Serata d’eccezione ai Magazzini del Sale, nel solco della Rassegna “Giusto un Sabato”, new entry in questa annuale edizione, per stimolare riflessioni sulle rappresentazioni, anche godendo di un salutare assaggio di verdure, ortaggi e patate, unitamente ad un bicchiere di rosso genuino (come per il 7 dicembre u.s.) E i commenti (tutti ottimi in verità) non sono di certo mancati e ognuno degli astanti – che aveva gremito la sala adibita alla mise en scene – non ha lesinato espressioni di plauso per l’interprete di elevato spessore, che ha fatto davvero dono di sé al meglio. Iniziamo però dal principio, per mettere in valore il proposito stesso della drammatizzazione di versi dei poeti di massima espressione della corrente letteraria appellata “Beat generation”, sviluppatasi in America dal secondo dopoguerra, ma sopratutto negli anni 50’, in connessione con l’ardente desiderio di totale sovvertimento di regole reputate ormai stantie in qualsivoglia settore esperienziale e che proprio nell’arte, non solo letteraria, ha dato buona prova di sé: ciò assume massimo rilievo per molti versi in questi nostri tempi permeati da immobilismo, assenza di vera partecipazione, rispetto ipocrita di modelli imposti da incarnare in cambio di una personale accettazione all’interno di un sistema stereotipato e falso. Quel sentire prepotente, il pungolo e la critica che è divenuta mano a mano accesa ribellione, ci hanno riportato a un contesto oggi scomparso, laddove si è messa la sordina ad ideali (sopiti) ad aneliti (spenti) perseguendo un omologante conformismo, che è la cenere “tout court” risultante dalla consunzione dello sfrenato capitalismo. Margherita Smedile, a fine spettacolo, intrattenendosi con gli spettatori, molto intrigati dalla performance, ha confessato di aver voluto portare in scena un proprio sogno, un personale ideale e farsi testimonial di un mondo che ci siamo lasciati alle spalle, per inseguire miti ingannevoli che peraltro non ci pertengono più e sono tutti da ricondurre alla passata volontà imperialista e alla perdita di una dimensione di spiritualità. L’intitolazione rimanda a uno dei testi di Allen Ginsberg, che con il suo potente “Urlo” del 1956 scandalizzò l’America dei benpensanti. Fernanda Pivano, con amicale e professionale condivisione, ha approntato una sapiente traduzione delle sillogi dello stesso autore e di Gregory Corso nomi questi che, con Jack Kerouac, William S. Burroughs,Lawrence Ferlinghetti, costituiscono i massimi esponenti della corrente. A quelle latitudini nelle poesie si metteva l’anima, lo stomaco, il cuore, l’energia mentale, i vizi, le inettitudini, le paure, o, nel peggiore dei casi, si era coscienti di non riuscire a farlo e lo si ammetteva. Opere tutte di grande erudizione, difficili certo da “digerire”, non essendo enunciazione di formali espressioni concettuali, ma crogiuolo di dirompenti passioni ,deformazioni ,con scrittura semi-ipnotica- di immagini concrete e carnali ,legate alla aderenza entusiastica ai piccoli fatti connotanti le esistenze. Il reading/concerto di Margherita Smedile, accompagnata alla chitarra elettrica da Marco Spadaro, più che valente spalla della poliedrica artista, ha visto l’incipit in quell’”Howl” in lingua originale, con il sottofondo di accordi strumentali giustamente stridenti. Si è proseguito con una dedica a Walt Witman, considerato dagli appartenenti alla Beat Generation un vero vate e il padre della poesia americana, inventore del verso libero e, per sua stessa ammissione, grande crogiuolo di contraddizioni proprio in quanto contenente moltitudini. E poi Gregory Corso, con la scoppiettante “Bomb”, e ancora A. Ginsberg, con la sua penetrante pazza spiritualità, le sue ironiche vibranti proteste, che ci hanno accompagnato, con la trasposizione ispirata della Pivano e l’empatica e appassionata resa della Smedile, in un viaggio all’inferno di un’anima che pur negli insanabili contrasti e nell’allocarsi tra letame e fiori, anelava fondersi nell’universo, spezzando la finitudine terrena. Pura emozione adrenalinica, che ci ha lasciati scoperti a scandagliare, a nostra volta, i nostri friabili confini materiali, e ci ha reso nudi e esposti, condizione che è l’assunto, potendosi fare inizio di vera rinascita, attraverso un cambiamento non convenzionale. Una serata davvero significante, una Margherita Smedile semplicemente…….grande nell’esprimere il genio di A.Ginsberg e ,di certo, di quella rimpianta combriccola ,che la nostra epoca ,ripiegata sul proprio egocentrico apparire, purtroppo non riesce più ad esprimere.
Jukebox all’idrogeno. Parole di lacrime e sangue, attuali per il risveglio degli animi sopiti.
martedì 10 Dicembre 2019 - 08:00
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