Con fedi, origini e culture differenti, le comunità cittadine si mobilitano su invito dell'arcivescovo
MESSINA – Un “sì” multiculturale, multietnico e multireligioso alla pace e un “no” convinto nei confronti della guerra in Ucraina e contro ogni conflitto. Ieri sera, alla Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Messina, su invito dell’arcivescovo Giovanni Accolla, canti, preghiere e riflessioni hanno unito le comunità messinesi cattolica, riformata, ortodossa, islamica, buddista e i gruppi filippini, srilankesi, rumeni, ucraini, greci e russi.
“Un momento per la pace in Ucraina”
«Un momento sacro di fraternità e pace che unisce culture diverse, contrarie a ogni oppressione e disposte a costruire insieme un’umanità libera dalla violenza» è il concetto che ha accomunato i vari interventi, coordinati da Santino Tornesi, direttore dell’Ufficio Migrantes – Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela.
Tornesi ha insisitito sulla necessità di «dare voce a questa città che cresce, fatta di realtà differenti che rappresentano un arricchimento prezioso».
L’intesa interreligiosa contro la guerra
«Comunità del nostro territorio che sono convinte di essere solo una piccola scintilla di luce, un frammento di amore, un infinitesimo fermento vivificatore. Comunità che, unite, possono sviluppare una forza inarrestabile che esprime l’assordante grido di un “no” assoluto ad ogni guerra», si legge nel documento dell’iniziativa “E sia la pace con noi. Incontro tra donne e uomini di buona volontà contro ogni guerra“.
L’arcivescovo: “Fermiamo la corsa agli armamenti”
Per l’arcivescovo Accolla, «la pace nasce dal cuore e va oltre le appartenenze. Privare un popolo di un suo territorio e aggredirlo è un’opera d’ingiustizia. Ci sono tante forme di colonialismo nella storia e ogni volta che qualcuno tacita l’altro va contro la sua dignità di essere umano.»
Continua l’arcivescovo: «Come afferma papa Francesco, la guerra è una pazzia. Può darsi che in questo momento sia una necessità quella di fornire armi a chi è attaccato ma bisogna dire basta all’industria degli armamenti. Dobbiamo rivestirci solo dell’arma della bontà. Non dobbiamo mai stancarci di essere testimoni autentici di pace».
“Un segnale forte di condivisione a Messina”
«Qui a Messina assistiamo a un segnale forte di condivisione, una piccola goccia che scava la roccia, una testimonianza di fede: ogni gruppo, in base alla propria confessione religiosa, nel segno dell’accoglienza, della pace e della fraternità che si storicizza, partecipa e contribuisce al dialogo», evidenzia l’arcivescovo.
Russi e ucraini insieme
Un pensiero condiviso da Antonio Cucinotta, Papàs (o parroco) della comunità greco-cattolica di Messina, un’antichissima realtà citata nel Quattrocento dal Concilio di Firenze: «Nella nostra parrocchia convivono comunità di russi e ucraini, entrambi uniti dall’avversione per la guerra: non si sentono in conflitto fra di loro.»
Prosegue il Papàs: «Al nostro interno, abbiamo pure persone di origine serba che possono recuperare la memoria di una guerra dimenticata in Europa: quella dell’ex Jugoslavia. Un monito per tutti noi perché il filo comune è la logica delle divisioni ed è assurdo che ancora oggi sia contemplata la possibilità della guerra. Da parte nostra, seguiamo l’esempio illuminato di uomini di pace come il politico Giorgio La Pira.»
Per padre Cucinotta (nella foto con Santino Tornesi), «Messina ha una tradizione multietnica, multireligiosa e multiculturale e l’elemento comune è rappresentato dal fatto che tutte queste comunità coltivino il senso della pace. Messina si oppone a ogni guerra nel nome del diritto di ogni popolo all’esistenza pacifica», ribadisce l’esponente della Chiesa greco-cattolica.
“Io, russa sono contro ogni guerra”
Elisabetta Khlapova (nella foto) vive da un anno a Messina, proviene da Majkop, nel Caucaso, partecipa all’incontro e non ha dubbi: «Sono russa e sono contro la guerra e per la fraternità dei popoli. La mia bisnonna era ucraina e secondo me l’unica soluzione è la pace». Al suo fianco, il professore Daniele Macris, che porta la testimonianza della comunità greca a favore del dialogo tra i popoli.
Dal canto swahili ai versetti del Corano
Molti i momenti suggestivi durante l’incontro messinese: il canto iniziale swahili e quello successivo contro l’apartheid; l’intervento della giovane Cristina Rusapinghe, per i cattolici srilankesi; i versetti del Corano recitati dall’Imam Mohamed Sadek del Centro islamico di Messina, accompagnato dal docente universitario Dario Tomasello, il quale ha opposto “alla violenza la nobiltà del cuore e la pace come valore assoluto del partito di Dio e come dovere da perseguire”.
E poi ancora gli interventi dei rappresentanti dell’Azione Cattolica e della Comunità Sant’Egidio, della piccola Marta, che recita il “Promemoria” contro la guerra di Gianni Rodari, e degli studenti indiani, tra gli altri.
I bambini di un orfanotrofio da accogliere
Si è infatti spaziato, in una chiesa gremita, dai versi induisti ad altre suggestioni spirituali e stimoli critici, presente anche un gruppo di fedeli della religione Bahá’í (nata in Iran).
A sua volta, padre Giovanni Amante, della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, ha raccontato dei suoi legami in Ucraina: «Siamo pronti ad accogliere cento bambini di un orfanotrofio, attualmente isolati. Siamo in ansia per loro come per tutta la popolazione e c’è chi mi ha detto: “Non voglio combattere ma a causa della legge marziale sono costretto”. Si tratta di un ragazzo di 24 anni che non vorrebbe sparare, non vorrebbe uccidere».
Le comunità religiose messinesi si augurano che le armi tacciano e che Kiev diventi “città aperta”, dunque, ma intanto preparano la macchina dell’accoglienza e della solidarietà.