Ormai pensiamo che la vita vera sia quella sui social e basti mettere un like per cambiare il mondo
Del funerale di Alessandra Musarra mi hanno colpito le sedie vuote del Duomo. Sicuramente avrà influito l’orario, le 11 del mattino di mercoledì, ma nel predisporre la diretta facebook su Tempostretto, ci eravamo organizzati prevedendo una chiesa gremita. Il video della diretta ha avuto un grandissimo seguito, anche nei giorni successivi, ma il Duomo non era gremito. Eppure, sin dal giorno della sua morte, le reazioni erano state tali da spingere a spostare la cerimonia funebre dalla parrocchia di Santa Lucia sopra Contesse al Duomo.
Non m’interessa la polemica, ma quelle sedie vuote mi hanno fatto riflettere su come reale e virtuale si stiano confondendo. A volte penso di essere dentro il film Matrix, terribilmente profetico.
I social sono un mezzo utilissimo ma con il tempo sono diventati altro.
Nell’istante esatto in cui nelle redazioni di Messina è arrivata la notizia della morte di Alessandra ogni giornalista ha guardato il profilo facebook sia di lei che del fidanzato. Accade ormai per ogni fatto, sia di cronaca nera che di cronaca bianca.
Abbiamo subito “scavato”, violando, mentre il corpo di Alessandra era ancora lì, le sue foto, i suoi post, la sua vita, i suoi pensieri e sentimenti. Certo, erano pubblici, ma noi, e così come noi migliaia di altri utenti di Facebook, siamo entrati lì, dentro la sua vita, per capire, trovare tracce. Abbiamo trovato il post che faceva riferimento alla bravura degli autori di “Un posto al sole” nell’affrontare la tematica della violenza sulle donne. Tutti i cronisti hanno ripreso quel post. Per giorni non si è parlato d’altro.
In quelle ore mi hanno colpito alcuni scontri sui social tra favorevoli e contrari alla sospensione delle manifestazioni per l’ 8 marzo, e poi sulle modalità degli eventi stessi. Mi hanno colpito vere e proprie aggressioni verbali di donne contro donne che usavano gli stessi metodi e termini che l’8 marzo vengono combattuti.
Dopo migliaia di post e persino di “crociate” violentissime verbalmente mi sarei aspettata quantomeno il Duomo dignitosamente pieno. Invece Alessandra era figlia di Santa Lucia sopra Contesse, aveva una vita semplice, sogni semplici. E per parlare di violenza sulle donne aveva “attinto” alla fiction un Posto al sole.
Penso che il vero problema sia che ormai scambiamo i social, Facebook per la vita reale. Peggio, ci ACCONTENTIAMO della vita virtuale. Usiamo le dita per scrivere post e non per carezzare un viso, abbracciare qualcuno, stringere una mano.
In tanti hanno visto nel post di Alessandra sul Posto al sole, un grido d’aiuto che nessuno ha ascoltato. Temo che l’equivoco sia questo. Riteniamo che la vita sia dietro una tastiera e che basti mettere un like perché cambi la vita o per cambiarla.
Invece servono gesti reali. Se quella frase si fosse trasformata in denuncia o in una confidenza ad un parente, un amico, un’associazione di volontariato, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Noi non viviamo più davvero. Noi condividiamo. Ma non nel bellissimo significato che ha il termine CONDIVIDERE, che vuol dire “vivere con”, sentire la pelle dell’altro come la propria. Oggi interessa più fare un selfie con il panorama che non stare in silenzio con l’Universo. Alessandra e Christian sembravano una coppia felice, come migliaia e migliaia di coppie che su facebook mostrano al mondo i loro momenti più belli. Evidentemente la vita virtuale non corrispondeva a quella reale.
Per anni ogni mattina al risveglio ho preso il caffè guardando alla finestra gli alberi del viale San Martino. Seguivano le stagioni. Ed io con loro. Adesso ho la tazzina in mano e il telefono nell’altro. Non sento il profumo della primavera o l’aria gelida del mattino di febbraio, non ascolto più le voci dei ragazzini che vanno a scuola.
Siamo tutti bravia mettere su facebook la nostra vita, quella che magari non racconteremmo mai su un palco reale, però la perdiamo di vista. I momenti migliori della mia vita degli ultimi anni non li ho fotografati né postati. E anche le lacrime vere sono rimaste dentro di me.
Perché poi ti accorgi che le stesse persone che postano le foto della famiglia del Mulino Bianco o di loro che salvano il mondo, nei commenti o nel post successivo si trasformano come nel film l’Esorcista e vomitano odio a fiumi. Spesso mi chiedo che cosa farebbe uno di quelli che su facebook m’insulta incontrandomi per strada, guardandomi negli occhi, scoprendo che sono un essere umano come lui o lei e che come lui o lei faccio la mia rivoluzione umana, con cadute, ferite, tentativi di rialzarmi.
I fratelli di Greta che hanno manifestato in tutto il mondo per l’ambiente sono l’unica risposta alle mie paure. Ci stanno riportando alla vita reale e ci stanno dicendo che abbiamo abusato del mondo vero, lo stiamo violentando. Mentre chattiamo copiando le frasi di scrittori che non abbiamo mai letto, pezzi di canzoni mai ascoltate, postiamo foto di panorami che non abbiamo goduto, di abbracci che nascondono lacrime, il mondo reale sta morendo. E non basta scrivere slogan e mettere un like per salvarlo.
Devi uscire, devi fare, devi rispettare le regole, studiare bene come fare per non lasciare l’inferno a tuo figlio.
Devi sapere che la tua comodità qualcuno la sta pagando.
E ora vi lascio perché ho deciso che stamattina il caffè lo prendo in balcone, dove ho piantato semi di loto e ciclamini e c’è una stella di Natale che si ostina a sorridermi nonostante sia primavera. E il suo sorriso non lo farò vedere a nessuno.
Chi vuol vederlo venga a casa mia a prendere un caffè.
Rosaria Brancato
Il problema è che spesso idee contrarie alla propria, le opinioni scomode, che pretenderebbero semplicemente la meravigliosa arte del dibattito, vengono valutati come insulti. Forse sarà che io non ho FB e vivo ancora in un mondo in cui se io ti dico che sei una banderuola a livello politico (il che alle mie latitudini non rientra nell’ambito dell’insulto), mi aspetto uno scambio di opinioni e non la censura.
Condivido pienamente
Leggendo il tuo articolo mi è venuto in mente una vignetta vista proprio su facebook.
Un funerale in chiesa con due sole persone, una delle due commentava all altro : e dire che aveva 20000 amici su facebook.
Nulla da aggiungere solo tristezza
Dottoressa Brancato c’ e’ un articolo di tempostretto che dice “cattedrale gremita” in riferimento ai fatti