Da un progetto straordinario che ha visto insieme l'istituto Minutoli, la Casa circondariale di Gazzi, la Caritas e D'aRteventi di Daniela Ursino è scaturito un libro da leggere tutto d'un fiato. Per imparare la vita.
C’è Teodoro che nei ricordi di bambino si nascondeva nell’armadio per farsi cercare dai fratelli ma un giorno da quel rifugio uscì per finire in collegio. Troppo grande il disagio economico della famiglia, troppo profondo il suo dolore di bimbo che sognava di diventar ricco per comprare mille armadi alla mamma.
C’è Enea cresciuto con un padre a metà perché in carcere e poi in carcere anche lui, che in versi scrive “il mio compito è trasmettere l’amore” perché solo così fiorirà il suo deserto.
Ci sono le poesie di Giuseppe e Giovanni “la felicità è la quotidianità dei nostri sentimenti”, c’è Vincenzo che definisce il teatro come una magia e Antonio che aggiunge “ti fa scoprire il bello che abbiamo tutti dentro” e la parola “dentro” è quel dentro fatto di mura e di celle non solo interiori.
Ci sono Roberto e Angelo che in modi diversi raccontano le ore più belle della loro vita, quando sono nate le loro figlie. C’è Andrea, il muratore che amava il giardinaggio e la pesca. E che ama la sua donna, conosciuta a 18 anni e che ancora illumina i suoi giorni di carcere con lettere piene di gioia. C’ è Sebastiano che in poesia scrive “aspetto te, come la chiave che apre la prigione, come il sole che sorge domani”. E Luciano che ha scritto un testo teatrale in un atto unico, dialogo in una cella. E ancora Orazio “se avessi ascoltato le tue parole non avrei preso tante botte dalla vita. Eppure è stato meglio così perché adesso capisco quanto amore avevano le tue parole”.
C’è Antonino che scrive una lettera alla sua amata, incontrata ad 11 anni e che trova bellissima come se fosse il primo giorno. C’è Autunno e la Piccola Stella di Giovanni e Le mille combinazioni del teatro di Giuseppe.
C’è la storia di Caio che ha ucciso per vendicare l’omicidio del fratello o la poesia di Santo “non chiedere mai se un raggio di sole scalda una cella”. La storia dell’amore ritrovato di Francesco o il Dolore di un padre di Aurelio con l’angoscia di non poter stare accanto alla figlia nei momenti della malattia. C’è il cammino verso dio di Salvatore.
Sono le storie degli alunni speciali delle classi II G, III G, IV G dell’istituto Minutoli sezione casa Circondariale, anno scolastico 2017-2018. Sono i detenuti del carcere di Gazzi che grazie al progetto di Daniela Ursino con la collaborazione della casa circondariale e del dirigente La Tona e dei docenti e studenti hanno realizzato uno straordinario libro, che raccoglie frammenti di anime, di sogni, di speranze, candele accese dentro le celle. E’ un progetto coraggioso che apre gabbie e parla di libertà e cambiamento.
Scrive Rosamaria Migneco, docente di Italiano e storia che ha seguito il progetto:
“Gli adulti che vivono in condizioni particolari, come l’esperienza carceraria, non hanno del tutto chiare le proprie emozioni e relazioni con gli altri e molti di loro non riescono ad andare oltre le sensazioni di rabbia e frustrazione. L’attività proposta ha puntato sulla promozione delle capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze, per acquisire competenze linguistiche più sicure, per conoscere e rappresentare i diversi aspetti della propria personalità. L’attività ha previsto delle tappe necessarie prima di giungere alla scrittura: in una prima fase gli alunni hanno avuto modo di leggere sensazioni e stati d’animo presenti in racconti di scrittori noti; quindi hanno cercato di manifestare ed esprimere i loro sentimenti in modo orale, infine per iscritto hanno descritto se stessi, esternando esperienze, suggestioni e relazioni. È nato così il libro, il cui titolo – “Quello che ho dentro” – evidenzia il lavoro di rielaborazione personale che ciascun alunno ha fatto, puntando sul positivo che aveva al suo interno ed estrinsecandolo nel modo che gli veniva più congeniale.
Poesie, lettere, ricordi del passato, vita presente, questo si può leggere nel piccolo libro scritto dai detenuti e curato dai docenti del Corso, in cui anche le illustrazioni che accompagnano i racconti sono state realizzate da chi tra gli alunni sa disegnare bene. Tali disegni sono stati realizzati su fogli di carta in modo semplice e improvvisato dagli studenti. Alla fine di ogni racconto sono scritte alcune frasi significative in lingua inglese, rielaborate con l’aiuto della docente della disciplina, espressione di un lavoro condiviso”.
Gran parte dei racconti è frutto dell'esperienza fatta dagli alunni attraverso la partecipazione al Laboratorio teatrale "Il Teatro per Sognare”, ideato dall’associazione D’aRteventi, promosso dalla Caritas e condiviso con l’Istituto Minutoli e la Direzione della Casa Circondariale (leggi qui)
Nella copertina gli alunni-detenuti dedicano il libro “a chi amiamo” e poi ringraziano quanti a diverso titolo hanno contribuito al dono più grande: la riscoperta di ciò che hanno dentro. Dott. Calogero Tessitore, Direttore della Casa Circondariale, Prof. Pietro Giovanni La Tona, Dirigente dell’ I.S. “Minutoli”, i professori del Minutoli Ivonne Cannata, Michele Monte, Caterina Romeo, Salvatore Morreale, tutto il personale della Casa Circondariale, Daniela Ursino e l’associazione “D’aRteventi”.
lll Minutoli ha infatti partecipato attivamente al progetto “Il teatro per sognare” che ha portato nei giorni scorsi all’inaugurazione del Piccolo Shakespeare, teatro all’interno del carcere di Gazzi (leggi qui)
Gli studenti dell’indirizzo "costruzioni, territorio, ambiente" hanno partecipato ai rilievi all'interno del teatro affinche' poi gli alunni del Basile potessero creare le quinte e i tendaggi. Nelle classi sono state fatte lezioni di storia del teatro, con particolare attenzione a Dostoevskji ed al suo romanzo "i fratelli Karamazov" che è stato portato in scena dai detenuti del laboratorio magistralmente diretti da Flavio Albanese. Docenti, studenti e detenuti hanno studiato insieme il copione.
Un lavoro di squadra, anzi, come ha detto in occasione della cerimonia d’inaugurazione del teatro Daniela Ursino “più che una squadra siamo una famiglia”.
Ed è questo che significa fare comunità.
Rosaria Brancato