A tu per tu con Alessandro Benvenuti, un toscano "pentito"

A tu per tu con Alessandro Benvenuti, un toscano “pentito”

A tu per tu con Alessandro Benvenuti, un toscano “pentito”

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domenica 04 Marzo 2012 - 17:55

L’attore è stato in scena a Messina con il musical “Dr. Jekyll e Mr. Hyde” e ha aperto per tempostretto.it il baule dei ricordi: dagli esordi con il trio comico “I Giancattivi” nella tv degli anni '70, all’approdo al cinema e ai tanti film di successo come “Zitti e Mosca” e “Compagni di scuola”.

In scena a Messina con “Dr. Jekyll e Mr. Hyde Sogni e Visioni” per la regia di Giancarlo Sepe con Rosalinda Celentano (assente nelle repliche di Messina per problemi di salute) e la partecipazione straordinaria delle Gemelle Kessler, Alessandro Benvenuti risponde alle domande di tempostretto.it.

“Dr. Jekyll e Mr. Hyde Sogni e Visioni”, vuole spiegarci di che si tratta?

Diciamo che più che una storia strutturata con una trama, è un affresco dell’età vittoriana, è prendere degli elementi dell’epoca e mischiarli in una visione fantastica e proporla in questo senso al pubblico. Infatti, il sottotitolo dello spettacolo recita “sogni e visioni”, è come se si voglia far credere che, l’autore, leggendo Stevenson, abbia trasformato i suoi sogni in visioni teatrali. È uno spettacolo abbastanza strano, Sepe usa lavorare molto in questo senso.

Il pubblico come reagisce? E come ha reagito il pubblico messinese?

Il pubblico messinese ha reagito come hanno reagito tutti i pubblici d’Italia, dividendosi in due, e questo era lo scopo del regista: provocare una reazione estrema, sia nel bene, sia nel male. Siamo abituati ad avere la platea spaccata in due: da quelli che vanno dalla disapprovazione allo scandalo, per via dei nudi, a quelli che osannano lo spettacolo e che dicono “finalmente una cosa nuova!”. D’altra parte, quando uno fa un esperimento, deve aspettarsi di ricevere sia il consenso che il dissenso. Una delle parole d’ordine del regista è stata “dovete essere urticanti” e noi che siamo degli ‘esecutori’, dei ‘soldatini’, siamo suoi primi alleati e non possiamo tradire il comandamento del regista. Possiamo fare meglio o peggio ma non possiamo modificare ciò che il regista vuole sia lo spettacolo, non sarebbe corretto da parte nostra.

Questo spettacolo è riuscito a mettere insieme lei, Rosalinda Celentano (assente nelle repliche di Messina per problemi di salute ndr) e le Gemelle Kessler, personalità artistiche completamente diverse. Reputa sia riuscito questo esperimento?

Sono mondi molto lontani. É più un discorso professionale, non si è formata una vera intimità. Siamo molto legati allo spettacolo, siamo molto ligi ai nostri ruoli, ma sono realtà distanti. Io non ho nulla a che vedere con le Gemelle Kessler, ma lo dico nel senso buono (ride). Avevo già lavorato con loro, le avevo dirette, nel 1987, in una trasmissione televisiva e, per la prima volta, le misi una contro l’altra…

Molti la ricordano come uno dei Giancattivi, apprezzato trio comico di teatro e tv degli anni ’70. Che tipo di comicità era?

Una comicità basata su degli archetipi comici: l’infanzia, cioè quel periodo di “cattiveria naturale”, non voluta, neutra che somiglia un po’ alla violenza del cosmo, passa un asteroide e colpisce un pianeta e lo disintegra; e poi il mimo acustico, il cartone animato, che prendevamo dai grandi padri del passato, da Charlie Chaplin a Buster Keaton, ma anche dai futuristi, dai surrealisti. In questi giorni, ricorrendo il quarantennale del gruppo, ho fatto un esperimento. L’ho riformato per una sera, con tre interpreti nuovi, molto giovani e devo dire che il risultato è stato sorprendente…

E la comicità di oggi?

La comicità di oggi è autoreferenziale: si va in televisione e si parla della televisione. Molti la definiscono “usa e getta”, io non voglio dare dei giudizi negativi, perché ogni epoca ha la sua comicità, ma resta il fatto che ci sono delle comicità più moderne di quelle attuali. E quella dei Giancattivi o della Smorfia di Troisi, per fare un altro esempio, rimane una comicità legata ad archetipi, quindi moderna. È un po’ come dire che Shakespeare è un archetipo: se tu mi fai un film in cui il ragazzo è di una famiglia cattolica e la ragazza è di una musulmana, beh!, l’ha già fatto lui con Romeo e Giulietta al suo tempo. È sempre preferibile una comicità legata all’essere umano, dalla quale può scaturire una riflessione legati ai temi della vita, una comicità che resta, e non fare il verso alla pubblicità o ai politici..

E la televisione come è cambiata?

Da un punto di vista tecnico è migliorata senz’altro, da un punto di vista contenutistico continua ad essere lo specchio della società. I tempi sono più barbari, le persone sono più volgari e la televisione si adegua.

Come ricorda il suo debutto cinematografico con “Ad ovest di Paperino” (1982)?

Lo ricordo con gioia e con dolore: molta gioia perché fu il mio primo film e molto dolore perché dopo due settimane di riprese il gruppo si sciolse e io dovetti condurre in porto da solo una barca le cui vele erano tutte stracciate. Perciò dal punto di vista umano fu un’esperienza difficile, però certamente ripagata dal successo del film.

Il grande pubblico la ricorda per aver partecipato al film “Compagni di scuola” (1988), dove Carlo Verdone le fa scontare la sua proverbiale perfidia nel ruolo del finto ‘handicappato’. Come ricorda quell’esperienza?

Beh, grandiosa. Ognuno di noi mise del suo. Io al tempo portavo i ferretti dell’ortodontite, quando Carlo mi vide, mi disse: “sei perfetto!”. Lui fu molto bravo a tenere un clima di vera amicizia, del resto tutti noi attori già ci conoscevamo all’epoca. Fu un’esperienza molto riuscita. E continuo a dire che questo fu uno dei film più belli che fece e che fu un vero peccato che non riuscì a continuare su quella strada, forse perché impaurito dal fatto che gli incassi furono leggermente minori rispetto ai film precedenti. Il suo modo di fare cinema è ancora oggi brillante, ma quel film lo avvicinò ai grandi maestri della commedia italiana.

In “Zitti e mosca” (1991) lanciò Pieraccioni, gli è ancora legato?

Sì, lui così come Ceccherini sono dei fratellini minori e io per loro sono stato un punto di riferimento costante, almeno all’inizio, poi hanno trovato la loro strada…

Ogni attore porta nel proprio bagaglio l’attaccamento alla propria regione, in cosa consiste la sua “toscanità”?

Ogni terra ha le sue memorie e la mia toscanità sono le mie memorie. La mia toscanità non sta solo nella mia voce, ma anche nell’analisi dei difetti della mia regione. Il toscano è una persona piena di sé, che ha una grande ironia ma pochissima autoironia. E questa è una cosa gravissima. Infatti io mi definisco molto spesso un “toscano pentito”, un toscano critico.

Vuole fare un saluto ai nostri lettori e magari un augurio ai tanti giovani che vorrebbero intraprendere la carriera dell’attore?

Volentierissimo, attraverso la sua gentilezza, estendo la mia ai lettori. E ai giovani dico che cominciano in un brutto momento: da quando sono nato non ho mai vissuto un momento così tremendo. Ho tre figlie e so cosa significa sognare, entrare in un mondo come il nostro. L’augurio è che trovino delle persone più grandi, preparate, oneste che insegnino loro l’etica e la preparazione sul lavoro. Ora come ora c’è molta slealtà, sono tollerati molti colpi bassi, è fondamentale essere già qualcuno per diventare qualcuno. Si sono moltiplicate le televisioni, i luoghi di potere, aumenta la quantità ma la qualità scade sempre. Sembra che ci siano più occasioni per fare spettacolo ma sono occasioni molto basse.

(CLAUDIO STAITI)

Alessandro Benvenuti (Pelago, 31 gennaio 1950) è un attore, drammaturgo, regista, sceneggiatore e scrittore italiano. Si forma nel cabaret negli anni settanta. Nel 1972 con Paolo Nativi e Athina Cenci fonda il trio dei Giancattivi, storico gruppo cabarettistico toscano che raggiunge la piena fama nazionale alla fine degli anni settanta con l'ingresso nel gruppo di Francesco Nuti e la conseguente partecipazione al programma televisivo Non Stop. A seguito del successo di tale programma, Benvenuti fece il suo esordio nel cinema nel 1982 con la commedia Ad ovest di Paperino. Continua per qualche tempo a lavorare nel grande schermo sia come semplice attore che come regista. Lo si ricorda ancora per una magistrale recitazione in Compagni di scuola, regia di Carlo Verdone (1988). Dopo lo scioglimento dei Giancattivi, Benvenuti dirige Benvenuti in casa Gori, affresco disincantato di un Natale in famiglia tratto da una sua rappresentazione teatrale. Del 1991 è Zitti e Mosca, nel quale si analizza la trasformazione del Partito Comunista Italiano in Partito Democratico della Sinistra con garbo e brio (è tra l'altro l'esordio cinematografico di Leonardo Pieraccioni). Nel 1993 gira Caino e Caino, pellicola ambientata nel mondo del settore tessile pratese dove condivise il ruolo di protagonista con Enrico Montesano, nei panni di una coppia di fratelli acerrimi rivali in lotta per ottenere la quota maggioritaria dell'azienda familiare ereditata dal padre. Belle al Bar del 1994 è probabilmente il suo film migliore da regista, grazie anche alla sensibilità con la quale si affrontano scabrosi temi inerenti al sesso (la prostituzione e la transessualità ad esempio). Altre pellicole di Benvenuti sono Ritorno a casa Gori (1996, sequel del precedente); I miei più cari amici (1998) e Ti spiace se bacio mamma? (2003). Dal 2006 è direttore artistico del Teatro Dante di Campi Bisenzio. È in scena con Dr. Jekyll Mr. Hyde Sogni e Visioni per la regia di Giancarlo Sepe con Rosalinda Celentano e la partecipazione straordinaria delle Gemelle Kessler.

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