La Messina che marcia per Alessandra e la Messina dell'indifferenza

La Messina che marcia per Alessandra e la Messina dell’indifferenza

Redazione

La Messina che marcia per Alessandra e la Messina dell’indifferenza

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sabato 09 Marzo 2019 - 08:18

Ieri la marcia silenziosa in nome di Alessandra Musarra, ennesima vittima di femminicidio

C’è la Messina che è scesa in piazza per dire no, silenziosamente, in corteo. Mano nella mano, accogliendo l’appello del Cedav e da altre associazioni ad un unico grido contro la violenza sulle donne. Da Piazza Cairoli il corteo si è snodato attraverso la via Tommaso Cannizzaro per poi arrivare a Piazza Municipio.

Giovani, meno giovani, uomini, donne, cartelli, striscioni, un’unica voce. Basta con ogni forma di violenza. #siamotuttialessandra. Nel nome dell’ennesima vittima di femminicidio, Alessandra Musarra, Messina si è ribellata.

La violenza è un problema culturale e vogliamo pubblicare la riflessione che un lettore di Tempostretto, Andrea Caminiti, ha inviato in redazione ieri notte, dopo il corteo. E’ una fotografia della nostra città

Nelle morti tragiche come quella della povera Alessandra Musarra, non c’è mai bisogno di fare i nomi dei complici dell’autore materiale del delitto; si conoscono già: sono l’indifferenza e la solitudine. La seconda è il frutto amaro della prima.

L’indifferenza è lo stesso anestetico che, ieri sera, ha impedito a oltre il 99% dei miei concittadini di partecipare al corteo organizzato da alcune associazioni, pur in modo estemporaneo, in ricordo della povera ragazza uccisa a Santa Lucia sopra Contesse. In occasioni simili, ho quasi sempre fatto parte anch’io di quella nutrita percentuale di assenti; ieri però il pensiero della tremenda solitudine nella quale è stata messa a tacere la vita di Alessandra mi ha costretto ad uscire in strada.

Non credo fossimo più di 400, ma potrei sbagliarmi. Nessuna autorità religiosa, pochissimi esponenti della vita politica. Le uniche figure pubbliche intraviste hanno abbozzato qualche incerto discorso in un palco a Piazza Cairoli. Le avrei volute più numerose, in silenzio, camminare insieme agli altri. Senza discorsi. Purtroppo, ho avuto la sensazione che neanche il dolore per una ragazza così crudelmente giustiziata sia riuscito da solo a far sospendere, per una sera, le divisioni contingenti tra i pochi protagonisti della nostra comunità intervenuti. Chi è di “sinistra” non riesce a soffrire accanto a chi è di “destra”.

Il punto è proprio questo: nella nostra città non esiste più una comunità.

Alessandra è morta sola nel suo quartiere (anche) perché non c’era una comunità di persone partecipi e vicine a lei che in qualche modo dissuadesse il suo assassino dal compiere indisturbato quel tremendo pestaggio. Non c’è alcuna osmosi costruttiva tra i quartieri più centrali e culturalmente attrezzati della nostra città e quelli abitati da persone che vivono in grave stato di degrado. Viviamo in zone separate all’interno della stessa città, i cui abitanti non comunicano tra di loro perché non hanno più quasi nulla in comune. In questi ghetti suburbani la solitudine di un individuo può essere talmente soffocante da indurlo a ritenere inutile qualsiasi richiesta di aiuto in caso di difficoltà, salvo qualche timida riga facilmente postata sui social quale unica ed illusoria difesa della propria libertà ed incolumità.

Le persone capaci di sentimento, che sono in grado di coniugare i propri interessi personali con gesti di affetto e di sacrificio nell’interesse del prossimo, che si comportano con spontaneo senso di legalità e di rispetto del proprio dovere, che si indignano di fronte ad atti barbarici come quelli fatalmente compiuti ai danni della povera Alessandra, insomma le persone per bene sono certamente numerose in questa città (non mi arrischierei a parlare di maggioranze), eppure non riescono più a formare una comunità diffusa e compatta, che sia da esempio vincolante se non contagioso.

La nostra città sta vivendo da tempo un processo di gentrificazione al contrario. In senso non necessariamente e solamente urbanistico. Il vuoto di sentimento, di compartecipazione, di coraggio, di cultura, sta devitalizzando e dequalificando anche le zone più centrali della città. L’esigua partecipazione al corteo di ieri sera lo dimostra, purtroppo.

Non dobbiamo rassegnarci, invece. Bisogna reagire chiassosamente ai fatti tragici come quelli accaduti ad Alessandra. Bisogna contagiare la città con esempi positivi. Bisogna tornare a vivere la città in modo amorevole e civile, ed ogni tanto uscire fuori dallo stretto e rassicurante binario della nostra solitaria esistenza.

Un concittadino di Alessandra Musarra.

4 commenti

  1. Franco Cardile 9 Marzo 2019 11:35

    perche’ il “concittadino” non si firma? forse perche’ dopo il compitissimo (!) compitino svolto senza ferire nessuno ha ritenuto esaurita la sua prova civile?
    Arch. Franco Cardile

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    1. Gabriella Squattrito 9 Marzo 2019 13:14

      Non ha letto bene, l’articolo citava il nome all’inizio, Andrea Caminiti

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  2. antonio barbera 9 Marzo 2019 15:13

    Forse non è più tempo di cortei di solidarietà , e di falso sentimento di condivisione di un dramma familiare . Inoltre il quartiere Santa Lucia è emarginato , ghettizzato da decenni ,sono cittadini che vivono fuori dalla Messina bene che crede nei cortei .

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  3. Andrea Caminiti 10 Marzo 2019 11:43

    Capisco il vostro punto di vista, si tratta di riflessioni che possono sembrare retoriche. Ho ritenuto alla fine che valesse comunque la pena scrivere sulla vicenda. Sono d’accordo con voi che gli articoli ed i cortei non siano sufficienti; non sono affatto d’accordo però che siano inutili. Si parte da li.
    Non ho falsamente condiviso il sentimento dei familiari di Alessandra, mi ha profondamente colpito la condizione di solitudine nella quale sembra essersi trovata.

    Cari saluti,

    Andrea Caminiti

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