Lontani da casa, la Sicilia nel cuore. Un pranzo speciale tra messinesi a Milano

Lontani da casa, la Sicilia nel cuore. Un pranzo speciale tra messinesi a Milano

Francesca Stornante

Lontani da casa, la Sicilia nel cuore. Un pranzo speciale tra messinesi a Milano

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domenica 15 Dicembre 2019 - 08:10

Braciole e cotolette della nonna, un gruppo di ragazzi "emigrati", l'inizio delle feste natalizie lontani dalle famiglie. Opportunità, speranze, aria di casa. Storie di una generazione con la valigia sempre pronta

Una tavola imbandita per la festa. I bicchieri sono diversi perché non c’è un servizio completo per tutti. Ma che importa. Le posate anche. Non ci baderà nessuno. Lucine comprate per l’occasione. Una candela rossa accesa al centro. Dalla cucina gli odori dei giorni di festa a casa della nonna. Pasta al forno con le melanzane fritte, polpette, braciole, cotolette. E la maggior parte di queste cose le ha preparate proprio una nonna.

Il pacco “da giù

Nonna Lina ha cucinato, ha surgelato tutto e ha riempito una valigia di cibo per i suoi nipoti che vivono a Milano. E anche grazie a lei un gruppo di ragazzi emigrati da Messina hanno vissuto una domenica dell’Immacolata insieme, tutti attorno alla stessa grande tavolata. Aria di festa, aria di famiglie. Anche se le rispettive famiglie sono giù, lontane.

Io, fuori sede al contrario

Io ero l’unica fuori sede al contrario. Ero in vacanza prima a Torino a casa di mia sorella e poi a Milano per passare qualche giorno da una delle mie amiche storiche. Abbiamo organizzato un pranzo che ha riunito tanti figli di una Sicilia che non è capace di tenerseli stretti e dare loro un futuro. E non è capace neanche di farli tornare a casa anche solo per un weekend di festa perché costa troppo e allora non si può. Chi riesce tornerà a Natale. Qualcuno ha scelto di posticipare a dopo le feste perchè tornare è diventato un lusso.

Una generazione con la valigia

Eravamo in dieci. Tutti tra i 22 e i 34 anni. Una generazione con la valigia sempre pronta. Carla S. e Carla L.T studiano al Politecnico di Torino, Stefania alla Cattolica di Milano. Gli altri sono partiti da Messina e provincia per lavoro. Milano ha dato loro le opportunità che qui non avevano potuto avere. Filippo L.M. e Max insegnano, Luca è un videomaker e insieme condividono la passione smisurata per la musica che li ha uniti sotto il nome di Johann Sebastian Punk. Domenico è un informatico. Poi ci sono i padroni di casa Filippo R. e Giusy. Filippo è l’unico settentrionale, è torinese. Entrambi manager in due aziende multinazionali. Tutti stanno avendo la possibilità di realizzare progetti e sogni. Per farlo hanno fatto le valigie e sono andati via, insieme alle migliaia di ragazzi che partono e che difficilmente torneranno a casa.

Stanno bene, hanno buoni stipendi, case accoglienti. Hanno gruppi, amici con cui trascorrere le giornate, interessi, stimoli, impegni. Ma per sentire davvero l’aria del Natale inaugurato nel giorno dell’Immacolata è servito un pranzo come quelli di casa.

Le famiglie in videochiamata

Ci siamo ritrovati, abbiamo chiacchierato delle opportunità e delle possibilità che ognuno di loro sta coltivando. Dei luoghi comuni sul nord e il sud. Sulla frenesia di una città come Milano. Tra una risata e una foto, le braciole sono sparite in men che non si dica. I brindisi alla nonna che ha preparato tutto sono stati allegri e festosi. Nel pomeriggio è venuto a prendere il caffè anche Christian, che vive a Milano perché è un carabiniere. Ovviamente anche lui messinese. Abbiamo videochiamato le nostre famiglie che intanto festeggiavano l’Immacolata a casa, come da tradizione. Ma con troppi pezzi di cuore lontani. Vederci tutti insieme, sereni, contenti, li ha rincuorati. Per qualche minuto le distanze non c’erano più.

Il coraggio e le possibilità

Li ho ascoltati, mi sono confrontata con loro, mi hanno chiesto perché non ho provato a trasferirmi anche io per provare a trovare un’opportunità più grande, più prestigiosa. E lì mi sono resa conto di quanto loro siano stati coraggiosi. Sanno che non torneranno presto a casa perché qui in Sicilia, a Messina, non ci possono essere neanche lontanamente quelle possibilità che hanno trovato altrove. Ma questo non li spaventa. Piuttosto genera amarezza e dispiacere, probabilmente più in me che so che anno dopo anno rinunciamo a menti brillanti, giovani di talento, ragazzi di buona volontà, capaci di fare grandi sacrifici.

Loro stanno costruendo le loro vite di adulti lontani dalle loro famiglie, dai posti in cui sono cresciuti. Sono felici e appagati di quello che offre una metropoli come Milano. Ma poi arriva un giorno di festa, il periodo più sentito dell’anno. Le luci si accendono, si addobba l’albero. E se non c’è la nonna che ti prepara il pranzo o la famiglia con cui riunirsi ecco che una casa piena di ragazzi diventa il luogo più bello in cui trascorrere un giorno speciale.

Niente di più bello

Nel pomeriggio, prima di andare via, Max ha detto una frase: «Oggi non avrei desiderato niente di più bello». Ed eravamo tutti d’accordo. Sono bastati una tavola imbandita, i sapori di casa, le lucine per sentire il Natale. Per sentirsi una famiglia.

Caro-voli e politica incapace

In un momento in cui si parla di loro per la battaglia del caro-voli, per le tariffe sociali, per i pullman dell’Ast messi dalla Regione Sicilia come soluzione per risparmiare su biglietti da capogiro, ecco chi sono i giovani per cui combattere. Se un volo fosse costato poco magari qualcuno di loro riusciva a tornare a casa per il weekend dell’Immacolata. Se esistesse la continuità territoriale potrebbero venire in Sicilia non solo due o tre volte l’anno. E per giunta spendendo somme inaudite. Sono già andati via, non siamo capaci di farli tornare, quantomeno dovremmo essere in grado di dar loro la possibilità di poter rivedere la propria famiglia senza doversi fare i conti con la calcolatrice.

Fino ad allora io spero che almeno tutti abbiano la fortuna di poter vivere dei giorni come quello che siamo riusciti a regalarci nella casa milanese della mia amica Giusy. Dove per un giorno si sono mischiate vite, storie, speranze, per augurarsi solo “Buon Natale”. Come a casa.

Francesca Stornante

2 commenti

  1. bonanno giuseppe 15 Dicembre 2019 10:47

    porca miseria non mi hanno invitato ……ahahahahahahahahahahahaha

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  2. Bell’articolo, complimenti.
    Io sono andato via quindici anni fa non perché fossi senza lavoro.
    Mi sono fatto trasferire a Milano, tra l’attonita meraviglia di tutti, e me ne sono andato con la mia famiglia.
    Qui ho trovato pulizia, civiltà, rispetto delle regole, decoro, educazione, trasporti efficienti rispettosi delle esigenze dei cittadini.
    Non ne potevo più della vigliaccheria del messinese, che scende sempre dal carro del perdente e sale sempre sul carro del vincitore.
    Mi ero stancato dello sfascio della pubblica amministrazione, dell’inesistenza dei servizi pubblici, della sporcizia a fronte della quale si doveva pagare l’aliquota più elevata d’Italia.
    Mi sono stancato dell’ignavia, del menefreghsismo, del “fora du me bisolu pure chi è me soru”.
    Mi sentivo soffocare dal perbenismo di facciata di chi si batteva il petto in Chiesa e dopo ne combinava peggio di Paulina ‘a ciunca.
    Mi sono stancato di una città dove i diritti vanno chiesti come fossero un favore e dove è sempre forte la teoria delle tre F: Festa, Farina e Forca.
    Dopo tanti anni, non solo non è cambiato nulla, ma è tutto peggiorato.
    Non si riesce a fare una manifestazione natalizia aperta a tutti, non solo ai ricchi, nella più completa indifferenza di una classe politica che, ufficialmente, non sa mai nulla e che l’unica strategia che possiede è quella di cadere da’ naca.
    Qui a Milano l’utenza dimostra di apprezzare il mio lavoro ed ogni mattina mi reco in ufficio con la consapevolezza dell’utilità del mio lavoro.
    Ecco perché a Messina non torno più nemmeno per le ferie!!!!!!

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