Il concerto inaugurale ha entusiasmato il pubblico del Palacultura
Domenica u.s. ha avuto luogo l’inaugurazione della stagione musicale delle Associazioni Musicali Riunite Accademia Filarmonica e V. Bellini, che ha visto, novità assoluta nella storia concertistica cittadina, l’esecuzione di due concerti, uno di mattina, alle 11,30, un’anteprima, e l’altro nel pomeriggio, come da tradizione alle 18, entrambi al Palacultura.
Una grande orchestra di rilievo internazionale (finalmente!), la Armenian State Symphony Orchestra, diretta da Sergey Smbatyan, ha accompagnato due pianisti di calibro assoluto nel concerto mattutino – Freddy Kempf, nel Concerto per pianoforte e orchestra “Travel Notebook” di Alexey Shor e Gloria Campaner, nel Concerto “Imperatore” di Ludwig Van Beethoven – mentre nel pomeriggio, dopo la ripetizione del concerto di Shor, è stata protagonista assoluta, nell’esecuzione di brani di autori armeni.
Dopo la presentazione da parte del presidente dell’Associazione Musicale V. Bellini Giuseppe Ramires, ed i ringraziamenti di rito, il concerto ha avuto inizio con l’esibizione di Freddy Kempf, che ha fornito un’eccellente prova del suo pianismo, tecnicamente ineccepibile, energico ma anche attento a ogni sfumatura nell’interpretare i vari stati d’animo che scaturiscono dal Concerto per pianoforte e orchestra “Travel Notebook” (Appunti di viaggio) del compositore vivente Alexey Shor, una sorta di suite o di poema sinfonico con pianoforte. Articolato in sette movimenti, ognuno dei quali ispirato alle impressioni di viaggio del musicista in occasione della visita di alcune città europee (come Barcellona, Roma, Parigi, Ravenna, Venezia, Ascot) contiene brani di notevole pregio, fra cui i più riusciti, a mio avviso, sono quelli ispirati a Barcellona “La Rambla”, brioso e scoppiettante, a Venezia “Sorrow”, a carattere intimo e malinconico, con l’immancabile ritmo di barcarola, ma soprattutto il brano introduttivo “Wayfarers Prayer” (la preghiera dei viaggiatori), un pezzo maestoso e intenso, di forte impatto emotivo.
Tutta la composizione rimane ancorata nel solco dei concerti post-romantici, priva di quelle arditezze e asprezze armoniche proprie di molti compositori del novecento, prevalendo invece l’elemento melodico.
La seconda parte di questa matinée è stata dedicata al Concerto per piano e orchestra n. 5 in Mi Bemolle Maggiore op. 73 “Imperatore” di Ludwig Van Beethoven, musicista del quale l’anno prossimo si celebra il duecentocinquantesimo anniversario della nascita (dicembre 1770), eseguito da Gloria Campaner, celebre pianista affermata in tutto il mondo. Nell’esecuzione del celebre capolavoro beethoveniano (di cui ho delineato brevi cenni nell’articolo di presentazione) l’Orchestra Armena ha dimostrato di non essere solo specialista nella musica nazionale. Infatti gli orchestrali, sotto la sapiente direzione di Sergey Smbatyan, dal gesto energico e misurato a un tempo, hanno dato prova di una perfetta intesa, gli archi eccellenti negli “unisono”, mentre i fiati hanno impressionato per la precisione dei fraseggi, la nitidezza e morbidezza del suono, mai prevaricatore degli archi, come spesso purtroppo accade di ascoltare. La Campaner ancora una volta ha offerto un eccellente saggio delle sue doti interpretative, che si esplicano in particolare nel fraseggio raffinato, nei momenti intimi e lirici, dei quali il Concerto Imperatore è ricco, mentre nei passaggi più energici e possenti, la pianista è apparsa meno a suo agio. Con un breve bis di Arvo Part “Alina”, la Gloria Campaner ha concluso la sua apprezzabile performance.
Nel pomeriggio Freddy Kempf si è ripetuto con altrettanta bravura nel “Travel Notebook” , per poi lasciare il posto, nella seconda parte, ad una straordinaria performance
dell’ Armenian State Symphony Orchestra.
Dal rutilante”Festive Overture” di Arutiunian, ai malinconici “Adagio” dalla “Marmar” Suite di Edgar Hovhannisyan, tratta dall’omonimo balletto, e “Lyric Picture “Shushanik” di Mirzoyan, alle brillanti e folcloristiche “Symphonic Images” di Gazharos Saryan, al delicato “Lyric Poem” di Ter-Tadevossian, l’Orchestra ha fornito un’esibizione entusiasmante, ricca di personalità, fortemente identitaria.
Incantevole, e molto apprezzato dal pubblico, il suono del “duduk” uno strumento della tradizione armena, una sorta di flauto di grande capacità evocativa, affascinante, suonato in maniera eccezionale dal solista Kamo Seyranyan (che ha concesso due bis), interprete dello splendido Sareri Hovin Mernem” (Adoro la brezza delle montagne belle), canto della tradizione armena di Padre Komitas.
La travolgente Lezghinka di Aram Khachaturian, danza tipicamente russa, dal ritmo irresistibile, tratta dal suo balletto più famoso, “Gayane”, suonata dall’orchestra lasciata sola dal direttore -che è intervenuto solo all’inizio e alla fine, quasi a dimostrare che gli orchestrali conoscono il brano così bene da poter fare a meno del direttore – ha concluso la straordinaria serata fra gli applausi del numerosissimo pubblico che, a differenza di quanto avvenuto nel concerto mattutino (complice forse la ennesima splendida giornata estiva) ha gremito numeroso il Palacultura.