La storia, 30 anni di bullismo nel silenzio

La storia, 30 anni di bullismo nel silenzio

Chiara Cenini

La storia, 30 anni di bullismo nel silenzio

mercoledì 29 Settembre 2021 - 08:51

Ci ha raccontato la sua lunga e triste vicenda di bullismo. Non ce la fa più e chiede che finalmente si ponga fine all'umiliante persecuzione

Trent’anni di bullismo, nascosto nel silenzio. Protagonista sfortunato di una brutta storia di bullismo e accanimento su un più debole e’ un “ragazzo” siciliano di un paesino vicino Agrigento.
Purtroppo ha riportato dalla nascita problemi cerebrali che gli hanno procurato anche i successivi handicap fisici: soffre di epilessia, ha una vistosa scoliosi, ma ragiona molto bene e finalmente ha deciso di raccontare il male subìto. Oggi quel ragazzo ha 37 anni e finalmente riesce, grazie all’ aiuto del web ad aprirsi, a parlare del suo calvario che dura da una vita, preda fin dalle scuole elementari di coetanei che ridevano di lui, isolandolo e maltrattandolo. Così, via via fino ad oggi.

La paura di denunciare gli abusi

Quando chiediamo perché non abbia mai denunciato gli abusi, ci racconta di aver avuto molta paura, e di aver voluto proteggere i suoi genitori e soprattutto la mamma ammalata, per non farle pesare ancor di più il dolore che solo una madre può portare in cuore quando un figlio nasce con un problema che lei e nessuno avrebbero potuto evitare.

Ha paura, ma ad oggi è stanco, non sono più i coetanei del suo paese a bullizzarlo, ma i ragazzini: ” Le nuove leve” 17 , 18 anni, difesi da genitori che, noncuranti di quanto Sasà ha raccontato loro, non prendono nessun provvedimento. Lui si scusa perché a tratti balbetta mentre racconta, dice che è privo di uscire di casa: tre, quattro di loro lo aspettano, lo accerchiano e lo picchiano, gli spengono le cicche delle sigarette sulle mani; gli hanno persino rotto un dito, lo minacciano e poi lo lasciano li per terra solo, piegato dalle botte, ma forse molto di più dall’umiliazione, la vergogna di un qualcosa che non ha saputo affrontare, un dolore lungo 37 anni, “un’accettazione mancata di una normalità tanto voluta.”

Cos’è il bullismo

Anziani, disabili, bambini, donne e uomini, adulti o ragazzi: sembra proprio che non ci siano limiti perché chiunque può essere o diventare vittima di bullismo .
Purtroppo il fenomeno sembra essere aumentato in questi due anni anche a causa del covid 19. Infatti sembra che sempre più giovani sfoghino la propria rabbia e frustrazione fuori di casa sui più deboli.
Il bullismo si può schematicamente classificare così:

  • verbale: fatto di insulti, di offese alla persona
  • fisico: con attacchi fisici, spinte, se non addirittura calci e pugni
  • relazionale: quando una persona è volutamente isolata o presa di mira dagli altri
  • digitale (cyberbullismo): quando gli insulti e le prese di mira trovano applicazione online attraverso chat, ma anche social network, video, foto offensive.

Il bullismo è già di per sé un atto ignobile, quando poi viene fatto su donne, bambini e disabili diventa qualcosa di imperdonabile.
Si tratta di un fenomeno mondiale, che comporta gravi conseguenze sullo sviluppo psicofisico della persona e sulla sua inclusione sociale. Un fenomeno sempre più attuale.

Per capire se una persona è vittima di bullismo si possono osservare alcuni cambiamenti nel suo comportamento quotidiano, tra cui ad esempio: ansia, tristezza o depressione, attacchi di panico, isolamento sociale o fobie sociali, lesioni fisiche. Molto spesso le vittime di bullismo temono lo stesso trattamento per i loro cari o si vergognano di non riuscire a difendersi. Questo è capitato a Sasa’ e capita tutti i giorni a tantissime persone.

In Italia il bullismo viene punito

In ogni caso, nel nostro Paese il bullismo viene punito sia in sede penale sia in sede civile. Può essere considerato un reato, ma può anche prevedere dei risarcimenti nel caso in cui, durante uno scontro fisico, vengano danneggiati degli oggetti o ferita la persona presa di mira.

Il bullismo si definisce un reato quando si traduce in: istigazione al suicidio, percosse, lesioni, rissa, diffamazione, violenze sessuali, minacce, stalking, interferenze nella vita privata, furti, estorsioni, danni di natura diversa, frode informatica, sostituzione di persona o furto d’identità.

Bisogna denunciare

Per arginare il fenomeno, il primo atto da compiere resta quello di denunciare: come speriamo farà Salvatore, che dopo tanti anni di silenzio ha trovato quel coraggio innato che forse non sapeva neppure di possedere.

E’ importantissimo sensibilizzare le nuove generazioni sull’argomento, far loro comprendere l’importanza dell’uso delle parole, aiutarli a crescere con princìpi solidi e in ambienti sani dove prima di tutto prevale la condivisione e l’uguaglianza.” Crescere uomini giusti”. Chiedere aiuto non è una vergogna, la vergogna è essere carnefici impuniti di una società troppo distratta.

Chiara Cenini.

2 commenti

  1. Che vergogna! Ma i genitori piuttosto che difendere ad oltranza i figli perché non insegnano loro l ‘educazione, l’amor proprio e il rispetto per gli altri!!! Veramente vergognoso … davanti a queste situazioni non bisogna girare lo sguardo ma aiutare chi ha bisogno

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  2. CARNEFICI IMPUNITI…… GIUSTISSIMA DEFINIZIONE della giornalista CHIARA CENINI in questo articolo che denuncia il supplizio patito da questo giovane per ben 30 anni…..oltre i genitori come ben diceva Antonella ,ma coloro che assistevano a queste angherie? Perché non hanno segnalato anche in forma anonima? TUTTi quelli che sapevano e che non l’ hanno aiutato sono TUTTI COLPEVOLI di questo ORRORE 🤢😖😤😡

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