Saranno giudicati a partire dal prossimo 11 giugno gli imputati del maxi sui nuovi reggenti della cupola mafiosa barcellonese. Solo in 5 hanno scelto il rito abbreviato. Archiviata l'indagine sulla "talpa".
Udienza filtro, stamane, davanti al Gup Daniela Urbani per le 34 persone coinvolte nell'operazione Gotha 4, scattata poco meno di un anno fa, che ha portato alla ennesima retata ai danni del clan di Barcellona. In manette, dopo una sapiente indagine del Ros dei Carabinieri, le più recenti nuove leve e i reggenti della cupola mafiosa, decimata dalle operazioni antimafia e i pentimenti dei boss di primo piano, registrati tra il 2010 ed oggi. Quasi tutti, in 29, hanno deciso di essere giudicati col rito abbreviato, quindi processati "allo stato degli atti" e giudicati direttamente dal Gup, che ha fissato prossima udienza l'11 giugno per dare la parola all'accusa e ai numerosi difensori. Soltanto in 5 hanno deciso di andare avanti col rito ordinario.
Al banco dell'accusa i pm della Dda Vito Di Giorgio ed Angelo Cavallo avevano chiesto il rinvio a giudizio per tutti. La retata è scattata il 10 luglio 2013 con 35 arresti. Una sapiente indagine del Ros dei carabinieri documentò l'ultimo anno della vita del clan, messo a dura prova dalle precedenti tranche di Gotha, con gli arresti dei capi storici, ma soprattutto dal pentimento di elementi di spicco come Melo Bisognano, Santo Gullo, Salvatore Campisi, Salvatore Artino.
Infine l'arresto, all'inizio del 2013, del boss latitante Filippo Barresi. Con un eccellente lavoro di intelligence che ha permesso agli investigatori di piazzare cimici nelle "basi operative" dei nuovi reggenti, come la sede di una delle imprese coinvolte, gli investigatori scoprirono come il clan aveva serrato le fila, decimato dai molti arresti, e affidato a vecchi nomi e nuovi "colletti bianchi" il compito di curare le estorsioni, tenere la cassa, curare i rapporti con le famiglie dei detenuti, occupandosi del loro sostentamento. Tra i nomi di spicco emersi, quello di un "insospettabile" imprenditore barcellonese, Francesco Aliberti, e l'allevatore Giuseppe Treccarichi. Nel corso delle indagini emerse l'esistenza di una "talpa" tra gli appartenenti alle forze dell'Ordine che passava notizie sulle indagini in corso ai membri del clan. Gli accertamenti e le perquisizioni effettuate non hanno però permesso di identificarlo.