In scena a Sant'Agata di Militello con Uno, nessuno e centomila, Enrico Lo Verso racconta perché ha scelto di "vestire" i panni di Vitangelo Moscarda
Al Palauxilium di Sant’Agata Militello in scena Uno, nessuno e centomila con Enrico Lo Verso. Incontriamo il noto attore che volentieri risponde alle nostre domande.
– Dieci anni di assenza dal palcoscenico, adesso questo Pirandello, cosa è cambiato?
“Leggendo il riadattamento di Alessandra Pizzi sono rimasto folgorato. In appena ventuno pagine con un linguaggio moderno, la regista è riuscita a farmi appassionare alle vicende di Vitangelo Moscarda, rendendolo un personaggio eterno.”
– Pirandello e Lo Verso sembra un binomio perfetto. La tournée partita lo scorso luglio da Lecce, continua ad ottenere consensi ovunque.
“Sono rimasto stupito, dopo ogni rappresentazione da paesi limitrofi e istituiti scolastici, è arrivata istantaneamente la richiesta di repliche.”
– Un attore noto come Enrico Lo verso che non disdegna piccoli centri e scolaresche. .
“Lo spettacolo, pur affrontando problematiche esistenziali, è leggero. Mi piace molto confrontarmi con i ragazzi, che prendendo spunto dal testo, riflettono su questioni complesse.”
– La mia impressione è che lei oltre ad amare visceralmente il mestiere di attore, sia un appassionato del pianeta uomo. Secondo me lei è innamorato dell’umanità.
“Mi piace molto questa espressione. Sì, il genere umano mi interessa molto.”
Lo spettacolo come nel romanzo di Pirandello, parte da un dettaglio apparentemente insignificante: il naso del protagonista sembra non perfettamente simmetrico, anzi pende verso destra, così afferma con nonchalance, la moglie del dottor Moscarda. Questa affermazione induce il protagonista a riflettere, ad avere dei dubbi sulla propria identità, ad intraprendere un percorso bizzarro diventando ”geloso di me che non ero io, per me io ero estraneo a me stesso”. Un cammino tortuoso che lo induce a sconcertare gli altri. Vitangelo viene ritenuto pazzo dai benpensanti, perché scientemente e volutamente dimostra con atti precisi, come simulare uno sfratto che in realtà è una donazione, “che si può essere diversi da come gli altri ti vedono”.
Nei settanta minuti del monologo, Lo Verso tratta con maestria i temi cari a Pirandello: follia, umorismo, impossibilità di comprensione, incollando letteralmente lo spettatore alla poltrona. Una speranza si libra per tutti alla fine della pièce, quella di essere unici a dispetto dei nostri personali demoni, basta ricordarsi che : “una realtà non ci fu data e non c’è, dobbiamo farcela noi se vogliamo essere, e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.” Se nella visione di Pirandello la vita è caos, nonsenso e “non conclude”, Enrico Lo Verso nel suo monologo, conclude. Eccome.
Marina Romeo