Venerdì 19 aprile una giornata di studio che pone l’attenzione su come fu gestita e vissuta in Sicilia la più grande catastrofe sanitaria del Novecento
MESSINA – Cento anni fa, al termine della Prima guerra mondiale, si consumava la più grave catastrofe sanitaria del Novecento. Tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, l’epidemia di influenza “Spagnola” imperversò nell’intero globo, portando alla morte circa 50 milioni di persone. Almeno 600.000 furono le vittime in Italia. La Sicilia fu la regione che, subito dopo la Lombardia, ebbe in assoluto il numero maggiore di morti: circa 30.000. A lungo relegato in secondo piano, il tema dell’influenza “Spagnola”, la prima delle pandemie del XX secolo prodotta dal diffondersi del virus dell’influenza H1N1, è tornato al centro dell’interesse storiografico, non solo italiano, in relazione alle vicende del Covid-19. A distanza di un secolo dalla diffusione di quel virus, quando l’umanità si è trovata ad affrontare una nuova, ma non inedita, sfida di sopravvivenza, storici, giornalisti e scrittori si sono interrogati sull’origine, sullo sviluppo e sulla fine della “Spagnola”, valutando anche le modalità con cui quella pandemia fu gestita dalle autorità sanitarie e politiche e operando spesso confronti e paragoni con quell’emergenza.
Una giornata di studio sul tema “Dopoguerra e pandemia. L’influenza «Spagnola» in Sicilia: istituzioni, società, memoria. 1918-1919” si terrà venerdì 19 aprile nei locali dell’Università di Messina, con il patrocinio dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti e in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi Storici dell’Università della Repubblica di San Marino. In tale occasione saranno presentati i primi risultati della ricerca svolta da un gruppo di lavoro, coordinato da Claudio Staiti (Università di San Marino) e composto da storici siciliani e non solo, che si è posto l’obiettivo di valutare come fu gestita, percepita e raccontata quella tragedia nell’isola.
Il programma della giornata di studio
La giornata si articolerà in due sessioni. Sono previsti a partire dalle ore 10, presso la sala dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti (Palazzo del Rettorato), con il coordinamento di Daniela Novarese (Università di Messina), e dopo i saluti del Prorettore Vicario, Giuseppe Giordano, gli interventi di Eugenia Tognotti (Università di Sassari) su Oblio e riscoperta della Spagnola nella coscienza pubblica allo scoppio della pandemia di Covid-19, Fabio Montella (Istituto Storico di Modena), su L’Italia e l’influenza del 1918-1919: reazioni, dibattito e contromisure, Enza Pelleriti (Università di Messina) su La febbre ‘spagnola’ nel Meridione d’Italia. Spunti per un’indagine, Luca Gorgolini (Università di San Marino) su Prima guerra mondiale, eserciti e pandemia, e Giancarlo Poidomani (Università di Catania) su Guerra e dopoguerra in Sicilia (1915-1919). Nel pomeriggio, a partire dalle 15.30, presso l’aula 12 del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (Polo Annunziata), con il coordinamento di Giovanna D’Amico (Università di Messina), si susseguiranno le relazioni di Manoela Patti (Università di Palermo) su Il “germe del male”. Istituzioni e società siciliane di fronte all’influenza ‘spagnola’, Alessia Facineroso (Università di Catania) su Dalla cattedra al fronte. Ricerca scientifica e gestione militare, Fabio Milazzo (Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo) su Medicina, sanità pubblica e dibattito medico, Antonio Baglio (Università di Messina) su Cronaca e rappresentazione della Spagnola nei giornali dell’Isola, e Claudio Staiti (Università di San Marino) su «l’agente moriva accatastrofi». La Spagnola nelle scritture ‘intime’ dei siciliani.
La ricerca si è svolta utilizzando archivi regionali e nazionali e ha preso in esame l’utilizzo di fonti ufficiali (bollettini medici, resoconti provinciali…), corrispondenza governativa (ad es. i rapporti dei Prefetti), giornali (articoli, ma anche pubblicità e necrologi), opere letterarie e scritture intime (lettere, diari, memorie). Il desiderio è stato quello di fornire un ampio quadro interpretativo dell’impatto della pandemia sul territorio isolano e sui siciliani, cercando di valutare, in un’ottica che tiene conto dell’attuale vivace dibattito storiografico nazionale e internazionale, e in dialogo con simili progetti di ricerca che si stanno realizzando altrove, le ricadute in ambito sociale, clinico e politico di questa tragedia dimenticata.
Comunque,comunque uno la pensi sulla questione,nel merito ha ragione….a meno che uno si metta il prosciutto sugli occhi e faccia finta di non vedere i cartelli di divieto balneazione nei pressi del canale di marea del lago(in genere intorno alla piazza a faro,l’abusivismo dilagante delle case con le fondazioni in spiaggia,i capannoni in ferro che infradiciscono da decenni sul litorale e i tubi sospetti che spuntano sulle sponde di entrambi i laghi(da cui spesso esce acqua schiumosa e fetente….la riserva così preziosa esiste solo adesso o si deve pensare a un po’ di opportunismo?