progetto di governo parte da alcune linee che sono trasparenza, sobrietà e cura dei cittadini. Veniamo da una lunga stagione di opacità, di sprechi e privatizzazione delle risorse ad uso del principe e della sua corte, vogliamo una politica che miri al bene comune e non alla ricerca dei consensi.
La città di Messina ha forse definitivamente visto chiudersi il capitolo della propria storia relativo all’attesa per la costruzione del Ponte. Cosa si sente di dire a chi ancora crede a questo come unica via di uscita?
La risposta è arrivata dall’Europa e dal buon senso. Coerenza vorrebbe che chi in questi anni ha sbandierato il vessillo del Ponte facesse un passo indietro, ammettendo i propri sbagli, ma questo non avverrà. Questo è un territorio, come tutta la Sicilia, che ha bisogno di un grande progetto di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico e sismico. Pensiamo ai morti di Giampilieri e di Saponara, fatti umilianti per un paese civile. Mettere in sicurezza il territorio siciliano è inoltre un grande cantiere di lavoro. Più che del ponte avremmo bisogno di una linea ferroviaria elettrificata a doppio binario, di investire nelle autostrade del mare, di investire sulla qualità del nostro clima, del nostro turismo. Tutto ciò che va oltre la bufala, l’invenzione, la chimera del ponte oggi è una buona occasione di sviluppo. (CLAUDIO STAITI)
considerando che clima e turismo … prevedono alberghi etc che MAi il buon fava farebbe realizzare a Messina con la scusa della cementificazione delle coste e che la linea ferrata è vuota e il porto in qualche modo lo stanno facendo… direi HA DECRETATO CHE A MESSINA NON SI PUO’ SPENDERE UNA LIRA..ANZI EURO QUINDI SUDDITI EMIGRATE !!!! GRAZIE FAVA almeno è stato chiaro.