Quest’anno il concerto di inaugurazione delle Associazioni Musicali Riunite Accademia Filarmonica e V. Bellini presenta una novità assoluta: infatti si tratta di un concerto doppio: un’anteprima dell’inaugurazione alle 11,30 al Palacultura – per la prima volta una matinée nella storia delle stagioni musicali messinesi – per proseguire nel pomeriggio, come da tradizione alle 18, sempre al Palacultura, con l’inaugurazione vera e propria.
L’affascinante concerto mattutino vedrà protagonisti due eccezionali pianisti, Freddy Kempf e Gloria Campaner, che si esibiranno alternativamente come solisti in due concerti per pianoforte e orchestra, accompagnati dalla prestigiosa Armenian State Symphony Orchestra, diretta da Sergey Smbatyan. Freddy Kempf, pianista di fama internazionale che si esibisce costantemente in tutti i teatri del mondo, oltre essere autore di numerose incisioni discografiche, eseguirà con l’Orchestra Armena il Concerto per pianoforte e orchestra “Travel Notebook” (Appunti di viaggio) del compositore vivente Alexey Shor.
Si tratta in realtà di una Suite in sette movimenti, ognuno dei quali ispirato alle impressioni di viaggio del musicista in occasione della visita di alcune città europee, come Barcellona, Roma, Parigi, Ravenna, Venezia… È un brano che si inquadra nel solco dei concerti post-romantici (Grieg, Rachmaninov, per intenderci), ricco di elementi intimi, poetici, ma anche appassionati e vigorosi, che ha riscosso un notevole successo alla sua prima in anteprima mondiale nel 2017 in occasione del Festival Armenia”.
Il pezzo forte del programma però è senz’altro il Concerto per piano e orchestra n. 5 in Mi Bemolle Maggiore op. 73 “Imperatore” di Ludwig Van Beethoven (quanto di meglio per celebrare il duecentocinquantesimo anniversario della nascita del genio tedesco, nato nel dicembre 1770 – che verrà eseguito da Gloria Campaner, celebre pianista affermata in tutto il mondo, spesso ospite nelle sale da concerto messinesi, che è anche il direttore artistico dell’Associazione Musicale V. Bellini che inaugura la stagione. Se per alcuni critici Beethoven fa un passo indietro rispetto al suo splendido Quarto Concerto, precursore del moderno concerto romantico, per altri è proprio il Concerto Imperatore il primo dei concerti moderni, ove il solista diventa una voce importante dell’orchestra in un concerto dalla concezione eminentemente sinfonica.
Come la si voglia pensare, è un fatto che questo capolavoro sia diventato uno dei più amati dell’universo musicale di Beethoven, quasi emblematico, ed infatti nessun altro capolavoro, a parte forse la Terza Sinfonia “Eroica” e la Quinta Sinfonia, giustifica l’abusato appellativo dato a Beethoven di “Titano della musica” come il Concerto per piano e orchestra n. 5, il cui titolo “Imperatore” fu aggiunto dall’editore dopo la morte del musicista tedesco. Composto nel 1809, durante l’invasione napoleonica a Vienna, presenta un primo movimento di gigantesche proporzioni. A un primo tema dal carattere maestoso e veemente che resta inesorabilmente scolpito nella memoria, segue un secondo tema, a carattere di marcia, che si presenta ora pianissimo, ora forte e maestoso, e tutto il primo movimento è imperniato dallo sviluppo magistrale di questi due temi, fino alla commovente, dolcissima, ripresa del secondo tema da parte del pianoforte – introdotto da un delicatissimo trillo – al quale seguono i corni, momento magico e ispiratissimo che anticipa il potente finale.
Il secondo movimento (in quanti film lo avremo ascoltato?) rappresenta uno dei momenti più intimi e spirituali della poetica musicale beethoveniana, un’alternanza dell’orchestra in sordina, che espone il tema, con il pianoforte, che dialoga dando vita ad una serie di dolcissime divagazioni musicali, anticipando Chopin. Senza soluzione di continuità, prima esitante, poi travolgente, il Rondo, uno dei più riusciti composti da Beethoven, con il pianoforte assoluto protagonista, cui sono riservati arditi passaggi virtuosistici, conclude questo straordinario capolavoro.
Il concerto al quale assisteremo nel pomeriggio, dopo l’esecuzione nuovamente del concerto di Alexey Shor, ci offrirà l’occasione di ascoltare, come di rado può capitare, una serie di brani di compositori armeni, tutti caratterizzati dal legame con i canti popolari, le radici, le tradizioni dei villaggi contadini, accuratamente riesumati, analogamente a quanto fece Bela Bartok in Ungheria e Romania. Si tratta di musica che presenta componenti melodiche e ritmiche, di grande fascino, composta da musicisti tutti molto celebri in patria, vissuti fra la prima e la seconda metà del novecento, quando l’Armenia faceva parte dell’Unione Sovietica, ad eccezione di Padre Komitas, il cui vero nome è Soghom Gevorki Soghomonyan, vissuto a cavallo fra l’ottocento e il novecento, considerato il padre della musica armena, l’unico che subì il terribile genocidio del suo popolo ad opera degli Ottomani durante la grande guerra. Il compositore fu internato in un ricovero militare ottomano, poi finì i suoi giorni in un ospedale psichiatrico in Francia.
Gran parte delle sue composizioni è andata perduta, distrutta dagli Ottomani. Di Komitas ascolteremo uno splendido, malinconico canto, caposaldo della tradizione armena: “Sareri Hovin Mernem” (Adoro la brezza delle montagne belle). Fra gli altri brani in programma ricordiamo la “Festive Overture” di Arutiunian, la cui prima esecuzione ebbe luogo nella Grande Sala della Filarmonica di Leningrado nel 1949, con la direzione di Evgeny Mravinsky; la “Marmar” Suite – di cui sentiremo l’Adagio – che consiste in una selezione di brani tratti dall’omonimo balletto di Edgar Hovhannisyan, autore anche di colonne sonore, la cui musica spazia dal classico al folk; Symphonic Images di Gazharos Saryan, musicista attento studioso del folclore armeno, tra l’altro allievo di Shostakovic. Infine Lezghinka di Aram Khachaturian, una frenetica danza tipicamente russa, dal ritmo irresistibile, tratta dal suo balletto più famoso, “Gayane”, ricco di pagine pregevoli fra le quali la celeberrima “Danza della sciabola”. Uno, anzi due concerti assolutamente da non perdere.