Cassazione riapre il processo per Sebastiano Puliafito, accusato dai pentiti di un omicidio del '98 e coinvolto nell'operazione Nemesi
Nuovo ribaltone giudiziario per l’ex agente penitenziario Sebastiano Puliafito, accusato dell’omicidio di Stefano Oteri avvenuto nel 1998 a Milazzo. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna all’ergastolo decisa ad aprile scorso in appello a Messina. Anche in secondo grado era stato un colpo di scena: in primo grado, infatti, Puliafito era stato scagionato. Adesso il processo è da rifare, hanno stabilito i giudici della Suprema Corte (I sezione), che hanno rinviato il processo alla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, accogliendo i rilievi dei difensori, gli avvocati Pinuccio Calabrò e Clara Veneto.
giudici hanno ribaltato la sentenza di primo grado che lo aveva assolto accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Felice Lima, che aveva chiesto la condanna alla pena dell’ergastolo.
Fatta luce su 4 omicidi con l’operazione Nemesi
Tutto da rifare quindi per l’ex guardia giurata di 59 anni, coinvolto nell’operazione Nemesi, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina che ha chiarito gli scenari di quattro omicidi di mafia a Barcellona, risalenti nel tempo.
I delitti furono ricostruiti grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. I giudici però non sembrano d’accordo sul coinvolgimento di Puliafito e l’effettiva attendibilità dei pentiti sul suo ruolo. Il caso, quindi, è ancora aperto.
L’esecuzione di Oteri nel ’98
Oteri venne ucciso a colpi d’arma da fuoco la sera del 27 giugno 1998. Era un ex tossicodipendente ed è stato punito perché si muoveva in modo troppo autonomo. Sem Di Salvo, reggente dello storico boss Gullotti, avrebbe incaricato della sua uccisione Carmelo D’Amico che poi si è scelto la squadra, hanno spiegato gli investigatori dopo il blitz Nemesi. Oteri sarebbe entrato in contrasto con Puliafito e per questo punito, ucciso davanti casa della sorella a Milazzo dove, secondo il clan di Barcellona, cominciava ad allargarsi autonomamente, atteggiandosi a “boss”. Gli arresti per questo caso di lupara bianca scattarono nel gennaio del 2019.