Femminicidio a Messina. La versione di Cristian, i vuoti di memoria e i tanti buchi neri nella ricostruzione

Femminicidio a Messina. La versione di Cristian, i vuoti di memoria e i tanti buchi neri nella ricostruzione

Alessandra Serio

Femminicidio a Messina. La versione di Cristian, i vuoti di memoria e i tanti buchi neri nella ricostruzione

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venerdì 08 Marzo 2019 - 13:50

Cristian dice di non ricordare i momenti più importanti di quella notte. Era sotto psicofarmaci da qualche settimana. Le indagini e quel cellulare che non si trova.

Ci sono ancora tanti punti da chiarire sulla tragedia di Santa Lucia sopra Contesse, che le indagini dovranno portare in luce attraverso i prossimi passi, dai rilievi scientifici all’autopsia sul corpo di Alessandra Musarra. Buchi neri, a cominciare da quelli nella memoria di Cristian.

Il ragazzo, infatti, dice di non ricordare proprio tutto. C’era anche lui ad esempio, ieri mattina, dietro la porta della ragazza, insieme al suocero. E’ arrivato, racconta, con nella mente l’ultimo ricordo di una lite verbale piuttosto animata, nella serata precedente.

Una delle tante, negli ultimi tempi. Alessandra non voleva che si allontanasse, ha raccontato, lui invece doveva andare a lavorare. Il ventiseienne raccoglieva il ferro insieme all’ex cognato, un lavoretto alla giornata che ogni tanto gli portava qualche spicciolo. Lui abitava nella zona di Camaro, aveva conosciuto Alessandra in giro per locali, un anno fa. Lei abitava a Santa Lucia, nel paese vecchio, a 200 metri dalla chiesa dove è parroco proprio lo zio del ragazzo.

Una lite verbale, ha detto alla polizia, poi il buio. Quando ieri mattina si è trovato davanti la porta di Alessandra, invece, ha avuto un flash: ha ricordato che prima di uscire di casa la discussione si era animata, lei lo aveva strattonato davanti la porta, sarebbero caduti a terra insieme. Poi un altro buco. Eppure qualcuno, in paese, lo avrebbe visto passare in auto, era già buio, parlando animatamente al cellulare.

Un altro punto nero, quello del cellulare. La Polizia sta ancora cercando quello della ragazza, che Cristian dice di aver portato con sé. Ricorda di averlo buttato nella spazzatura, insieme al cavetto della ricarica e alla cover, che gli agenti hanno trovato effettivamente dove lui ha indicato. Dell’apparecchio telefonico, invece, non c’è ancora traccia.

La Squadra mobile, al lavoro sul caso diretta dal capo Francesco Oliveri, non è però affatto convinti della sua smemorataggine. Cristian ha raccontato anche di problemi psicologici, confermati dai suoi familiari. Da adolescente sarebbe stato diversi anni in cura, ed anche recentemente era seguito da un esperto, che da appena un mese gli aveva prescritto degli psicofarmaci.

Le liti con la ragazza, sempre più frequenti negli ultimi giorni, lo avrebbero ancora più messo in stato di agitazione, dice agli inquirenti. Adesso è in cella, in stato di fermo, e aspetta di essere interrogato, accompagnato dal suo difensore, l’avvocato Alessandro Billè, poi il giudice deciderà se convalidare l’arresto e confermare il carcere, o disporre diversamente.

Oggi intanto la Scientifica è tornata nella casetta di Santa Lucia sopra Contesse dove Alessandra viveva da sola. I suoi genitori si erano separati, il padre era andato a vivere con la nuova compagna a Santa Teresa, mentre la madre era andata ad abitare a Villafranca. Ultimamente a casa ci restava sempre di più, anche se usciva come sempre per aiutare la madre, che gestisce un locale in centro. Proprio per addobbare il locale per l’8 marzo aveva raccolto dei mazzi di mimose, trovati dagli agenti dietro la porta di casa.

Gli agenti hanno perlustrato l’intero edificio, alla ricerca di tracce utili, che saranno poi messi a confronto con gli altri elementi che verranno fuori dall’autopsia, che deve essere ancor conferita.

Un esame fondamentale, per verificare la versione del ragazzo e chiarire tutti quei punti ancora oscuri. Dal primissimo esame eseguito ieri mattina intorno alle 10, la dottoressa Patrizia Napoli ha collocato la morte come avvenuta al massimo 10 ore prima. Ma Alessandra a tarda notte era ancora viva.

L’esame dovrà anche chiarire cosa l’ha stroncata esattamente: i colpi inferti, i cui segni sono evidenti sul suo viso, o è stata soffocata, oppure è stata colpita o ha preso un colpo, cadendo?

In realtà, infatti, Cristian non ha confessato di averla uccisa. E soprattutto: Alessandra poteva essere salvata, se soccorsa subito? Ieri, quando il padre Luciano è entrato in casa, scavalcando la finestra, aveva provato a contattarla già da un po’. La prima telefonata di Cristian al signor Luciano è delle due circa. Non avendo notizie di lei, il padre chiede al figlio, che abita sotto la sorella, di salire a cercarla. E il ragazzo così fa: sale al piano superiore, bussa, ma da dentro nessuna risposta, alcun rumore.L’alla

rme non è scattato immediatamente, perché lei da giorni era un poco più giù d’umore del solito e chiusa in se stessa. La mattina dopo, all’ennesima telefonata a vuoto, Luciano Musarra arriva a Messina e, quando la figlia non apre alla porta, decide di entrare in casa scalvando la finestra, trovandola morta e fredda.

Alessandra poteva essere salvata, o l’avrebbero comunque trovata morta, stroncata dalla violenza dei colpi, ore prima o poco prima?

Tanti interrogativi, che però non cambiano le uniche tragiche certezze. Alessandra non c’è più. Ed è stata uccisa.

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