Il libro di Gerardo Rizzo è un affresco che ricorda quei 100 anni di solitudine di un popolo che lotta per mantenere viva la sua identità
Ci sono le streghe, c’è il sudore nei campi e la paura che la filossera distrugga i vigneti, c’è la zà Monica che muore più volte e Rosa Taranto la bella, c’è lo stupore dell’arrivo della corrente elettrica e le lotte per una vita migliore, ci sono le liti tra parroci e parrocchiani e San Lurienzo che fa miracoli “terreni”, ci sono le lacrime dell’emigrazione e l’ostentazione del ritorno in patria, c’è a guerra, l’amore, la morte. Dentro “Lettere da Salina” di Gerardo Rizzo (Di Nicolò edizioni) c’è un viaggio lungo un secolo, attraverso la narrazione della vita del centenario Franco Alaimo che in fondo altro non è se non la narrazione della nostra vita, quella di un sud sempre più a sud e di isole sempre più isolate.
Da Salina all’Australia
Le lettere che Franco scrive al nipote che non ha mai conosciuto e che è nato e vive in Australia (l’ottava delle isole Eolie), sono pezzi di storia e pezzi di cuore.
Possiamo riconoscere tra le righe i ricordi dei nostri nonni e bisnonni ed anche quelle storie umane che avvelenano le relazioni o le rendono indimenticabili.
E’ la storia di un’isola che rivendica la sua identità ed è orgogliosa delle sue tradizioni, anche nei periodi più bui, quelli caratterizzati dalla fame, dai lutti delle guerre, da un isolamento dal resto del mondo.
I lettori di Salina e delle Eolie riconosceranno nomi, luoghi, episodi e leggende. Ma tutti gli altri lettori riconosceranno quei tratti e quei moti dell’animo che riguardano ogni famiglia ed ogni comunità.
Un affresco
Gerardo Rizzo traccia un affresco della vita nelle isole e dei personaggi ma soprattutto, in questi anni in cui Salina è diventata meta per turisti sottolinea l’importanza delle radici e dell’identità. Se oggi Salina, così come le altre isole, sono veri e propri paradisi, è stato anche perché nel corso del secolo c’è chi si è battuto per conservare quel che c’era e valorizzarlo, chi ha lottato per costruire un futuro migliore, chi non è emigrato o se lo ha fatto è tornato. C’è chi non si è arreso alla filossera che divorava vigneti e chi si è opposto al fascismo che imponeva solo la coltivazione del grano. Certo, sorridiamo al pensiero che andare a studiare a Messina, piuttosto che ad Acireale, per chi abitava a Salina, era davvero un lungo viaggio. Sorridiamo ripercorrendo la credenza nelle magie delle streghe o il terremoto di San Lurienzo o ancora del perché la zà Monica alla fine sia morta davvero per colpa del maltempo.
A tratti la narrazione evoca la letteratura latino –americana e quel Macondo dei 100 anni di solitudine che caratterizzano tutto il “sud” ovunque esso sia. Franco Alaimo scrive al nipote che non ha mai conosciuto, ha alle spalle la rottura dolorosa con il figlio e l’addio a Salina per ricostruire una vita in Australia, ma questa storia è così simile a centinaia di storie familiare devastate dall’emigrazione.
100 anni dopo….
Cento anni dopo, anche se a Salina c’è l’energia elettrica e ci sono i turisti, anche se a Messina la qualità della vita non è quella di un secolo fa, i nostri figli sono costretti ad andar via per avere un futuro. Non ci sono più le lettere, c’è skype, whatsapp, non servono viaggi di due mesi per arrivare nelle nuove patrie, basta l’aereo, ma nelle pagine del libro che raccontano della devozione alla Madonna del Terzito in Australia, si legge la stessa nostalgia che si vive in ogni famiglia a metà.
Certo è un’emigrazione diversa, non c’è la fame di un secolo fa, ma le lacrime sono le stesse. Oggi come allora, perché i sentimenti restano universali.
Allora Salina deve dire grazie a Gerardo Rizzo per aver fatto onore alla memoria ed alle radici, ma anche noi dobbiamo ringraziare per questo affresco storico che ci riguarda da vicino.
Rizzo è al suo secondo libro dopo “La scellerata setta” del 2016 (ambientato a Messina) e si appresta a continuare questo percorso nell’identità di un popolo che resta incisa, prima ancora che nelle pagine di una lettera, nell’amina e nei cuori.
Rosaria Brancato