“Le favole di Oscar Wilde” – “E vissero tutti infelici e scontenti”

“Le favole di Oscar Wilde” – “E vissero tutti infelici e scontenti”

Tosi Siragusa

“Le favole di Oscar Wilde” – “E vissero tutti infelici e scontenti”

sabato 14 Agosto 2021 - 10:59

Due favole strane, amare, talora comiche, sempre complesse, tristi, messe amabilmente in scena al Teatro di Tindari.

Una bella produzione Tao Arte, che ci restituisce qualcosa di magico, riferito allo scrittore, drammaturgo, poeta, ma anche giornalista, saggista, aforista irlandese, uomo di monumentale personalità, indiscusso artista.

Oscar Wilde, il genio tormentato, che tante crudeli dicerie ha alimentato presso i suoi contemporanei di età vittoriana, perseguitato per il suo essere omosessuale, e condannato pert questo a due anni di pesantissimi lavori forzati, nonostante il matrimonio con la sensibile Costance Lloyd, e due figli, Cyril e Vivyan, dei quali perse la patria potestà.

Alla prole, a suo modo amata, ha fatto dono delle sue favole “diverse”, di proverbiale profondità, in realtà più per adulti, che per giovani cuori, immerse nella tristezza, ma mai sconsolate, anch’esse autentico Suo segno e portatrici della Sua intensa poetica….di certo un importante tassello per la comprensione del wildiano pensiero. Probabilmente un tenero, meraviglioso rifugio, sempre di impeccabile fattura, come ogni script di altra foggia e natura, intelligenti, introspettive, avide di vita, germinate da un uomo di sopraffino intelletto, alieno da compromessi.

Favole dolenti e a tratti spietate, anch’esse popolate dai demoni del loro padre, ove i personaggi lottano contro la mediocrità del mondo, perdendo, sagge e perspicaci, impotenti nel folle tentativo di fronteggiare la malvagità e la menzogna intellettuali dei piccoli uomini, che, in questa resa estrema, mettono a nudo e svergognano i vincitori, quelli che sono asserviti al comune sentire, al conformismo bieco e intollerante, incapaci di riconoscere le Anime Belle. Insolite e profonde, mai espressione di tendenziosità e captazione del consenso a qualsiasi costo, ironiche sovente, di uno asciutto stupore di chi ha conosciuto il mondo e le sue brutture e non sopportandolo, non se ne è salvato.

Gli equivoci e le colpe del perbenismo insensibile dell’epoca avevano infine fiaccato quella coscienza così vigile e non è stata per lui salvezza, non la ha cercata, rifuggendo i porti sicuri.

In una serata tindaritana non rischiarata dal chiarore lunare, nè rifocillata da un qualche refolo di vento, la voce suadente di un grande Gabriele Lavia ci ha fatto immergere in toto nell’universo dell’Artista, facendo precedere la lettura da una sapiente presentazione dell’Uomo, del Personaggio, del Letterato O. Wilde.

Il testo “Il principe felice e altri racconti” raccoglie cinque fiabe inconsuete, autobiografiche di certo, pubblicate a Londra nel 1888, con rare e immaginifiche illustrazioni di Walter Crane e Jacomb Hood, ove non c’è traccia di lieto fine.

Il valentissimo interprete, curando anche la perfetta regia, ha superato se stesso, non risparmiandosi e, sobrio in un asciutto completo nero, nonostante l’insopportabile calura, ci ha fatto dono di due racconti “The happy Prince” che denomina la raccolta stessa e “The remarkeble Rocket” lette in ordine inverso, prima, Il Ragguardevole Razzo e poi Il Principe Felice, precisando che non trattasi delle sue preferite, essendo stata tale scelta motivata dalla lunghezza delle altre fiabe, “The Selfish Giant”, “Hans”, “The Nightingale”.

Il Razzo Eccezionale è mezzo per illustrare il senso della vita secondo Wilde. Storia malinconica di un vanitoso razzo, un “fallito”, fatto per essere goduto da tutti, quando non c’è il sole, una sorta di trasfigurazione di se stesso in fondo,…un fuoco d’artificio che vuole suscitare meraviglie ma che è al contempo talmente sensibile da piangere spesso, bagnandosi tanto da non poter più volare e che sarà infine messo sul fuoco, da asciutto, da bambini, e volerà di giorno per il cielo….. ma non sarà visto da nessuno.

In chiusura, ecco Il Principe Felice; è utilizzata la tecnica della sfasatura fra le fabule e l’intreccio, come fossimo in un romanzo ove si voglia creare suspance. Il Principe, melius la sua statua, allocata in una città innominata, e il Rondinotto, attraverso flashback, raccontano la vita vissuta da entrambi, prima del loro incontro.

Sono presenti le eroiche peripezie che generano le umane reazioni e danno vita alla conclusione, con il finale, che si dipana in due parti, in modo piacevolmente inconsueto: nella prima i protagonisti muoiono, nella seconda, attraverso un nuovo personaggio, ritrovano la vita in un mondo altro, ove la loro bontà verrà riconosciuta e troverà una ricompensa lontano dalle brutture e dalle miserie di quella trista città della Sua epoca.

Personaggi del commovente racconto, che è esortazione a vedere oltre il velo e a fare il Bene, la Rondine, il Principe Felice (e ignaro, in vita) una donna, uno studente, la fiammiferaia, il Sindaco della città, Dio e un Suo Angelo…Il Principe, mano a mano che diviene esteriormente più povero, si arricchisce interiormente…ma i superficiali non vedono se non l’aspetto esteriore e in base a quello giudicano.

La Rondine, grazie all’incontro col Principe, da uccello testardo, egoista e capriccioso, diverrà eroico aiutante del Suo amico e l’amore vincerà e quella Loro storia sarà tramandata dallo scrittore.

In conclusione, performance eccellente, premiata dal caloroso pubblico, tentativo riuscito di resa dello stile raffinato, spesso impertinente e sferzante dell’Autore, delle Sue raffinate ricerche, di una scrittura solo apparentemente spontanea, sempre pregna invece di superbi paradossi e ricercata, anche nelle Favole, espressione del decadentismo e dell’estetismo britannico e della Sua personale stravaganza. Favole che con “Il ritratto di Dorian Gray” rappresentano le sue opere più note.

“Volete sapere quale è stato il grande dramma della mia vita? È che ho messo il mio genio nella mia vita, tutto quello che ho messo nelle mie opere è il mio talento” Confessione di O. Wilde ad Andrè Gide.

Oggi i suoi resti mortali riposano al Cimitero di Pere Lachaise sotto un monumento di Sfinge e, dal 1995, a Westminster Abbey una vetrata lo commemora nell’angolo dei poeti, in una sorta di simbolica, tardiva riabilitazione da parte del Regno Unito, che solo nel 1960 depenalizzò l’omosessualità maschile, malgrado ne fosse tanto storicamente contrassegnato.

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