L’autore indaga sull’identità multiforme e cangiante della nostra isola, scandagliando le radici remote dei vari caratteri che le furono di volta in volta attribuiti, a seconda delle epoche e delle culture dominanti.
La Sicilia vista con gli occhi dei viaggiatori di tutti i tempi: questo il tema dell’interessante volume di Carlo Ruta, presentato pochi giorni fa dalla libreria Feltrinelli Point in collaborazione con Naxos Legge. Non si tratta di un romanzo, bensì di un ricco ed approfondito saggio, che traccia un excursus storico sul tema, a partire dalla tarda antichità fino ai giorni nostri.
"Storia del viaggio in Sicilia" indaga sull’identità multiforme e cangiante della nostra isola, scandagliando le radici remote dei vari caratteri che le furono di volta in volta attribuiti, a seconda delle epoche e delle culture dominanti. Il carattere di luogo di passaggio, non solo dal punto di vista geografico come snodo centrale delle rotte navali e cuore del Mediterraneo, ma anche storico-politico come terra soggetta a dominazioni diverse, è il punto di partenza e al tempo stesso la chiave di volta dell’analisi.
La diversità appartiene alla Sicilia fin dalle sue origini, sembra suggerire l’autore, e da questa diversità intrinseca scaturisce il diverso modo di intenderla e di pensarla. Già l’epoca classica le conferiva caratteri opposti, scindendo il bene dal male anche nel mito (da un lato Cerere e Aretusa, dall’altro il gigante Aci, o l’Etna come dimora dei titani). In epoca cristiana, nascono e prendono piede le superstizioni, che per tutto il medioevo la designano “porta dell’inferno”. L’epoca araba è un ritorno alla luce, all’esaltazione di un eden fertile e rigoglioso, per piombare ancora nell’oscurità in epoca normanna, che vedeva i viaggiatori timorosi riguardo malattie, terremoti e briganti.
Ancora, si avranno dei picchi di interesse culturale nel periodo umanistico, neoclassico e romantico, che la vedranno meta imprescindibile dei viaggi di formazione, e tuttavia lo stesso Winckelmann, che pure ne aveva una concezione idealizzata, rifiutò sempre di recarvisi.
“Certo è che spesso l’assimilazione del pregiudizio dipende dalla passiva accettazione di esso, e dal finire per considerarlo realmente come parte di sé”, dice l’autore. La presidentessa di Naxos Legge, Fulvia Toscano, ha tuttavia sottolineato l’importanza di conoscere, e di trasmettere alle generazioni future, quel concetto di diversità come arricchimento che, le fonti lo dimostrano, è parte della nostra stessa natura di popolo. “Il mito di Proserpina, così come lo racconta Rosso di San Secondo, ci aiuta a comprendere questa idea”, ha detto. Questo culto, tipicamente nostrano, incarna infatti alla perfezione il dualismo della Sicilia, arcaica e moderna, chiusa in se stessa ed aperta al mondo nello stesso tempo. “Dobbiamo comprendere ed accettare la compresenza della diversità, componente essenziale della nostra identità plurima.”
Carlo Ruta si serve molto bene di un ricco patrimonio di fonti, da esse attingendo e restituendo al lettore come dei flash sulla storia locale, sguardi puntuali che, ha suggerito il Prof. Franz Riccobono, presente all’evento, “danno l’idea della completezza dell’opera schivando il rischio della prolissità.”
L’autore, che aveva già trattato in parte il tema nel suo volume “Viaggiatori in Sicilia. L’immagine dell’isola nel secolo dei lumi”, fornisce qui un documento diacronicamente dettagliato, di indubbio interesse storico-culturale.
Laura Giacobbe