Lettera aperta di Franco De Luca, educatore scout: "Ti ho votato, ma non lo farò più. Caro Renato non ricandidarti per partecipare ad un gioco che non ti appartiene e sacrificare una parte di te, la più libera, quella che può dare il meglio alle giovani generazioni"
Lettera aperta al Sindaco di Messina Renato Accorinti, ovvero a ciò che ne resta
Caro Renato, sento il desiderio di scrivere queste due righe perché una delle due parti che mi costituiscono lo reclama ad alta voce. Ti scrivo perché sono stato un tuo elettore al ballottaggio e non lo sarò certamente alle prossime elezioni, ti scrivo comunque perché voglio ringraziarti di avere innestato su una pianta avvizzita, immagine che rappresenta egregiamente questa nostra città, un piccolo rametto di speranza. Ho sempre pensato che non saresti stato adeguato a fare il Sindaco, perché troppo legato alla missione educativa che quelli come te (e me) hanno cucita addosso quasi come necessità esistenziale che ci fa essere poco inclini alla risoluzione di problemi pratici nei quali la decisione è, temporalmente, tutto.
Diciamocelo francamente, a te delle delibere e dei cavilli burocratici di cui si alimenta (e si intossica) una macchina amministrativa non te ne importa un bel niente. A te ha sempre interessato lavorare per aprire la mente della gente e soprattutto dei giovani per concepire un pensiero più grande, più alto, che va oltre il muro, che vola oltre il confine.
È l’animus dell’educatore, di colui che vuole cambiare il mondo iniziando dal pensiero dei più ingenui, dei più inesperti e genuini, ignaro degli interessi, dei principi, degli accordi, dei compromessi, dei calcoli di cui la politica si nutre.
Quando i tuoi più acerrimi oppositori, quelli che conoscono tutto e tutti e che sono capaci di contestare anche la migliore delle proposte solo perché fatta da una mente libera che la politica non può concepire, torneranno ad imperversare in città, nessun atto amministrativo resisterà alla rivincita degli “altri”, ma sta pur certo che a Messina nessuno potrà dire di non avere mai sentito parlare, da chi veramente ci crede, di mobilità alternativa, di attenzione alle fragilità, di comunità aggregata, di dedizione alla cura della persona prima che degli interessi, di pace vera.
Sono tutti temi cari anche me che, nella mia seconda e più soddisfacente vita, mi dedico all’educazione dei giovani. Sono temi che neanche i tuoi più stretti collaboratori, forse, comprendono appieno, sono temi fatti per vivere e non per governare. Sono argomentazioni che portano lontano, troppo lontano perché tu ed io possiamo vederne i frutti, sono temi, probabilmente, per menti dedite all’utopia ed agli anacronismi, che nella nostra società del tutto e subito latitano ormai da quando si sono definitivamente spente le grandi ideologie politiche del passato.
La gente vive oggi, troppo spesso, abbarbicata a quella politica di comodo che ha fatto scempio del nostro tessuto sociale e che spesso è l’unica possibilità per restare attaccati alla vita di tutti i giorni.
Concludo permettendomi di darti un consiglio, caro Renato: non candidarti ancora per partecipare ad un gioco che non ti appartiene, per sacrificare, giocoforza, una parte di te, quella più libera, quella che può dare il meglio alle giovani generazioni. Ovviamente non ti chiedo di smettere di fare politica ma di continuare con lo spirito che avevi quel nefasto giorno quando entrasti a palazzo Zanca, deviando il tuo meraviglioso percorso su un terreno a te ostile. Continua a fare politica da solo o solo con quelli di cui conosci a fondo il credo, senza circondarti di esperti burocrati, perché cambiare il mondo è tanto difficile quanto averlo creato e mantenerlo migliore e quasi impossibile se non si lavora sull’anima ed il cervello dei giovani, gli unici capaci di capirti perché ancora naturalmente immunizzati contro l’interesse a tutti i costi.
Abbiamo un sogno in comune, caro Renato, quello di lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato e questo lo faremo certamente e unicamente partendo dai giovani, unica garanzia di vero futuro per ogni città del mondo. Grazie di quello che hai fatto e soprattutto se continuerai a farlo ancora, fuori dal Palazzo.
Con l’affetto e la stima di sempre
Franco De Luca, educatore scout
Quindi, che facciamo, votiamo Trischitta?
e mi creda prof.De Luca,sarebbe anche un bene per la città che certamente non può vivere di ideali ma di fatti concreti,quale il lavoro,le buche,la monnezza,l’illuminazione,la viabilità,l’ordine,la sicurezza stradale,i servizi sociali etc.etc.
Sicuramente si tratta di un pensiero profondo, raccontato con ottima scelta delle parole ma, a mio avviso, trapela forte uno dei problemi che hanno “… spento le grandi ideologie politiche del passato… “, ovvero la presunzione di sapere cosa è giusto e cosa no. Sarebbe stato veramente interessante conoscere i reali motivi per cui non voterebbe più l’attuale dilettante sindaco che ha semplicemente non governato proprio perché inadatto a farlo. Cercare il “male” altrove ed in altri fa parte di quella cultura che ha provocato lo scempio di oggi ed utilizzare il politically correct per sentirsi un un uomo migliore non appare mai scelta condivisibile.
Scusatemi, ma in fondo si tratta di aria fritta!