Kabul. La fuga disperata, il futuro delle donne cancellato. E l’Occidente?

Kabul. La fuga disperata, il futuro delle donne cancellato. E l’Occidente?

Emanuela Giorgianni

Kabul. La fuga disperata, il futuro delle donne cancellato. E l’Occidente?

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mercoledì 18 Agosto 2021 - 07:00

20 anni cancellati in Afghanistan e l’Occidente non può voltarsi dall’altra parte

11 settembre 2001. Le immagini delle Torri Gemelle tra le fiamme arrivavano sui nostri televisori, interrompendo ogni trasmissione. E quelle del “falling man”, simbolo della disperazione, l’uomo immortalato subito dopo essersi lanciato dalla Torre Nord del World Trade Center, nel tentativo di sfuggire a quel fumo infinito. Come lui, poi, tantissimi altri. Avevo solo sei anni, ma il loro ricordo e la preoccupazione sono indelebili nella mia memoria.

Ora ne ho 26 e provo la stessa preoccupazione. Dall’attentato alle Torri Gemelle sono passati 20 anni. 20 anni impiegati ad evitare che qualcosa del genere ricapitasse. 20 anni, ora, cancellati.

Kabul in mano ai talebani

Perché oggi ci ritroviamo a guardare immagini troppo simili a quelle, non più a New York ma a Kabul.

16 agosto 2021. Nell’aeroporto di Kabul, affollato come mai prima, uomini cercano disperatamente di fuggire, aggrappandosi alle ruote di un aereo americano già stracolmo di 650 passeggeri. L’aereo prende il volo e vediamo due di loro precipitare nel vuoto. Due puntini neri simbolo di un dolore senza scampo.

Non appena gli occidentali sono andati via dall’Afghanistan, i talebani hanno riconquistato il Paese in poche settimane. Mentre noi qui festeggiavamo il ferragosto, i talebani entravano a Kabul e proclamavano la rinascita dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan. Tutto questo dopo 20 anni di coalizione guidata dagli USA per contrastare la dittatura talebana in seguito all’attentato alle Torri; dopo i capitali spesi, 1 trilione di dollari per gli USA, 8,7 miliardi per l’Italia; dopo le vite che abbiamo perso, soltanto tra gli italiani contiamo, infatti, 53 morti e 700 feriti.

L’affollamento dell’aeroporto di Kabul da una foto satellitare

Gli occidentali e le tante domande

Come può determinare le sorti della nostra vita solo aver avuto la fortuna di nascere in un posto e non in un altro?

È un’immensa sconfitta umanitaria per tutti noi. È questo il risultato di un conflitto durato 20 anni, la cui campagna hanno avuto il coraggio di chiamare “Enduring Freedom”; è questo il senso che vogliamo dare a tutte quelle morti? Solo interessi economici e niente più?

“Il nostro obiettivo era distruggere Al Qaeda e fermare il terrorismo, non costruire una nazione” sono le parole del presidente americano Joe Biden, convinto della sua scelta di far tornare in patria i militari. Ma se non era possibile costruire una nazione, non era davvero neanche evitabile questa catastrofe?

Regno Unito e Germania si dichiarano uniti contro la crisi umanitaria, Johnson chiede un G7. In Italia stanno tornando in questi giorni i diplomatici e gli operatori italiani sui velivoli dell’Aeronautica Militare, ma la preoccupazione è per i cittadini afghani che ci hanno aiutato e hanno collaborato con noi in tutti questi anni. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dichiarato il suo impegno nel rivolgere proprio a loro protezione.
Tutti coloro i quali oggi piangono per Kabul saranno pronti domani, però, ad aprire le porte ai suoi profughi?
Sono tante le domande che ci poniamo, ma la più preoccupante è: quale sarà il futuro dell’Afghanistan?

Il futuro a Kabul e il doppio volto dei talebani

La setta fondamentalista islamica dei talebani ha governato sul Paese dal 1996, imponendo con violenza la sua visione del mondo. Una visione particolarmente dura per chi non rispetta la sharia, la legge islamica; una visione del mondo particolarmente dura per le donne, per le minoranze, per chi appartiene alla comunità lgbt+. Le donne devono essere completamente coperte dal burqa, non possono uscire di casa senza un uomo della famiglia, non possono ridere o parlare con altri uomini, non possono studiare né lavorare. Una intera generazione, nata dopo il 2001, che non ha mai conosciuto il dominio talebano, si trova a veder svanire davanti agli occhi ogni sogno; un’intera generazione che ha subito per anni questa sottomissione si trova a dire addio nuovamente ad ogni conquistata libertà.

Queste sono le angosce della popolazione, per cui tantissime donne hanno già chiuso i loro profili social; per cui abbiamo visto le foto dei cartelloni pubblicitari raffiguranti donne totalmente ricoperti e nascosti.

I poster coperti con la vernice

Dall’altra parte i talebani sembrano mostrare al mondo un volto più inclusivo e tollerante, promettono l’amnistia con i dipendenti statali del governo precedente, dichiarano che le donne possono studiare e lavorare, se rispettano la religione islamica. Ma a questo loro nuovo volto è difficile credere.
Dai telegiornali vediamo sempre meno donne circolare per strada; i giornalisti riferiscono che la vita a Kabul sta cambiando ma molto lentamente. Kabul però, sebbene vittima più in luce di questo traumatico colpo di stato, restando sotto i riflettori ci offre un quadro più patinato rispetto a quello che sta avvenendo davvero nelle province.

Si parla di caccia casa per casa a chiunque, uomo o donna, abbia collaborato con gli occidentali, con le ONG internazionali. Un giornalista di Kabul scrive su Twitter che nelle ultime ore sono state perquisite 3 case di giornalisti, e che nessuno sa cosa accadrà in futuro, l’unica certezza è la paura.

Le testimonianze dal profilo Twitter del giornalista a Kabul

Il futuro per le donne

E sta iniziando, anche, a cancellarsi ogni prospettiva di futuro libero per le donne. Si parla di una lista dove sono state inserite tutte le donne nubili tra i 12 e i 45 anni da dare in sposa ai militari come bottino di guerra; l’università di Herat, frequentata al 60% da donne, è stata chiusa alle ragazze così come scuole e università a Kabul.

«Verranno per le persone come me e mi uccideranno, so che succederà. Aspetto che arrivino, seduta qui. Non c’è nessuno che aiuti me o la mia famiglia. Sto solo seduta con loro e mio marito. Non posso lasciare la mia famiglia. E comunque, dove andrei?». Dichiara Zarifa Ghafari, la più giovane sindaca in Afghanistan, che a soli 27 anni attende un destino drammatico, dopo aver lottato tanto.

Il futuro che sembra presentarsi dinanzi alle donne è rappresentato dall’opera della yemenita Boushra Almutawakel dal titolo “Mother Daughter Doll”. Una donna, la figlia e la bambola compaiono progressivamente in diverse immagini, sempre più coperte, finché spariscono del tutto. 

“Mother Daughter Doll”

Se è facile trovare delle colpe, meno lo è trovare le soluzioni. Si può donare alle associazioni ed onlus che operano in Afghanistan, come Pangea, Emergency, Nove Onlus, Medici senza frontiere, Croce Rossa e tante altre. L’Occidente non può voltarsi dall’altra parte, perché quella ragazza costretta a rinunciare a tutto sarei potuta essere io; sarei potuta essere quella donna forzata a bruciare i suoi libri e nascondere i suoi titoli; e quell’uomo che si è stretto con tutte le sue forze alle ruote dell’aereo, affidandogli disperatamente le sorti della propria vita, saremmo potuti essere tutti noi.

Un commento

  1. Annamaria Raffa 18 Agosto 2021 14:47

    “Tutti quelli che piangono per l’Afghanistan..saranno poi pronti ad accogliere i profughi ?”.
    Brava.

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