L'antimafia a Reggio. Morra: lo Stato venga qui, e non solo con caserme o commissariati

L’antimafia a Reggio. Morra: lo Stato venga qui, e non solo con caserme o commissariati

Mario Meliado

L’antimafia a Reggio. Morra: lo Stato venga qui, e non solo con caserme o commissariati

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martedì 07 Dicembre 2021 - 06:55

Ieri, la prima delle due giornate d'audizioni, coi vertici delle forze dell'ordine, il commissario dell'Asp, testimoni di giustizia, imprenditori e cronisti

REGGIO CALABRIA – Terminata ieri la prima delle due giornate reggine della Commissione parlamentare Antimafia presieduta dal senatore Nicola Morra.

Forze dell’ordine

In mattinata, sono stati sentiti in particolare i vertici delle forze dell’ordine. «Termina con questa “due giorni” a Reggio Calabria una visita che ha già toccato le altre quattro province calabresi. Era fondamentale passare da qui, anche perché qui c’è la casa-madre della ‘ndrangheta, cioè un’organizzazione militarmente potentissima e finanziariamente tra le più importanti del pianeta – ha affermato Morra nel primo dei due briefing con la stampa -. Peraltro, questa è una realtà territoriale in cui ufficialmente il reddito pro-capite è uno dei più bassi d’Europa, dove però esiste una concentrazione di ricchezza finanziaria inimmaginabile… Evidentemente, c’è un rapporto inversamente proporzionale tra la ricchezza distribuita fra i cittadini e la ricchezza della criminalità organizzata».

Quanto alle acquisizioni avute dalla sequenza d’audizioni, «al di là del susseguirsi delle operazioni contro i clan, è emerso quanto i calabresi dovrebbero prendere coscienza dell’esigenza di combattere la ‘ndrangheta – ha rilevato il presidente Morra -. Faccio riferimento, ad esempio, all’operazione Malapigna, che ha dimostrato come il nostro territorio venga considerato una discarica per seppellire materiali inquinanti che provengono da altri circuiti produttivi e che qui vengono interrati come se nulla contasse la salute dei calabresi che insistono su questi territori».

Magistratura a organici sguarniti

Già, ma quanto è difficile combattere le ‘ndrine non “ad armi pari”? Per esempio, con molti uffici magistratuali pesantemente sguarniti? «Di certo, qui c’è un’emergenza che troppe volte lo Stato ha sottovalutato. Dopo decenni di dimenticanza, mi verrebbe anche da pensare: forse voluta, allora ci si scopre con un arretrato importante, non tanto in termini di fascicoli o procedimenti, quanto d’indagini da promuovere, visto che questo è un territorio che per decenni è stato abbandonato alla volontà delle organizzazioni ‘ndranghetistiche. M’ha fatto molto pensare un’operazione sviluppatasi nel maggio scorso nella Piana di Gioia Tauro che ha svelato come, prima d’aprire un’attività commerciale, bisognasse andare a chiedere il permesso a chi di dovere. Evidentemente, qui lo Stato è rappresentato dalle strutture di ‘ndrangheta».

Epperò, ha aggiunto in seguito Morra, «abbiam potuto far capire a tanti che la ‘ndrangheta non va combattuta solo in termini di repressione, ma soprattutto in termini di presenza dello Stato. Quando lo Stato è assente – è il sillogismo -, è ovvio che gli altri poteri gli si sostituiscano… e forse lo Stato, qua, ancòra deve arrivare».

Asp, scenario sconfortante

Nel pomeriggio, ancor prima delle associazioni antimafia, di alcuni giornalisti e dei testimoni di giustizia, è stato audito il commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale reggina Gianluigi Scaffidi.

«È venuto fuori un quadro alquanto sconfortante», afferma Morra prima d’autotradursi (!): al netto del suo linguaggio eufemistico, «vuol dire: raccapricciante», è l’interpretazione autentica di Nicola Morra. «Però questa è la Calabria… e dopo decenni d’abbandono, la voglia d’uscir fuori da questo stato comatoso mi sembra assai flebile. Certo, ci sono uomini delle Istituzioni che combattono, però…».

Un’Asp, evidenzia il cronista, sciolta addirittura due volte per infiltrazioni mafiose. «Sì, ma a volte – è la sibillina risposta del presidente dell’Antimafia – è meglio immaginare, piuttosto che sapere: e con questo, mi creda, già le ho detto tanto».

Testimoni di Giustizia “prigionieri”

Tra i protagonisti delle audizioni pomeridiane di ieri, alcuni imprenditori e iconici testimoni di giustizia, da Nino De Masi a Tiberio Bentivoglio.

Ma proprio la condizione dei testimoni di giustizia, le difficoltà normative e attuative per riuscire a tutelarli al meglio e a presidiarne l’effettiva incolumità, sono dati che fanno pensare. E che potenzialmente sono in grado d’indurre a soprassedere vari imprenditori che vorrebbero denunciare…

«Figuriamoci: come abbiamo appreso, la ‘ndrina rizziconese dei Crea avrebbe voluto munirsi di tremendi strumenti di morte per poter eliminare anche chi si muove in macchina blindata – è il commento di Nicola Morra -. Epperò, io credo che questo sia un problema complessivo: non è possibile, ad esempio, che uno Stato democratico costringa un cittadino che rispetta le sue leggi a rinunciare alle proprie libertà personali, perché chi vive sotto tutela, per quanto possa sembrare paradossale…, vive una situazione di privazione dei propri diritti e della propria libertà personale. In uno Stato democratico questa, al massimo, dovrebbe essere una condizione temporanea e breve; quando si protrae per anni, il problema c’è».

Il “caso Siderno”

Nel tardo pomeriggio, l’Antimafia s’apprestava poi ad ascoltare la narrazione delle numerose intimidazioni subite nel breve volgere di una manciata di giorni dal sindaco di Siderno Mariateresa Fragomeni. «Le espliciteremo la nostra solidarietà – ha evidenziato il presidente della Commissione parlamentare -, fermo restando che è un problema che riguarda non la sola Siderno, ma quantomeno l’intero territorio della Locride. Un territorio che va salvaguardato costringendo lo Stato a venire qua; e non soltanto con Commissariati di pubblica sicurezza o Compagnie dei Carabinieri, perché quello è l’apparato repressivo. Ed è forse quello meno utile a produrre effetti benèfici, sul lungo termine».

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