Tutti i nomi e le condanne richieste per gli imputati dell'operazione Market Place sulla droga tra le palazzine di Giostra
Sono condanne per tutti quelle che l’Accusa chiede al processo abbreviato dell’operazione Market Place, l’inchiesta della Polizia sull’enorme giro di droga, h24 e porta a porta, in via Seminario Estivo a Giostra. All’udienza davanti al Giudice Fabio Pagana i PM Francesco Massara e Roberto Conte, dopo aver ripercorso i risultati delle indagini, hanno concluso con le seguenti richieste:
Le richieste di condanna
20 anni per Angelo Arrigo, Gianluca Siavash, Girolamo Stracuzzi e Vittorio Stracuzzi; 10 anni per Gaetano Barbera; 9 anni e 4 mesi per Paolo Arrigo, Ramona Assenzio, Filippo Cannavò, Sandro Minutoli, Daniela Monti e Alessio Stracuzzi; 9 anni e 3 mesi per Carmelo Prospero, 2 anni e 4 mesi per Vincenzo Barbera e Giuseppe Paratore, 10 anni e 3 mesi per Pasquale e Stello Rossano, 7 anni e 8 mesi per Marco Talamo, 9 anni e 10 mesi per Beatrice Rossano e Giuseppe Bonanno, 7 anni per Maria Barbera, Federico Russo, Eugenio Sebenico, Manuela Valente e Concetta Assenzio, 10 anni e mezzo per Carlo Pimpo; 9 anni e 8 mesi per Giosuè Orlando. Si torna in aula per sentire gli avvocati difensori, in primavera è prevista la sentenza.
L’indagine
A portare gli investigatori sulle tracce dello spaccio è stato l’agguato a Gaetano e Paolo Arrigo, padre e figlio, il 25 gennaio 2017. Già nel settembre 2016 un altro componente della famiglia Arrigo aveva subìto un attentato simile e, in un’altra occasione, dentro un bar, venivano esplosi colpi d’arma da fuoco verso persone lì riunite, che avevano precedenti di polizia. Tutto a Giostra. Era chiaro agli investigatori che era in corso un vero e proprio scontro per la leadership in un affare criminale del rione.
Le cimici collocate dalla polizia nelle palazzine di via Seminario Estivo, che il pentito Minardi definì appunto “la Scampia di Messina”, svelarono lo spaccio continuo, giorno e notte, negli atri e nei cortili, di cocaina, marijuana, hashish, skunk. Una “roccaforte”, munita di videosorveglianza per controllare gli accessi e, tramite schermi in casa, l’eventuale presenza delle forze dell’ordine. Per evitare presenze indesiderate, anche le vedette e il “passaparola” tra i condòmini e i clienti. Il giorno della retata è scattato anche il sequestro di denaro, auto e altri beni per 300 mila euro.