E’ stata un’altra lunghissima giornata in aula, quella di ieri al processo Beta sugli affari del clan Romeo. Collegato in video conferenza dalla località protetta, Biagio Grasso è tornato a deporre ed ha parlato, rispondendo alle domande dei PM Liliana Todaro e Fabrizio Monaco, per circa sei ore. Ad ascoltarlo, oltre all’Accusa, la Corte presieduta da Silvana Grasso e un’aula di Corte d’Assise gremita di legali, familiari, curiosi, alcuni imputati a piede libero.
Nelle gabbie si sono alternati pochissimi imputati detenuti, ma proprio da qui, poco prima della fine, intorno alle 16 del pomeriggio, è arrivato il colpo di scena. Uno dei detenuti ha nominato in aula un nuovo difensore, la cui presenza ha dato modo agli altri difensori, a fine udienza, di presentare istanza di ricusazione della dottoressa Silipigni, giudice a latere. I due sarebbero parenti, e il processo non può andare avanti con la Silipigni nel collegio giudicante, dicono gli avvocati. La Corte si è riservata la decisione sull’ammissibilità dell’istanza, che in caso sarà valutata dal Presidente del Tribunale. Se ritenuta fondata, la Silipigni dovrà lasciare il collegio e al suo posto subentrare un nuovo giudice a latere. In quel caso il processo potrebbe subire un clamoroso stop. Se gli avvocati non presteranno il consenso alla lettura degli atti, infatti, tutto quel che è stato fatto fino ad ora sarà praticamente “azzerato” e il processo dovrà ripartire dall’inizio. Si torna in aula il 22 gennaio prossimo, stavolta all’aula bunker del carcere di Gazzi, per dirimere questa prima questione e per “passare” il principale testimone dell’accusa, il pentito Biagio Grasso, al contro esame dei difensori.
Ieri, intanto, Grasso ha ribadito quanto già messo a verbale durante il periodo della sua collaborazione, e precisato i ruoli di alcuni coimputati nei v ari affari che lo hanno visto coinvolto insieme ai Romeo. In particolare ieri ha ribadito i rapporti con l’architetto Pasquale La Spina, la vicenda dell’auto bruciata, poi è passato a tratteggiare, ancora una volta, il ruolo dell’avvocato Andrea Lo Castro. Ha parlato delle molte riunioni avvenute nello studio del legale d’affari “Noi avevamo avuto contezza che potevamo essere oggetto di indagine, mentre Lo Castro ci aveva assicurato che avrebbe provveduto a fare bonificare il proprio studio”. Grasso e Romeo sbagliavano: le cimici del Ros dei Carabinieri erano infatti arrivate anche nel “santa sanctorum” dello studio al primo piano della Galleria Vittorio Emanuele. Sono tante le conversazioni intercettate nell’ufficio di Lo Castro, riversate agli atti dell’operazione Beta.
ALLA CORTE DI LO CASTRO. Grasso ha ribadito alcune questioni precise, tornandoci più volte: Lo Castro sapeva chi era Enzo Romeo, che le sue quote erano diretta espressione dei parenti mafiosi catanesi, sapeva che quando era Grasso a trattare era come se trattasse Romeo “era di dominio pubblico oramai che io e lui eravamo la stessa cosa”, e non aveva soltanto il semplice ruolo di legale, perché oltre a proporre lui stesso alcuni affari vi partecipava “come legale e come socio in quota parte”. Grasso ha parlato di diverse riunioni da Lo Castro per pianificare gli affari, con altri imprenditori: “Nicola Cippone, Franco Scirocco, Carlo Borella, Vincenzo Romeo”. I rapporti con Lo Castro, suoi e direttamente con Romeo, li colloca in un periodo sicuramente antecedente al 2014. Poi i rapporti si incrinano, perché Lo Castro si occupa in prima persona di una impresa in quel momento concorrente alla XP di Grasso e Romeo.
IL FALLIMENTO BORELLA E L'AFFAIR ELSE. Il legale che era anche socio, dice Romeo, non solo propone e dispone grosse operazioni immobiliari, ma pianifica le operazioni finanziarie più ardite. Romeo parla di “fasi distruttive” e operazioni con strumenti finanziari che miravano a mascherare fatturazioni per operazioni inesistenti. Di questo per esempio Grasso ha contezza diretta, racconta, nel caso della Else Immobilari. “E’ la prima operazione per la quale ci sediamo intorno al tavolo e spariamo alla pari”, dice Grasso, che precisa: “Tutte le operazioni della Else furono gestite da me in prima persona e da Lo Castro”. Un esempio? “Ho consegnato 80 mila euro in contanti a un soggetto, tutti a pezzi da 500, in nero. Altri 60 mila euro erano tracciati. Abbiamo chiuso così una operazione del valore di 400 mila euro.” L’operazione Else, dice Grasso “E’ stata portata da lui su segnalazione di Rossetto”. E ci sarebbe anche una carta firmata da Lo Castro sequestrata dalla Guardia di Finanza di Milano nell’ambito dell’operazione Refugium Peccatorum, il processo comincerà il settembre prossimo nella città della Madonnina. Tanti gli affari trattati al tavolo di Lo Castro , dove sedevano come detto anche altri imprenditori: “Vincenzo Romeo ha proposto l’acquisto di un’area per la realizzazione di un centro commerciale a Calatabiano che aveva già le autorizzazioni della Regione e per il quale c’era già l’accordo con Eurospin”.
IL BANDO PER IL RISANAMENTO DI FONDO FUCILE. Poi Grasso ha ripercorso l’affare degli alloggi di Fondo Fucile. A cominciare dall’acquisizione delle aree dai precedenti proprietari: “ Malgrado l’area non fosse di pregio vista l’ubicazione, l’operazione era interessante perché vi era un indirizzo ospedaliero del quale i Lo Conte ( da cui era stata acquisita ndr) non si erano neppure accorti”. Ventiquattro gli alloggi con i quali avevano partecipato all’ormai noto bando del Comune per l’acquisto degli alloggi popolari “Ma il Comune ce ne aggiudicò soltanto 14. Altri avevano partecipato al bando, so che erano entrati ad esempio Salvatore Siracusano e un’altra impresa che era diretta espressione di Santapaola, me lo riferì Romeo indicandomi un suo parente, che io non ho mai incontrato e neppure saprei riconoscere.”
L'ARCHITETTO CUCINOTTA. Parlando del bando e dell’affair XP, Grasso tratteggia i rapporti con l’architetto Raffaele Cucinotta, che si instaurano proprio in questo caso, e che secondo Grasso vanno avanti anche dopo. “Cucinotta aveva il compito di valutare le operazioni che proponevano e dirci se erano fattibili. Se cioè era possibile superare gli eventuali scogli che si presentavano a livello delle autorizzazioni del Comune, o se conveniva lasciar perdere”. Un ruolo per il quale “io stesso gli avevo consegnato piccole somme di denaro, altre ne aveva ricevute tramite Barbera, una volta è stato consegnato al compagno della figlia. Grasso ha poi fatto leva sempre sulle presunte “pezze d’appoggio”: “C’è la lettera di incarico ad un altro professionista che di fatto era l’incarico a Cucinotta, che non poteva essere dato direttamente”. L’accordo con Cucinotta? Il 3% del valore dell’affare, se andato in porto, era del professionista.
IL PALAGIUSTIZIA IN VIA LA FARINA. Rispondendo alla domanda del PM Liliana Todaro, Grasso spiega perché il rapporto con Cucinotta era per loro fondamentale e tira in ballo un altro affare, quello del palagiustizia in via La Farina, recentemente tornato in auge con la proposta del primo cittadino Cateno De Luca. “Abbiamo proposto a Bosco di Catania l’affare del parcheggio multiplano di via La Farina dove si voleva realizzare il palazzo di giustizia. E abbiamo potuto farlo perché avevamo “la chiave” all’Urbanistica, gli abbiamo potuto assicurare che non avemmo avuto problemi col Comune.