Il Tribunale della Libertà ha annullato il provvedimento che nel luglio 2012 ha portato in carcere il tecnico comunale di Mazzarrà Sant'Andrea e Oliveri, accusato dai pentiti. Secondo i giudici, le dichiarazioni dei collaboratori non avevano adeguati riscontri investigativi.
Scarcerato con effetto immediato e annullamento della misura cautelare, senza alcun obbligo. E’ un ribaltamento totale quello del Tribunale della Libertà di Messina che ha disposto la scarcerazione di Roberto Ravidà. Il tecnico comunale di Mazzarrà Sant’Andrea e Oliveri era in carcere dal luglio 2012 quando era stato arrestato nel blitz antimafia Gotha 3. L’accusa era di prestarsi alle richieste del clan di Barcellona, che pilotava l’assegnazione dei lavori nella zona, commesse pubbliche comprese. L’estate scorsa la corte di Cassazione aveva annullato il provvedimento, chiedendo al Tribunale della Libertà di Messina di tornare ad esaminare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Ravidà. I rilievi della Suprema Corte riguardavo in particolare la mancanza di riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Secondo i massimi giudici del nostro ordinamento, cioè, le accuse che avevano portato in carcere Ravidà erano basate sulle sole dichiarazioni dei pentiti. Collaboratori dichiarati credibili, certo, ma alle cui dichiarazioni gli investigatori non avevano portato sufficienti riscontri a sostegno. La stessa linea è stata confermata adesso dal Tribunale del Riesame di Messina (presidente Militello) che ha accolto la memoria difensiva di Ravidà, affidata all’avvocato Giuseppe Pizzuto, basata su un lungo elenco di gare alle quali il ruolo del tecnico comunale era del tutto avulso.