Ad aprire l’ultima serata del festival la pièce multimediale: “L’amore segreto di Ofelia”
TAORMINA – La storia di Ofelia e Amleto come mai l’abbiamo conosciuta prima. A raccontarla è la pièce multimediale L’amore segreto di Ofelia di Luigi De Angelis e Chiara Lagani, diretta da Steve Berkoff, con protagonisti Chiara Francini e Andrea Argentieri. Opera che chiude la sezione “Proiezioni – Suoni e parole prima del film”, del Taormina Film Festival, il nuovo format di natura performativa tra musica, teatro ed eventi multimediali, curato dalla direttrice artistica della Fondazione Taormina Arte Sicilia, Gianna Fratta.
Ad anticipare la pièce una bella notizia per Francini: Elvira Terranova annuncia che “Coppia aperta quasi spalancata”, film diretto da Federica Di Giacomo e prodotto e interpretato da Chiara Francini, aprirà le Giornate degli autori al prossimo Festival del Cinema di Venezia.
Un’Ofelia ai tempi del Covid
In “L’amore segreto di Ofelia”, Francini interpreta un’attrice pronta ad entrare nel suo nuovo ruolo, quello di Ofelia. Ma deve farlo dietro una telecamera, attraverso uno schermo, e non su un palco, perché il Covid la costringe all’isolamento. Dall’altra parte della telecamera Argentieri, il suo indesideratissimo Amleto, totalmente diverso da quello che immaginava come co-protagonista.
Sarà, poi, però l’ondeggiare sensuale delle loro parole, il fascino del testo e l’intensità della narrazione raccontata a farle cambiante idea.
Le lettere non rivelate
L’opera di Berkoff, infatti, vuole svelare quelle famose lettere, dal contenuto ignoto, che Ofelia restituisce ad Amleto nella tragedia shakespeariana. Dà voce, così, a un vissuto tra i due personaggi diverso da quello a tutti noto, ad un legame sensuale che a volte diventa comico, ridicolo e altre volte osceno (tanto nel significato latino di obscenus, disgustoso, spudorato; tanto nel significato greco, da cui il lemma latino deriva, di ob–skenè, vale a dire, appunto, fuori dalla scena, perché non prima rappresentato).
Le scelte multimediali
Mentre i due attori recitano sul palco del Teatro Antico, alle loro spalle le loro versioni registrate ripercorrono esattamente le stesse battute, rendendo la prova d’attore ancora più difficile, dovendo restare in linea con lo schermo dietro e rispettando il medesimo labiale.
In nero i due attori sul palco, a colori e circondati da frutti (soprattutto Ofelia) le loro immagini proiettate alle spalle, arricchite da scene extra, dalla ripetuta impollinazione dei pipistrelli alla lava che scorre.
Alle loro parole, poi, gli interpreti legano movimenti convulsi che volontariamente tanto disturbano quanto imbarazzano.
Noi spettatori non vediamo mai la realtà, ma solo le loro tante interpretazioni.
La nuova narrazione epistolare dell’Amleto di Berkoff, con le sue 39 lettere dai diversi gradi emotivi, incuriosisce, infastidisce, destabilizza il pubblico che in ogni caso ne viene, però, trascinato.
La tragedia, solo presentita, lascia spazio a toni più leggeri, che non escludono attente riflessioni sul senso di quelle lettere e le ricadute che esse hanno sul nostro tempo: dal rapporto dicotomico tra finzione e realtà alla differenza tra passione e azione, illusione e verità, autenticità e imposizione di ruoli.