La speranza lanciata dalla presidente della Lelat: "E se i muri li ristrutturassimo noi? Se qualche imprenditore ce li intonacasse ed i nostri artisti di strada ce li riempissero di bei murales colorati? Sarebbe stupendo. Figli di detenuti e di baraccati immersi in un bagno di colore e di bellezza. Forse arriverebbero persino a non distruggerli, a considerarli per la prima volta un bene comune da proteggere"
Quando grazie ad un Por Sicilia è stata ristrutturata la Le.L.A.T., il Comune ha deciso di abbellire e ristrutturare solo il “muro di facciata” della recinzione che la delimita, ma non le due facciate che si rivolgono verso le baracche e verso il carcere.
“Non valeva la pena farle – afferma la presidente della Lelat, Anna Maria Garufi -, detenuti e baraccati non hanno diritto alla bellezza e alla pulizia. Eppure, dal lato del carcere, nei giorni della visita dei parenti, quella strada è stracolma di mogli e bambini, madri, padri che dalle 4 del mattino fanno la fila per prendere il numero per poter entrare a vedere i cari reclusi. Unico confort una fontanella ed una sola panchina con una tettoia troppo piccola per ripararli dalla pioggia o dal sole battente. Chi ha la fortuna di avere una macchina si ripara, gli altri …”
“Come sempre – prosegue la Garufi -, cerca di sopperire il volontariato, infatti i volontari del Crivop portano un camper (che era della Le.L.A.T.) per offrire un sorriso, una parola o una tazza di latte caldo ai più piccoli ed ai più vecchi e a qualche madre che allatta il neonato che non ha mai conosciuto il padre. Intorno a loro squallore. Cassonetti stracolmi, vecchi e bruciati, ed in più quel muro diruto di una comunità che ospita altri detenuti che a causa della loro tossicodipendenza sono più fortunati perché affidati alle nostre cure. Dall’altro lato della Le.L.A.T., dove brulica il quartiere di Mangialupi con i suoi “niňos de rua” (bambini che vivono in strada), il muro è ancora più fatiscente e brutto”.
La Garufi riporta una delle discussioni coi responsabili del Comune: “Tanto, questi qui sono vandali che devastano tutto” – mi dicono -. “Certo, chi li ha abituati alla bellezza, al bene comune? Non lo conoscono e non lo rispettano. Conoscono solo la rabbia che troppo spesso scaricano, purtroppo, contro la nostra comunità” – ho risposto io. “Per piacere almeno intonacate quei muri orrendi”. “Non è previsto nel progetto”, è la secca risposta. “Lei dottoressa campa di sogni, ma la vede la riconoscenza che riceve!”. Ed io penso: “Non è vero, a loro modo mi rispettano. La nostra casa, unico presidio di legalità in questo terribile quartiere, è sempre aperta per loro e lo sarà sempre”.
La speranza, adesso, nasce dalla nuova giunta Accorinti che vuole dare maggiore attenzione ai beni comuni. “Ho pensato – prosegue la presidente della Lelat – che adesso tutto può essere possibile, e mi sono chiesta: E se i muri li ristrutturassimo noi? Se qualche imprenditore ce li intonacasse ed i nostri artisti di strada ce li riempissero di bei murales colorati? Sarebbe stupendo. Figli di detenuti e di baraccati immersi in un bagno di colore e di bellezza. Forse arriverebbero persino a non distruggerli, a considerarli per la prima volta un bene comune da proteggere. E’ vero, io sogno, ma credo nei miracoli. All’ingresso della mia Le.L.A.T. c’è scritto: Mai nessuna carovana ha raggiunto l’utopia, ma è l’utopia che muove tutte le carovane. Giovani di Messina, volete percorrere questo piccolo percorso verso un’utopia con noi?”