La Vara come simbolo spirituale di Messina e universale

La Vara come simbolo spirituale di Messina e universale

Daniele Ferrara

La Vara come simbolo spirituale di Messina e universale

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sabato 08 Agosto 2020 - 07:00

Il carro dell’Assunta rappresenta la città di Messina

Spesso quando si parla della Vara può capitare che scatti qualche atteggiamento irrispettoso da parte di coloro che non provano amore per questa manifestazione o addirittura la disprezzano.

È un problema vecchissimo: più d’un secolo fa – “Belle” Epoque – c’era chi si lamentava dicendo che non era più tempo per “simili superstizioni”, ma oggi il problema qual è? È complesso, ma per larga parte ha a che fare con la religiosità. Rispetto al tempo in cui la gente era obbligata a professare la religione cristiana, oggi moltissime persone si sono liberate da tale imposizione e professano altre credenze com’è giusto che sia, e questo le induce a indisporsi davanti a una processione che appare squisitamente cattolica e poco inclusiva.

Una Vara per le altre religioni?

Ma la Vara sembra (!) squisitamente cattolica e poco inclusiva: avrebbero ragione a lamentarsi le persone se davvero così fosse, ma in realtà non è questa la natura della Vara. Al contrario, è una manifestazione folklorica capace d’offrire molteplici interpretazioni, che di conseguenza possono coinvolgere persone di diversi credi e riempirle d’emozioni e fede propria.

Cominciando dalle basi: che cos’è l’Assunzione? Nel Cristianesimo è il momento in cui Maria, addormentatasi, viene presa in Paradiso in anima e corpo, quale Madre Celeste. Ma svariate religioni oltre al Cristianesimo riveriscono la persona di Maria, alcune di queste presenti proprio a Messina, città mariana da due millennî.

Già i Musulmani assistono volentieri alla Vara, in quanto, pur non condividendone la “divinizzazione”, amano Maria sia in quanto madre del profeta Gesù (il secondo più grande), sia e soprattutto come donna spiritualmente perfetta, una delle “Quattro Sante” e perciò accolta da Iddio nei cieli, e stupirà sapere che nel Corano è menzionata molte più volte che nel Vangelo.

Anche i Mormoni possono ammirare la Vara senza indugio, giacché vedono in Maria un nobile modello di vita e la donna umana che partorì l’incarnato figlio (Gesù) del Padre Celeste inviato a ricondurgli il resto della sua prole perduta, e credono nella deificazione finale dell’individuo, inoltre secondo alcune correnti Maria è persino la vera e propria sposa del Dio Padre.

Ora questi sono esempli di chi riconosce nella figura sulla Vara la medesima Maria ma con una diversa funzione; ma c’è chi può attribuirvi un’altra identità, anche una più antica nel tempo o lontana nello spazio, giacché l’umanità tende a riferirsi ad archetipi che si ripetono identici nello spazio e nel tempo.

La Vara ellenistica “di 1640 anni fa”

Ora, riferendoci alla constatazione – fatta sia da fondamentalisti cristiani che da critici neopagani (nemici concordi!) – che le feste e le figure cristiane siano copiate o riadattate da quelle pre-cristiane “pagane”: non tutte sono propriamente un calco di più antiche raffigurazioni d’antiche deità e d’eventi che le coinvolgono. Nel nostro caso, difatti, le figure sulla sommità della Vara furono concepite con l’intento d’impersonare esplicitamente Gesù e Maria, non un dio e una dea dell’antichità. Eppure, quelle due immagini sono straordinarie proprio perché mettono in scena un evento che a seconda della religione di chi lo guarda ha significati diversi, nonostante la finalità originaria.

Teologicamente, quella cristiana è la replica dell’Assunzione di Semele, un mito ben attestato nelle fonti antiche: ella era la madre mortale di Dioniso – dio della forza vitale e dell’estasi mistica, figlio di Zeus –, la quale fu tratta dagl’inferi dal proprio figlio ormai divinizzato e condotta sull’Olimpo per divenire una dea col nome di Tione. Chi ancor oggi continua gli antichi culti, può riconoscere facilmente sulla Vara l’immagine di Dioniso che innalza in cielo sua madre Semele, sottratta al mondo dei morti, tanto più che la presenza del Cristo nel quadro dell’Assunzione è più unica che rara. Una nota autobiografica: nella mia prima fase di sconfessione della Cristianità come unica base religiosa, volli vedere addirittura nell’intero Ferragosto la rappresentazione di Dioniso di ritorno dal suo epico giro del mondo, seguito dal suo corteo di satiri, giganti e animali (i danzatori, i Giganti e il Cammellaccio), che durante la notte si recava alle porte degl’inferi, entrandovi, e il giorno dopo riemergeva portando con sé la rediviva madre Semele e prendeva il volo (la corsa della Vara) per raggiungere la vetta dell’Olimpo ove, alla sera, Zeus ne festeggiava il trionfo e la deificazione di Semele con una tempesta di tuoni (i fuochi d’artificio). Ovviamente era un’interpretazione fatta ignorando l’origine di molti elementi, ma dopo dieci anni continuo a constatare come quel Gesù che solleva Maria appaia straordinariamente identico a un Dioniso che innalza Semele; una casualità forse, ma per la mente, non per lo spirito.

Questo è un altro esempio, peraltro molto più attinente alla nostra cultura originaria, ma questo gioco d’identificazioni non termina nella teologia dell’Ellenismo.

Stiamo facendo un discorso che vale per tutte le manifestazioni religiose tradizionali presenti in questa parte del mondo: non bisogna fermarsi al solo significato cattolico, bisogna trovare un significato più ampio. La religione unica nella storia non è stata mai una realtà se non sotto la Chiesa Romana e poche altre forze.

La Vara come universale simbolo spirituale

In generale, comunque, nel motivo dell’Assunzione va vista la metafora dell’anima che si metamorfizza divenendo divina e ascende al cielo – l’Apoteosi – e difatti tutta la composizione della Vara stessa giova a simboleggiare tale mistero, quasi fosse stata questa sin dal principio l’intenzione degl’ideatori (tra i quali si pensa esserci stato il grande Francesco Maurolico). È un’icona geocentrica: superato il primo livello della morte rappresentante la nostra Terra, si sale sempre di più in un turbinio di putti festosi, passando attraverso i cieli della Luna e del Sole, e poi più oltre, si supera la sfera delle Stelle Fisse e si raggiunge l’Iperuranio descritto da Platone, la dimensione beata ove ha sede il Primo Motore Immobile (che i Cristiani definirebbero Dio).

Questo concetto nel Platonismo (e in altre nostre religioni filosofiche e misteriche) è il ritorno all’Henosis (l’unità divina primordiale), ma può anche essere spiegato come il raggiungimento del Nirvana per le nostre comunità induiste e buddiste.

La Vara come simbolo di Messina

In ultima analisi – oppure prima – il carro dell’Assunta rappresenta la Città di Messina. Quella della Vara è l’immagine di una donna che alla base è rappresentata morta ma viene sollevata in cima nuovamente viva da una moltitudine di esseri celesti puri. La Vara è Messina stessa, che molte volte fu completamente distrutta – per guerre, epidemie e cataclismi – e tutte le volte si rialzò. Dieci volte distrutta, dieci volte risorta!: questo dovrebbe essere il nostro motto e dovremmo sfoggiarlo con orgoglio, dovremmo provare estrema gratitudine verso il Fato che ci ha concesso molte volte di non scomparire dalla storia come invece è accaduto ad altre città, e perciò dovremmo fare in modo che questa generosità della dea Fortuna non sia stata vana. Ricordiamocene tirando la Vara e correndo insieme a essa, perché la Vara siamo noi: Messina è la Vara!

Ed è per tutti questi motivi, chi per uno e chi per un altro, che tutta la popolazione deve difendere questa plurisecolare tradizione e rimanere unita sotto la bandiera dalla croce dorata in campo rosso.

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