Jojo Rabbit, ovvero: come ridere del nazismo

Jojo Rabbit, ovvero: come ridere del nazismo

Giacomo Maria Arrigo

Jojo Rabbit, ovvero: come ridere del nazismo

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giovedì 06 Febbraio 2020 - 11:08

"Jojo Rabbit" di Taika Waititi si muove abilmente tra satira e drammaticità, senza cadere nella irrispettosa caricatura. Un piccolo capolavoro, con 6 nomination agli Oscar.

Un film inaspettato. La tematica, quella del rapporto tra un tedesco e un ebreo, è stata trattata lungamente in parecchie altre pellicole. Per tal motivo, chi entrasse al cinema con l’aria di chi sa già a cosa va incontro rimarrà deluso. E piacevolmente sorpreso. Jojo Rabbit è un piccolo capolavoro. Un prodotto che mescola tragicità e comicità, un calderone dove ribolle sia la morte che la sofferenza, ma in cui il regista, Taika Waititi, ha aggiunto manciate di comicità e leggerezza. Una scommessa, certo: come si fa a ridere della e nella Germania nazista prossima al tracollo?

Il piccolo Johannes Betzler detto Jojo (Roman Griffin Davis) ha solo dieci anni ed è accecato dalla propaganda nazista. Immagina se stesso al fronte, vuole combattere contro i russi-cannibali e gli ebrei-vampiri, ha un amico immaginario, Adolf Hitler in persona (Taika Waititi), e vede tutto in modo in modo edulcorato, finanche il truce campo di addestramento dove gli viene insegnato come lanciare le granate. Ma quando scopre che sua madre (Scarlet Johansson) nasconde in casa una ragazzina ebrea (Thomasin McKenzie) tutto improvvisamente cambia.

Jojo Rabbit ha ottenuto ben sei candidature all’Oscar: miglior film, migliore attrice non protagonista (Scarlett Johansson), migliore sceneggiatura non originale (il film è liberamente tratto dal libro Caging Skies di Christine Leunens), migliore scenografia, miglior montaggio, migliori costumi. Ed è stato premiato da un’ottima accoglienza del pubblico: 28,4 milioni di dollari guadagnati negli Stati Uniti e in Canada, altri 36,9 milioni altrove, per un totale di 65,3 milioni nel mondo. E questo solo fino al 4 febbraio.

Elementi di Il grande dittatore di Chaplin e La vita è bella di Benigni sono ben presenti tra le pieghe del film. Jojo Rabbitsi muove abilmente tra satira e drammaticità, senza cadere nella irrispettosa caricatura. Taika Waititi ha dichiarato a questo proposito: «Sapevo di non voler fare un dramma puro e semplice sull’odio e il pregiudizio. Quando qualcosa mi sembra un po’ troppo semplice, mi piace portarci il caos. Ho sempre creduto che la commedia fosse il modo migliore per far sentire più a suo agio il pubblico. In Jojo Rabbit coinvolgo il pubblico con la risata, e quando abbassa la guardia inizio a inserirci questo carico di dramma che in questo modo colpisce maggiormente».

Una parodia del nazismo visto attraverso gli occhi di un bambino tedesco di dieci anni. Un modo diverso di guardare alla tragedia della Seconda guerra mondiale. Un film educativo e imprevedibile, dove la crescita del protagonista viene seguita passo passo fino al finale, la liberazione della Germania dall’ideologia nazista. Come reagirà il piccolo Jojo alla bandiera americana che svolazza tra le strade delle città tedesche?

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