L’Italia del “bello scrivere”, elogio alla cultura di Ada Fichera.

L’Italia del “bello scrivere”, elogio alla cultura di Ada Fichera.

Emanuela Giorgianni

L’Italia del “bello scrivere”, elogio alla cultura di Ada Fichera.

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venerdì 31 Maggio 2019 - 07:35

Ada Fichera ha presentato, alla Feltrinelli di Messina, il suo ultimo lavoro, L’Italia del “bello scrivere”, in dialogo con l’onorevole Gennaro Malgieri, curatore della sua prefazione.

Alla Libreria Feltrinelli, accolta da Noemi Florio e dai suoi lettori, Ada Fichera presenta il suo ultimo lavoro, L’Italia del “bello scrivere”, in dialogo con l’onorevole Gennaro Malgieri, curatore della sua prefazione.

Ada Fichera, plurilaureata, giornalista, collaboratrice dell’Ufficio Storico dello Stato maggiore della difesa, realizza nella sua L’Italia del “bello scrivere”, un’analisi attenta di più di un secolo di storia del giornalismo e della Terza pagina, creazione tutta Italiana, attraverso il suo sviluppo, la sua struttura e i suoi protagonisti.

La storia della Terza pagina, “patria del bello scrivere”, è la storia culturale del nostro Paese. Il valore della terza pagina è molto di più di quello, già fortemente innovativo, di dedicare un’intera pagina ad argomenti culturali, è l’abbandono, la rottura con ogni, ai tempi molto consistente, accademismo e provincialismo, una svolta per il giornalismo e nei rapporti tra intellettuali e classe dirigente. Veicolo di informazione culturale e strumento di formazione e conoscenza, contemporaneamente istruttiva e ricreativa. Come scrive l’onorevole Malgieri, nella sua dettagliata prefazione al libro, è “una boccata d’aria ad alta quota”.

Ada Fichera scrive della Terza pagina: “vi è la necessità di equilibrare l’antico col moderno, l’istruttivo con l’attraente, il critico col ricreativo, il momentaneo con lo stabile”, e le stesse parole possono essere utilizzate oggi per il suo libro, un insieme perfettamente intrecciato di tutti questi elementi, grazie alla prosa chiara, scorrevole e precisa con la quale l’autrice è in grado di passare dal vecchio al nuovo, affrontando tematiche significative, complesse, intrecciate, analisi storiche, sociologiche e filosofiche con estrema semplicità.

La riflessione sul passato nasce dalla critica dell’oggi, niente saremmo, infatti, senza le nostre radici. Il punto di partenza sono, forse, proprio le domande finali del libro, cosa è oggi il giornalismo culturale in Italia? Quali sono le sue prospettive future? Fichera cita Camus, “il giornalista è lo storico dell’istante”, afferma, infatti, il filosofo; l’istante che è già passato, che cambia continuamente, del quale il giornalista deve saper stare al passo. Il giornalismo deve adeguarsi al tempo, alle esigenze dei suoi lettori, ma come leggiamo già nella copertina del libro, il modo in cui lo fa gli permette di entrare o meno nella storia, di farla.

Il giornalismo racconta i fatti ma, da vera filosofa, Fichera precisa che i fatti debbano essere accompagnati dalle idee, questa è una necessità ineliminabile, è prerogativa fondamentale della terza pagina, che oggi, purtroppo, se dei tagli vanno fatti, è la prima ad essere sacrificata.

L’odierna terza pagina è un insieme di rubriche di cultura, spettacolo, costume e società, divenute troppo spesso semplice cronaca dell’evento culturale. Abbiamo, fortunatamente, i supplementi settimanali tutti dedicati alla cultura, ma allo stesso tempo i lettori si trovano ad avere spesso maggior fiducia per i blog o i siti internet, strumento di comunicazione assolutamente efficace se ben utilizzato, che permette la diffusione immediata della notizia e alla portata di tutti, ma che dovrebbe accompagnare e non sostituire quello che un tempo era la Terza Pagina, libero circolo di idee, agorà di Cultura con l’iniziale maiuscola, Storia. L’autrice redige una serie di proposte necessarie a cambiare le cose, bisogna guardarsi intorno, vedere i propri limiti e i propri vantaggi, uscire dall’idea del mero resoconto cronachistico e creare dibattiti, spunti di riflessione, attrarre l’individuo verso qualcosa di più alto, per divenire migliore e guardare oltre, come solo la cultura può fare. Questo si cercava nella Terza Pagina e questo sicuramente i lettori apprezzerebbero ancora oggi.

Da qui parte l’excursus storico tracciato da Fichera che ha portato alla Terza Pagina, dalla sua nascita ad oggi. Sebbene le opinioni tanto sulla data dell’occasione quanto sul suo iniziatore siano diverse si può asserire che l’occasione che portò alla nascita della Terza pagina fu il debutto, nel 1901, di Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio, interpretato da Eleonora Duse.

Alberto Bergamini, fondatore e direttore del “Il Giornale d’Italia”, diede importanza enorme all’evento, attribuendone l’analisi sotto ogni punto di vista a quattro relatori diversi.

Non sempre protagonista esclusivamente di consensi, ma anche ricca di critiche e incomprensioni, l’influenza della Terza pagina e la sua richiesta crescono sempre di più, rendendola la parte più ambita dai lettori, presente in tutti i più grandi giornali e variandone anche le caratteristiche, più cattedratica nel “Il Giornale d’Italia”, più vivace, libera e narrativa nel “Corriere della Sera”. Nonostante le differenze la sua struttura si articola, in genere, intorno ad un elzeviro in apertura di pagina (nome nato dal suo carattere tipografico, appunto elzeviro); l’articolo di taglio al centro; l’articolo di varietà in spalla e il riempitivo di alcune rubriche con resoconti teatrali, musicali, cinematografici o con recensioni di libri.

La Terza pagina ha ospitato le principali penne italiane, i maestri del bello scrivere, sancendo un sodalizio irrevocabile tra letteratura e giornalismo. Nomi quali Gabriele D’Annunzio, Dino Buzzati, Luigi Capuana, Luigi Pirandello, Italo Calvino, Alberto Moravia, Eugenio Montale, Grazia Deledda. Pubblicavano le loro storie, recensivano e criticavano opere e spettacoli, raccontavano i loro viaggi, con reportage che intrecciavo il fantastico al vissuto, portando nei loro pezzi il proprio stile, la propria esperienza, la propria passione, il proprio talento e la propria cultura, che il motivo, poi, fosse la povertà o il grandissimo gusto italiano per l’arte non importa, i risultati sono impeccabili.

A metà del 1900 la Terza pagina cambia, si sviluppano due modelli d’informazione diversi che Alberto Papuzzi chiama illuministico per “la Repubblica” e cronachistico per “la Stampa”, l’interesse si sposta dal testo al contesto. Da una parte si modifica e sopravvive in veste diversa, come rubriche di cultura e società, dall’altro però perde la sua struttura e il suo stile specifico, la sua capacità di guardare “oltre l’effimero per mirare all’immortalità”, come scrive Fichera. Internet, la telemania, i media, i talk show, se non ben interpretati, possono essere un forte ostacolo per quella cultura di cui solo la Terza pagina sapeva farsi promotrice, ma lo scrivere non può mutare mai, il suo valore resta invariato.

I tentativi di tutela e promulgazione della Terza pagina continuano, infatti, quella de “la Repubblica” sebbene diversa resta una delle migliori o l’esempio fondamentale del “Secolo d’Italia”, soprattutto negli anni della direzione di Gennaro Malgieri, tra il 1994 e il 2004, anni in cui la sua Terza pagina supera del tutto il semplice commento agli eventi, rispecchiano il taglio degli antichi splendori. E a queste bisogna puntare.

Secondo Malgieri, infatti, la Terza pagina diviene specchio della nostra Società, di un’Italia un tempo vincente, fu enorme il ruolo svolto, per esempio, per l’alfabetizzazione, una storia che l’onorevole ripercorre con attenzione nelle sue parole forti, vigorose, illuminanti. La sua crisi è, invece, oggi la crisi di un’Italia che sta volontariamente scegliendo di tornare analfabeta, caduta nell’oblio della tecnica.

Il cuore del libro sta, per l’autrice, nello stretto sodalizio tra giornalismo e letteratura che nella Terza pagina trovava il suo centro prediletto, un momento di vera cultura capace di innalzare l’animo. Questo oggi, troppo spesso, perdiamo con i nuovi mezzi di comunicazione, veicoli di informazione ma non contenitori. La questione apre un incalzante dibattito tra pubblico e relatori sul valore dei social, di internet, degli ebook e delle nuove forme di informazione, giungendo alla condivisa conclusione che, sebbene rappresentino un ottimo strumento, non siano sede di effettiva cultura. E come dimostrano le statistiche presenti tra le pagine del testo, i lettori continuano a preferire il valore della carta stampata. Il suo pregio resterà eterno; quindi possiamo ancora ben sperare.

La riflessione sulla Terza pagina è una riflessione sulla sua rilevanza nella vita di ciascuno di noi, sul nostro tempo, sui suoi cambiamenti, il bisogno di fuga dal mondo piuttosto che la sua conoscenza. La sua crisi è la crisi della nostra Italia, è la crisi di ciascuno di noi. L’augurio è, dunque, che si realizzi l’intento di Fichera, verso la quale, per questo, va provato un impagabile senso di gratitudine: una cultura che possa superare l’effimero per raggiungere l’eternità; l’augurio che, come ritiene Malgieri, la Terza pagina possa tornare ad essere quel giardino edenico per chi rifuggiva dal conformismo, ricercando le tracce della bellezza. Perché solo la vera cultura può innalzarci e renderci liberi.

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