Un resoconto dettagliato della tendopoli di Messina redatto dai membri della campagna nazionale LasciateCIEntrare, denuncia le ormai note condizioni di invivibilità del campo da baseball e alcuni problemi rilevati nel corso delle procedure di identificazione dei migranti
“Una tendopoli è per sempre”. Così i membri della campagna LasciateCIEntrare, la campagna nazionale contro la detenzione amministrativa nata nel 2011, hanno intitolato il report dedicato ai centri di prima accoglienza di Messina. E se si pensa che il PalaNebiolo fu aperto nell’ottobre del 2013 come centro “temporaneo” volto ad accogliere il primo gruppo di una cinquantina di eritrei per “non più di una settimana”, si può comprendere l’ironia. La tendopoli sorta nel novembre del 2013 lavora ancora a pieno ritmo ospitando di volta in volta, richiedenti asilo per un numero massimo di 250 posti nelle 32 tende della protezione civile istallate tre anni fa nel campo da baseball della struttura sportiva, sopravvissuto sino ad ora ai numerosi allagamenti ai quali è soggetto. Gli stessi Vigili del Fuoco nel rapporto fatto per conto della Prefettura di Messina nel 2013 avevano segnalato, infatti, la propensione ad essere soggetta ad allagamenti di una parte del campo.
E il terreno è un pantano anche quando entrano gli attivisti di LasciateCIEntrare il 21 maggio 2016, che descrivono lo spettacolo tristemente noto del campo costellato di pozze d’acqua, nel quale solo le passerelle di legno consentono di spostarsi da una zona all’altra o intorno alle stesse tende. All’epoca della visita ospiti della tendopoli sono 151 migranti, in maggioranza arrivati a Messina con lo sbarco del 17 Maggio e in prevalenza provenienti dall’Africa Nord Occidentale e dal Corno D’Africa. Di questi 151, 22 sono donne e viene riscontrata anche la presenza di quattro nuclei familiari, composti da bambini anche molto piccoli. Ad attirare l’attenzione dei visitatori intenti nell’ispezione è soprattutto un gruppo di ragazze nigeriane e di ragazzi eritrei.
Per quanto riguarda i rifugiati di nazionalità eritrea e siriana, dal momento che rientrano nel piano della relocation, lascito dell’Unione Europea insieme alle politiche degli Hotspots, vengono trasferiti dal PalaNebiolo a Villa Sikania e a Roma, ma gli spostamenti a tal fine hanno riguardato solo poco più di un centinaio di persone.
Un gruppo di ospiti si avvicina, alcuni ci dicono di essere di nazionalità eritrea- si legge nel report firmato da Tania Pogiush, Elio Tozzi, Fulvio Vassallo Paleologo, Yasmine Accardo e Agata Ronsivalle – Fra di loro è presente anche una ragazza incinta al settimo mese di gravidanza. Ci dicono esplicitamente che non vogliono parlare ma sono disposti ad incontrarci fuori. Nel frattempo il responsabile del centro ci indica l'ufficio immigrazione, il luogo dei bagni e quello della mensa. Per il prelievo delle impronte, lo stesso ammette qualche difficoltà, che viene subito risolta una volta chiarita la necessità dell'azione. Chiediamo se e come viene affrontata la questione della tratta che riguarda in modo particolare le donne nigeriane e se venga applicato il piano nazionale antitratta, ma sembra che tutto si risolve con una visita al consultorio di Messina”.
Il PalaNebiolo come l’altro centro di prima accoglienza sorto nell’ex Caserma di Bisconte, è gestito dalla cooperativa sociale Arca e Medical subentrate nel maggio 2015 alla vecchia gestione della associazione temporanea di imprese con capofila Senis Hospes, Cascina Global Service e Sol. Co.
Una volta usciti, gli attivisti incontrano un gruppo di eritrei che dentro il campo aveva chiesto esplicitamente di parlare con loro in luogo “neutrale”. Il gruppo è formato da nove uomini e una donna al settimo mese di gravidanza. È arrivata sola in Sicilia dal momento che suo marito è stato respinto in Sudan. Queste persone denunciano di essere eritrei, ma registrati, nel corso delle procedure di identificazione come etiopi.
“I ragazzi ci raccontano di aver ricevuto il numero identificativo e di essere stati fotosegnalati subito dopo lo sbarco al molo Marconi – si legge nel report – Contemporaneamente hanno compilato anche il cosiddetto foglio notizie, in cui hanno dichiarato di essere eritrei. Dopo aver consegnato il foglio, i ragazzi ed anche la donna, ci dicono di essersi resi conto che la nazionalità da eritrea era stata cambiata ad etiope e che a nulla sono servite le loro proteste. Dunque per la polizia risultano etiopi”. Anche queste persone, comunque, denunciano l’uso della forza nel corso delle procedure di foto segnalamento, identificazione e soprattutto prelievo delle impronte digitali.
“Affermano ancora che la coercizione e la violenza è stata usata anche nei confronti della donna in gravidanza – continua il report – Lei ci racconta anche di un'altra ragazza incinta di nazionalità eritrea, portata subito in ospedale e di cui non hanno più avuto nessuna notizia. Lei invece è stata visitata una sola volta dal medico dell’ospedale (dal suo racconto dovrebbe essere il Papardo) e nella struttura del Pala Nebiolo non ha più ricevuto altre visite. Dopo qualche giorno un componente la delegazione ha incontrato fuori dal centro alcuni di loro, che hanno detto di non aver ancora ricevuto informazioni né dal legale né dall’ente gestore e di non aver avuto alcuna notizia sul loro trasferimento”. Nel corso di una nuova visita il 3 giugno, però, in seguito allo smistamento degli ospiti del centro, di questi eritrei registrati come etiopi gli attivisti non hanno più avuto notizie.
Il caso degli eritrei dichiarati invece di nazionalità etiope, al di là delle conseguenze che questo può eventualmente comportare nell’esito della richiesta di asilo presentata da queste persone, fa emergere un problema già sottolineato più volte da associazioni e società civile, circa le modalità in cui si svolgono le procedure di identificazione subito dopo gli sbarchi. Il rapporto della campagna nazionale LasciateCIEntrare punta il dito anche sull’operato dei mediatori culturali utilizzati in queste operazioni:
“Tutte le volte che facciamo le visite abbiamo assistito ad un atteggiamento di controllo da parte di alcuni mediatori/traduttori dei centri – spiegano i membri nel rapporto – In maniera del tutto evidente gli ospiti ci fanno delle domande su questioni a loro non chiare sui loro diritti, e l’intervento tempestivo di alcuni di questi mediatori evidenzia lo stato di tensione vissuto dagli ospiti. Da quello che abbiamo potuto trarre dalle varie testimonianze, alcuni dei mediatori presenti già allo sbarco hanno mostrato un atteggiamento che non aiuta chi arriva stanco e provato psicologicamente da questi viaggi. In particolare la situazione degli eritrei che sono stati forzatamente dichiarati etiopi ci ha messo in evidenza che è necessario chiarire il ruolo dei mediatori dei centri prefettizi e il ruolo che dovrebbero svolgere quelle associazioni che dovrebbero garantire con la loro presenza ammessa dalla Prefettura il massimo della trasparenza”.
08/10/2013 – 11:15 Al Pala Nebiolo pronti lettini e materassi. In arrivo un’ottantina di immigrati NON SI NEGA NULLA AL PROSSIMO .Così commentavo, caritatevolmente, l’arrivo dei primi sfortunati “migranti”;con assai meno spirito cristiano,ho civilmente INVEITO contro quella Chiesa di Carità che,allora,aveva ben altri INTERESSI da privilegiare quali PATRIMONIALIZZAZIONE di rendite fondiarie,affitti da curare e quant’altro di profano che,come un bubbone,poi è scoppiato.Il resto é di dominio pubblico.Allora “opponevo” la PREVISIONE che tanta disponibile ospitalità SBANDIERATA anche dal “transfuga tibetano avrebbe SOLAMENTE distrutto un sito SICURAMENTE non deputato all’Accoglienza pagata!! MA I SOLDI HANNO OTTENEBRATO ANCHE quella CHIESA!
08/10/2013 – 11:15 Al Pala Nebiolo pronti lettini e materassi. In arrivo un’ottantina di immigrati NON SI NEGA NULLA AL PROSSIMO .Così commentavo, caritatevolmente, l’arrivo dei primi sfortunati “migranti”;con assai meno spirito cristiano,ho civilmente INVEITO contro quella Chiesa di Carità che,allora,aveva ben altri INTERESSI da privilegiare quali PATRIMONIALIZZAZIONE di rendite fondiarie,affitti da curare e quant’altro di profano che,come un bubbone,poi è scoppiato.Il resto é di dominio pubblico.Allora “opponevo” la PREVISIONE che tanta disponibile ospitalità SBANDIERATA anche dal “transfuga tibetano avrebbe SOLAMENTE distrutto un sito SICURAMENTE non deputato all’Accoglienza pagata!! MA I SOLDI HANNO OTTENEBRATO ANCHE quella CHIESA!