Lacrime, emozione, parole forti: l’ultimo saluto a Giovanni Caponata

Lacrime, emozione, parole forti: l’ultimo saluto a Giovanni Caponata

Francesca Stornante

Lacrime, emozione, parole forti: l’ultimo saluto a Giovanni Caponata

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lunedì 28 Ottobre 2019 - 13:46

Nella chiesa del villaggio Cep i funerali di Giovanni Caponata, l’operaio dei cantieri di servizi morto a seguito del terribile incidente avvenuto alla scuola Galatti mentre lavorava

I gilet arancioni. I caschetti gialli. I palloncini bianchi volati in cielo. Le rose rosse sulle bara. L’ultimo saluto a Giovanni Caponata in una chiesa gremita al villaggio Cep. In tanti si sono uniti alla famiglia dell’operaio dei cantieri di servizi del Comune morto a seguito di un incidente avvenuto alla scuola Galatti lo scorso 10 ottobre.

C’erano tanti colleghi di Giovanni. Tanti operai dei cantieri che hanno indossato quella divisa per Giovanni, che era uno di loro. Presenti e commossi. Affranti dal pensiero che una possibilità di lavoro per chi come loro vive in difficoltà si sia trasformata in tragedia.

C’erano il sindaco Cateno De Luca e l’assessore alle Politiche sociali Alessandra Calafiore. C’era Claudio Cardile, presidente del consiglio comunale, i sindacati.

Ma soprattutto c’era chi Giovanni lo ha conosciuto, la moglie, i figli. Silenziosi e chiusi in un dolore ancora troppo grande, soprattutto perché improvviso, tragico, devastante.

Uno dei tanti dimenticato da tutti

Forti le parole di Don Sergio Siracusano che ha officiato la messa.

Giovanni era uno dei tanti padri di famiglia rimasto senza lavoro e fermo ai margini, dimenticato da tutti. Fino a qualche mese fa era solo uno dei tanti relegato in una delle periferie dimenticate della città. Attraverso la Chiesa e la Caritas noi lo avevo aiutato, ascoltato, accompagnato. Aveva ritrovato la felicità e il sorriso attraverso questa esperienza di lavoro che aveva intrapreso. E allora ci chiediamo: perché questa tragedia? Non conosciamo il progetto di Dio, sappiamo che è sempre un progetto di bene. Non dobbiamo pensare che ora non c’è più e che quí ha finito la sua esistenza”. 

Tanti lo conoscevamo, tanti sono qui per esprimere solidarietà. È una tragedia che ha segnato la città. Purtroppo c’è anche chi ha strumentalizzato questo momento, ma oggi dobbiamo solo stringerci in preghiera”.

Il grande gesto

Don Sergio durante la sua omelia ha voluto anche ricordare il grande gesto di donare gli organi fatto dalla famiglia di Giovanni Caponata.

Siamo stati segnati da quel gesto estremo della donazione, per noi cristiani dovrebbe essere un gesto ordinario e no straordinario.  Grazie alla famiglia che attraverso questo gesto ha ricordato a tutti cosa significa vivere da cristiani. Chiediamo per Giovanni quella pace che lui non sempre ha sperimentato e goduto. Solo con la fede possiamo affrontare questo momento di estremo dolore. Per la sua famiglia, la moglie, i figli, i nipoti”.

Tante lacrime, tanta emozione. Gli abbracci di quei gilet arancioni, le offerte raccolte tra loro e messe in delle buste bianche per aiutare quella famiglia rimasta senza papà. Aiuto morale e aiuto concreto tra chi sa cosa significa vivere tra le difficoltà e sa tendere una mano nonostante tutto.

La solidarietà

Alla fine le parole di Gaetano Alessandro, presidente dell’associazione Donare è Vita. Ha portato alla famiglia il cordoglio da parte della Direzione generale del Policlinico, del reparto di Rianimazione dove Giovanni è rimasto per dieci giorni, del Centro regionale trapianti.

Giovanni è immortale

Speravo ogni mattina di non trovare più nessuno nel letto della rianimazione perché significava che Giovanni si era ripreso. Invece poi la terribile notizia. Nella tragedia però Giovanni e la famiglia hanno fatto un gesto fuori dal normale. Il fegato di Giovanni ha permesso a una persona di 49 anni di Palermo di continuare a vivere.

Con Giovanni continua la vita di un’altra persona che era in condizioni molto gravi. Il suo fegato è arrivato al momento giusto. Ci sono persone che sono supereroi, Giovanni adesso è uno di loro e da oggi Giovanni diventa immortale”.

Alla fine della messa la bara ha sfilato in mezzo a un corridoio di gilet arancioni, lo hanno portato in spalla fuori dalla chiesa e fino al cimitero. Un lungo applauso ha scandito l’ultimo viaggio di Giovanni Caponata. E i palloncini bianchi liberati in cielo lo hanno portato su in alto, dove non ci saranno più i pensieri, i dispiaceri, il bisogno. Perché Giovanni Caponata è morto per un lavoro che sarebbe durato tre mesi, a 400 euro al mese.

Francesca Stornante

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