Qualunque sia il nostro credo, uniamoci in un augurio nel segno di un'attenzione all'umanità da rinnovare
Il mondo è in fiamme. Da Gaza all’Ucraina e alle tante guerre dimenticate, mai come oggi sono attuali i temi della pace e di una politica capace di risollevarci dall’attuale crisi. E non dimentichiamo i migranti. Loro muoiono nel Mediterraneo per responsabilità di un’Europa che viene meno ai suoi valori.
Allora, per l’occasione, riproponiamo il testo, sempre attuale, scritto in occasione della Pasqua 2023. Auguri.
Buona Pasqua 2024, care lettrici e cari lettori. Buona Pasqua, quali che siano il vostro credo e le vostre convinzioni. Buona Pasqua nel segno dello Stretto, tra Messina e Reggio, e nel segno del mondo. Nel segno dell’ignoto, della libertà, della vastità di un mare figlio di storia, tradizioni, nuove avventure e progetti da creare.
Atei, agnostici, credenti, o qualunque sia la religione professata, uniamoci in un augurio, al riparo dalla retorica, nel segno di una comune umanità. In questi tempi di guerre e crisi economica e sociale – ma quali tempi sono stati semplici o privi d’emergenze, disastri e problemi? – torniamo all’origine del nome Pasqua nel senso di passaggio. Passaggio a una nuova condizione esistenziale, individuale e collettiva, di riscatto e giustizia sociale, libertà e diritti civili, dimensione spirituale e condizione materiale. Dal diritto alla casa al lavoro e al miglioramento della qualità della vita, fino a coltivare la propria interiorità. Tutto giova ed è essenziale: dal “pane alle rose”, dalle prime necessità al diritto di sognare e progettare un futuro migliore.
Cristo risorge, per i cristiani, e ci vengono in mente i versi di Fabrizio De André nella canzone “Il testamento di Tito”, da “La buona novella”: “Io nel vedere quest’uomo che muore/Madre, io provo dolore/Nella pietà che non cede al rancore/Madre, ho imparato l’amore”. Un invito alla pietas, all’attenzione nei confronti degli altri, quantomai prezioso in mezzo ai tanti “io” in cerca di visibilità.
L’attenzione a chi soffre e la “lezione” dello Stretto
Ma chi sono questi esseri umani che muoiono o che soffrono? Hanno il nostro volto. Siamo noi e siete voi. Li raccontiamo ogni giorno, o almeno ci proviamo. L’augurio, e l’impegno da parte nostra, è che non rimangano imprigionati nel “qui e ora”, nella gabbia di un articolo da leggere in fretta e poi dimenticare. Il nostro impegno è di prenderci cura, sempre meglio, di territori da sanare, andando alle cause, alle radici. Volti, ambienti, mondi da raccontare. Persone, spesso le più fragili, da ascoltare.
Lo Stretto, intanto, ci indica la via: simbolo di cambiamento, coraggio, fantasia, quiete e tempesta, sconvolgimento e possibilità di ripresa e rinascita, per evocare un Mediterraneo da costruire. Incrocio di popoli e culture che devono guardare alle ferite del passato per costruire un presente all’altezza delle sfide del futuro. Guardiamo all’orizzonte e non accontentiamoci di questa quotidianità così opaca. Non accontentiamoci degli slogan, delle frasi fatte, dei progetti preconfenzionati. Lo Stretto ci guarda, sì, e ci fa intravedere nuove rotte che ancora non conosciamo.
Foto in evidenza: il fenomeno della “lupa” nello Stretto, foto di Nino Micali.