La memoria antimafia. I ragazzi del liceo "Empedocle" raccontano tre giovani vittime

La memoria antimafia. I ragazzi del liceo “Empedocle” raccontano tre giovani vittime

Emanuela Giorgianni

La memoria antimafia. I ragazzi del liceo “Empedocle” raccontano tre giovani vittime

giovedì 21 Marzo 2024 - 06:57

Il ricordo di Anna Cambria, Elisa Geraci e Graziella Campagna, in occasione della “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”

Ricordare per rinascere. Pubblichiamo una riflessione dei ragazzi della Classe IV del liceo scientifico paritario “Empedocle”.

La Giornata nazionale

Il 21 marzo arriva la primavera, simbolo di rinascita, di speranza, di vita. Proprio in questa data è stata riconosciuta – con la legge n. 20 dell’8 marzo 2017 – la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Ogni anno, per la ricorrenza, l’associazione Libera, presieduta da Luigi Ciotti, coinvolge Istituzioni, scuole e realtà sociali in un percorso di sensibilizzazione e cambiamento a partire dalla testimonianza e dal ricordo di quelle tante, troppe, vittime innocenti, spesso colpevoli soltanto di essersi trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non solo una giornata di memoria ma anche di mobilitazione attiva, perché se è impossibile cambiare il passato, da questo si può, però, imparare, nel tentativo di costruire un futuro diverso.
Ogni anno una città diviene sede della marcia nazionale organizzata da Libera. Quest’anno l’appuntamento è nella nostra capitale. Messina fu la protagonista nel 2016.

Lavagna

La mafia messinese

Anche Messina, infatti, ha perso tanti dei suoi cittadini, vittime del fenomeno mafioso che, dagli anni ’70 in poi, ha potuto rafforzarsi sempre più e agire indisturbato, complice la sua sottovalutazione, l’attenzione principalmente rivolta alla tragica e più violenta realtà del palermitano e l’incapacità di reazione degli organi giudiziari dello Stato.

Sono tanti i nomi di cittadini di Messina e provincia che ricordiamo in questa giornata. Nomi come Beppe Alfano, Domenico Pandolfo, Anna Cambria, Graziella Campagna, Ignazio Aloisi, Giuseppe Sottile, Attilio Manca, Antonio Mazza, Nino D’Uva, Elisa Geraci, ‌Provvidenza Bonasera, Angelo Alibrandi, Antonio Falcone, Gregorio Fenghi, Giuseppe Napolitano, Nunzia Spina.

Tre nomi ci colpiscono particolarmente, perché di ragazze che avevano 16 e 17 anni, nomi dietro ai quali si nascondono sogni, aspirazioni, desideri spezzati che speriamo, nella memoria, di poter fare in qualche modo continuare a vivere. Sono i nomi di Anna Cambria, Elisa Geraci e Graziella Campagna.

Anna Cambria

Anna Cambria è una giovane ragazza di 16 anni, studia presso l’Istituto tecnico commerciale Leonardo Da Vinci, frequenta la seconda D. Alta, capelli e occhi castani, riservata e schiva, ma sempre pronta a partecipare alla vita di classe: così la descrivono i suoi compagni.

L’8 novembre 1989, un mercoledì sera, Anna entra in un bar nella piazza centrale di Milazzo, in Via Risorgimento, per comprare alcuni dolci. Muore stringendoli in mano, trafitta dai proiettili di rivoltella, accanto alla cabina telefonica dove ha tentato inutilmente di cercare riparo. Si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. All’uscita dal bar, infatti, viene uccisa dai colpi di due sicari indirizzati a Francesco Alioto, un pregiudicato con precedenti per spaccio di stupefacenti, che pare fosse nuovamente implicato in un traffico di droga. Nessuno dei due assassini mostra compassione quando è la ragazza, vittima innocente, a cadere nel loro mirino. Alioto, invece, tenta la fuga a piedi, scappando nel bar, ma viene ucciso prima di potervi entrare. A pochi metri da Anna, verrà trovato il suo corpo. L’auto utilizzata dai killer, una Regata rinvenuta successivamente bruciata e annerita dalle fiamme poco lontano dalla città, era stata rubata a Catania.

La famiglia di Anna, sopraffatta dal dolore, non si esporrà mai. Solo nel 2010, il 26 luglio, la mamma di Anna decide di partecipare alla messa in suffragio di Rita Atria nel 18° anniversario della sua morte, presso la chiesa del Sacro Cuore di Milazzo. Rita e Anna avevano la stessa età quando hanno perso la vita.

La storia di Anna non può essere dimenticata, per questo il suo nome è impresso su un albero di frutta a Gigliopoli, a Capo Milazzo, nel “giardino dei giusti”, in mezzo ad altri alberi che portano i nomi di Graziella Campagna, Peppino Impastato, Rita Atria e tante vittime della mafia come loro.

Elisa Geraci

Elisa Geraci ha compiuto da poco 17 anni quando viene ferita in un agguato di mafia, il 7 gennaio del 1981, sul viale Giostra a Messina, in compagnia della sorella, mentre chiacchierava con il 21enne Pietro Pastura, già noto alle forze dell’ordine per precedenti penali. Il giovane, incontrando le due ragazze, scende dalla propria auto e si avvicina per salutarle. In quegli stessi istanti, passa dalla strada un altro mezzo, dal quale qualcuno spara dei colpi a raffica indirizzati a Pastura, che colpiscono malauguratamente, però, le due sorelle. Elisa è ferita gravemente al collo e riporta una lesione al midollo spinale. Viene soccorsa e trasportata all’ospedale Margherita per, poi, essere trasferita al Policlinico. Sottoposta ad un lungo intervento chirurgico, le sue condizioni peggiorano, non c’è nulla da fare. Quattro giorni dopo, l’11 gennaio 1981, perde la vita.

Graziella Campagna

Graziella Campagna nasce il 3 luglio del 1968 a Saponara, in una famiglia numerosa, umile ma onesta, in cui regna la serenità. Graziella è una ragazzina intraprendente che ama la vita e ha molte passioni e curiosità. Il suo più grande sogno è costruirsi una famiglia, sposarsi e diventare mamma. Per poter aiutare economicamente la famiglia, decide di abbandonare gli studi e trovare lavoro come aiuto lavandaia a Villafranca Tirrena. Trascorrerà per un po’ una vita abbastanza tranquilla, finché questa verrà stravolta da quello che sembrava essere un giorno qualunque. L’ingegnere Tony Cannata, cliente abituale della lavanderia insieme al geometra Gianni Lombardo, porta a un abito da lavare; non appena preso in consegna per procedere con il lavaggio, Graziella controlla le tasche per assicurarsi che non ci sia rimasto nulla e, lì, trova un’agenda che le costerà la vita. L’agenda racchiude una carta d’identità che rivela il vero nome dell’uomo, ossia Gerlando Alberti junior, nipote latitante del boss della mafia siciliana Gerlando Alberti (assicurato alla giustizia anni prima dal generale Carlo Alberto Della Chiesa). Scoprirà, inoltre, che dietro l’identità di Gianni Lombardo (suo collega e cugino) si cela, invece, Giovanni Sutera, anche lui ricercato perché accusato di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.

Il 12 dicembre, dopo aver finito di lavorare, Graziella aspetta l’autobus che la porta a casa ma non sa e non può immaginare cosa le accadrà. Quella sera la corriera arriverà a Saponara senza di lei. La mamma, che l’aspettava, capì subito fosse successo qualcosa, Graziella non era mai in ritardo senza preavviso. La famiglia inizia, allora, a cercarla per il paese, senza riuscire a trovare nessuna informazione, e si reca in Caserma per denunciare la scomparsa. Il Maresciallo pensa ad una fuga d’amore e invita i familiari a non preoccuparsi; si prende un giorno di vacanza addirittura, facendo ritardare ulteriormente l’inizio delle ricerche. A quel punto, il fratello Piero, carabiniere, raggiunge i suoi genitori a Saponara per fare luce, seppur autonomamente, sulla sparizione della sua sorellina e, a due giorni di distanza, riesce a parlare con un medico che aveva visto il cadavere di una ragazza in un luogo isolato vicino Villafranca Tirrena. Dopo aver allertato la polizia, si reca insieme a lui sul luogo indicato, dove farà la più terribile delle scoperte: quel corpo senza vita rannicchiato contro un muro, con un braccio alzato in segno di difesa e cinque colpi di arma da fuoco sparati da meno di 2 metri su viso, spalla, petto, mano e braccio, appartiene proprio alla sua amata sorellina. Dopo il tragico ritrovamento, partono le indagini, ma con ormai imperdonabile ritardo. Dei testimoni affermano di aver visto quella sera, sotto la pioggia battente, salire molto tranquillamente Graziella su un’auto sconosciuta, come se conoscesse e si fidasse di chi era alla guida. Graziella viene così uccisa a colpi di lupara, a soli 17 anni, con l’unica colpa di essere stata testimone involontaria della scoperta della falsa identità di due uomini (sebbene sia difficile definirli tali).

Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, il suo guardaspalle anche noto come Giovanni Lombardo, saranno rinviati a giudizio il 1º marzo del 1988. Eppure, in un primo momento, il movente ipotizzato dalla Procura, secondo cui Alberti avrebbe voluto uccidere Graziella perché a conoscenza del suo vero nome, viene giudicato debole dal giudice che li assolverà. Solo sei anni dopo, nel 1996, grazie alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”, il caso verrà riaperto (per merito dell’impegno di Pietro Campagna e dell’avvocato Fabio Repici, n.d.r.). E l’11 dicembre 2004 (a quasi vent’anni dall’uccisione di Graziella) la Corte d’Assise di Messina emetterà sentenza di condanna all’ergastolo per Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, con l’aggravante di aver agito con premeditazione e durante la loro latitanza. Infine, il 18 marzo 2008, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Messina confermeranno per Alberti e per Sutera la condanna all’ergastolo e, il 18 marzo 2009, la Suprema Corte di Cassazione respingerà il ricorso formulato dai due imputati e riconfermerà la pena. Per accertare la verità i familiari hanno dovuto assistere ad un processo lungo 22 anni, più di quanti poté viverne Graziella.
Alla sua storia è dedicato il film, del 2007, La vita rubata, di Graziano Diana, con Beppe Fiorello.

Perché ricordare?

Non sono abbastanza le informazioni che abbiamo su queste “vite rubate”, loro meriterebbero molto di più. Superando la separazione tra l’idea di vittima spesso dimenticata e l’idea di eroe da celebrare, si parla sempre di persone e delle loro vite, atrocemente interrotte. Raccontare le storie di ragazzi come noi, ricordarle e riviverle ci colpisce, sono gli stessi i nostri sogni, i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni, la voglia di costruire un futuro, che a loro però è stato tolto. Ci colpisce perché sentiamo che al loro posto, vittime senza alcuna colpa, avremmo potuto esserci anche noi.
Diamo per scontata la nostra normalità, ricordare ci permette, invece, di avere consapevolezza del suo privilegio e, al tempo stesso, di proteggerlo, tenendo gli occhi aperti su ciò che ci appare lontano ma non lo è, poi, così tanto. Ricordare per contribuire a ricucire una ferita, ricordare per ripartire, ricordare non come sterile commemorare ma come memoria viva per un domani diverso, dove il valore della verità va rispettato. Ricordare richiede coraggio, empatia, anche tanta sofferenza, ma è necessario per cambiare, per rinascere. Questo è il valore che la giornata di oggi ha per noi e questo è il valore cui noi speriamo di poter contribuire.

Rebecca Blandino, Aurora Cianci, Fabio Finocchiaro, Sara Impalà Polito, Rocco Minissale, Helga Rosta

Empedocle

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