Secondo un recente studio le città collegate dai treni ad alta velocità hanno avuto un incremento del Pil del 10%. E la Sicilia resta a guardare
Di seguito la riflessione dell’ex assessore Giuseppe Laface sulla situazione di gap infrastrutturale sempre più ampia.
Il Sole 24 Ore ha pubblicato di recente uno studio dell’Università Federico II di Napoli dal quale emerge che le città collegate dai treni ad alta velocità hanno avuto un incremento del PIL del 10%, nel decennio 2008/2018. Il risultato si ferma all’8% se si tratta di città all’interno di regioni meno ricche.
Meno treni meno Pil
Il dato diminuisce man mano che aumenta il tempo necessario a raggiungere una stazione con treni ad alta velocità, creando, quindi, un legame direttamente proporzionale tra infrastrutturizzazione ferroviaria veloce e ricchezza del territorio che, lungo ed in prossimità all’asse ferroviario, si sviluppa più velocemente. Basti pensare che dei 43 mln di passeggeri trasportati soltanto nel 2017, oltre il 40% sono stati “nuovi spostamenti” sottratti all’utilizzo di aerei, strade ed autostrade.
L’Italia divisa in due
Come è facilmente immaginabile, gli studiosi della Federico II, mettono in evidenza un paese clamorosamente spaccato in due e la foto che pubblicano indica con i minuti il tempo necessario dalle varie aree del Paese per raggiungere il treno veloce. I colori dal verde al grigio evidenziano una accessibilità compresa tra un minimo di 30 minuti ed un massimo di 2 ore, mentre i colori rosa e fuxia individuano le aree praticamente tagliate fuori dall’alta velocità, perché risulta necessario un tempo che va dalle due alle oltre tre ore e più.
Fs si è fermato ad Eboli….
Il sud del paese, per capirci da Napoli in giù, è praticamente tagliato fuori non solo dagli attuali collegamenti, ma anche dai prossimi investimenti. Nel piano degli investimenti prossimi, infatti, è previsto solo un investimento da 6,2 mld per la Napoli Bari che servirà il resto della Campania e la Puglia.Lo stesso studio evidenzia, inoltre, per ciò che ci riguarda più da vicino, la necessità che l’alta velocità da Napoli possa raggiungere anche Palermo.
Nulla oltre lo Stretto
Significherebbe, ovviamente prolungare la dorsale ferroviaria fino a Villa San Giovanni, superare lo Stretto di Messina, manco a dirlo con il ponte e completare l’anello tra Messina, Palermo e Catania, possibilmente chiudendolo anche sulla linea tirrenica, senza fermarsi alla ME/CT/PA come in atto sono i progetti in corso. E’ ovvio che la nostra città e tutto il territorio metropolitano non potrebbero che trarre un vantaggio enorme poiché anche in considerazione della morfologia del territorio che si sviluppa sulle due coste tirrenica e ionica tutti i cittadini potrebbero avere accesso al treno veloce con spostamenti assolutamente coerenti con i tempi migliori evidenziati dallo studio in questione.
Isola…ti
Bene, o si prende consapevolezza che non è più immaginabile pensare allo sviluppo di questa terra senza metterla in contatto con il resto del paese e dell’Europa, oppure meglio smetterla e rassegnarsi ad essere e rimanere un’area economicamente depressa senza più alcuna speranza di garantire qui il futuro alle giovani generazioni.Si, perché la sostanziale inadeguatezza dei trasporti interni all’isola non riesce nemmeno a rendere competitivi per tutti i siciliani gli aeroporti esistenti, tranne per chi ci abita nelle immediata vicinanze. Strade, autostrade e ferrovie scontano decenni di mancati investimenti e non consentono ad un cittadino della nostra provincia per esempio di raggiungere un aeroporto in tempi accettabili: siamo abbondantemente quasi alle due ore da Messina per Catania e peggio per Comiso Palermo o Trapani.
Gli eterni cantieri
Ma un altro aspetto che contribuisce a farci rimanere isolati e distanti è la eccessiva lentezza, fuori da ogni media nazionale, dei tempi di realizzazione delle opere. Si sta progettando (finalmente dico io, si studiava già nel 2006 quando ero Assessore alla Infrastrutture della Giunta Leonardi) il raddoppio ferroviario Giampilieri/Fiumefreddo, bene. Permetterà, a regime con la realizzazione del collegamento Stazione di Catania Aeroporto anch’esso in corso di realizzazione, di raggiungere in 50 minuti circa da Messina l’aeroporto di Fontanarossa. Ma se per la realizzazione di quest’opera, peraltro molto impegnativa sotto il profilo strutturale perché saranno necessari oltre 40 km di gallerie, serviranno oltre vent’anni come accadde per il raddoppio della ME/PA, allora in questo frattempo questa terra muore.Occorrerà dichiarare lo “stato di emergenza infrastrutturale” (perché di emergenza si tratta inutile girarci intorno) per la Sicilia ed imporre che la progettazione ed i relativi cantieri, prevedano, sin dal momento in cui si pensano, un impiego massivo di personale, mezzi e tecnologie che consentano di ridurre i tempi di realizzazione delle opere come accade nel resto di Italia.
Si può fare, serve soltanto la volontà politica di pensarlo e di farlo e sempre la volontà politica di destinare al sud ed alla Sicilia le risorse economiche necessarie, per dare pari dignità a 5 milioni di italiani.Diversamente, continuiamo pure a piangerci addosso, a litigare per il piccolissimo cabotaggio e per la mera gestione del potere e a definirci vittime di un destino crudele.Credo che davanti a questa emergenza sociale non dovrebbe esistere differenza di colore politico, ma solo la comune volontà di dare ai nostri figli ciò che è stato negato a tante, troppe, generazioni di noi.
Basta storielle
ps: 1) Vi prego, non fatemi sentire più la storiella della Sicilia avamposto d’Europa e piattaforma logistica nel mediterraneo che sentiamo da vent’anni. Le merci che continueranno ad arrivare da Suez, dovendo proseguire per il resto d’europa, andranno a “sbarcare” proprio laddove ci sarà una rotaia capace di portarle a destinazione velocemente per risparmiare una settimana di navigazione; 2) aggiungo, nemmeno venitemi a dire prima facciamo le ferrovie, le strade, le autostrade e poi il ponte perché negli ultimi cinquant’anni a discutere se prima debba nascere “l’uovo” o “la gallina”, ci siamo ridotti così: arretrati ed impoveriti rispetto a prima.
Giuseppe Laface