Gotha VII: Napoli i colletti bianchi e gli atti segreti. Il ruolo delle donne

Gotha VII: Napoli i colletti bianchi e gli atti segreti. Il ruolo delle donne

Alessandra Serio

Gotha VII: Napoli i colletti bianchi e gli atti segreti. Il ruolo delle donne

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martedì 30 Gennaio 2018 - 07:55

Quella volta che cercò di "ammorbidire" un commissario di Polizia che indagava su Cattafi. Tutte le accuse a Santino Napoli nel racconto dei pentiti e gli sviluppi dell'inchiesta. Intanto torna libera la Cannuli, accusata di gestire di fatto attività economiche del clan.

Hanno taciuto quasi tutti, gli arrestati dell’operazione Gotha VII. Capi, emergenti, gregarai e colletti bianchi, agli interrogatori di garanzia dopo il blitz dello scorso mercoledì, hanno scelto il silenzio e non hanno risposto alle domande del giudice.

Dopo la prima tornata degli interrogatori di garanzia, quindi, restano tutti agli arresti le 40 persone coinvolte nella maxi inchiesta. Torna libera soltanto Francesca Cannuli, figlia dell’imprenditore Michele Cannuli, accusata di aver gestito insieme a Tindaro Scordino il lido di Venere a Marchesana, intestato soltanto formalmente a Carmen Vinci, compagna di Scordino. Assistita dagli avvocati Rita Pandolfino e Tindaro Grasso, la Cannuli è stata liberata senza alcun obbligo dallo stesso giudice che ne aveva disposto l’arresto. Il lido di Venere era stato acquisito nel 2015 dalla Stea – Società Terme e Alberghi spa di Paolo Genovese. Scarcerato anche Antonino De Luca Cardillo, difeso dall’avvocato Gaetano Pino.

Ha scelto il silenzio anche Santino Napoli, infermiere all’ospedale di Milazzo, ex consigliere comunale della città del Capo. L’uomo è al centro del “caso Milazzo”. Dopo essere finito nella relazione della commissione antimafia del 2005, Napoli è ora protagonista di una parte dell’inchiesta Gotha VII per i suoi rapporti con il clan di Barcellona, in particolare con i D’Amico, e gli imprenditori della stessa famiglia, da esponenti di spicco come Sam Di Salvo a costruttori considerati “troppo” vicini alla famiglia come Maurizio Marchetta. Tra i suoi rapporti, anche quello con Saro Cattafi, uomo di mala e di servizi, per gli investigatori.

Nel capitolo che lo riguarda ci sono tre pagine bianche, omissate, il cui contenuto gli inquirenti hanno preferito secretare e che promettono eclatanti sviluppi.

Nel 1989 avrebbe aiutato la latitanza di Salvatore Centorrino, pregiudicato messinese oggi pentito. Per Nunziato Siracura, era in “busta paga” di Sem Di Salvo, al quale segnalava le ditte che prendevano lavori a Milazzo, così che il clan potesse sottoporli al pizzo, e a volte sistemava in prima persona le estorsioni per conto della famiglia, come nel caso della pasticceria Dolce Vita della città del Capo. In cambio, oltre ai 2 milioni di euro mensili che Di Salvo gli passava, i barcellonesi gli avrebbero garantito anche sostegno elettorale, nel 1996. E’ sempre Siracusa a dirlo, che racconta come lui e Di Salvo avessero preso e distribuito i volantini di Napoli, che in effetti nel ’97 era candidato alle comunali di Milazzo.

Ma nello stesso periodo la Polizia ferma per un controllo stradale Di Salvo: nella sua auto ci sono effettivamente dei volantini elettorali ma il candidato non è l’infermiere ma un barcellonese residente a Milazzo, candidato alle regionali con Santi Formica. Però nel 2000 i carabinieri del Ros li fotografano insieme allo Schotc Bar di Milazzo, insieme ad un uomo del clan, Carmelo Mastroeni. I due vengono avvistati l’anno dopo sotto casa dell’infermiere, con due cestini in mano. Ne 2001 il telefono di Napoli chiama diverse volte la Sudedil di Mastroeni, e nello stesso anno le informative di Polizia lo danno in contatto anche con Saro Cattafi, già allora considerato uomo vicino alla mafia non soltanto siciliana.

Per l’ex boss Carmelo D’Amico, a metà del decennio scorso, Napoli garantiva i loro investimenti nelle discoteche milazzesi. E’ ancora una volta Nunziato Siracusa a raccontarlo, il quale ha riferito che ad un certo punto l’infermiere si guadagnò le ire di Carmlo Vito Foti, che lo considerava un “confidente” della Polizia. Fu Carmelo D’Amico a difenderlo.

Il fratello dell’ex boss pentito, Francesco D’Amico, rincara la dose indicando Santino Napoli come soggetto che faceva loro diversi favori. Nel 2005, dice il collaboratore, Napoli avrebbe partecipato ad una riunione volta a favorire l’ottenimento di lavori alle imprese barcellonesi, effettuata presso lo studio di un ortopedico della zona (anche in questo caso gli obiettivi degli investigatori hanno documentato la presenza della macchina di Napoli e dei barcellonesi sotto casa del medico).

Per conto dei barcellonesi, Napoli avrebbe messo sotto scacco del racket anche la Technital di Catania, ovvero l’impresa che offre al Cas una buona parte del know-how tecnico, in quegli anni impegnata anche in un appalto a Sant’Antonio, nella città del Longano.

Melo Bisognano lo indica come referente del cartello delle imprese facenti capo a Di Salvo-Mastroeni- Maurizio Marchetta, l’ex vice presidente del consiglio comunale barcellonese e costruttore che, dopo aver denunciato di aver pagato il pizzo al clan di Barcellona, si ritrova ora indagato per concorso esterno – l’udienza preliminare è fissata al maggio prossimo. La Polizia nel 2005 inserisce in una informativa diverse telefonate tra Marchetta e Napoli. Anche per Carmelo D’Amico il consigliere comunale Napoli favoriva le imprese di Marchetta – ci siamo incontrati decine di volte – dice l’ex boss ai magistrati della DDA, confermando i suoi interessi nelle discoteche e il ruolo del milazzese in questo settore. (pag 601)

C’è di più: un consigliere comunale di Milazzo nel 2000 ha raccontato agli investigatori di essere stato avvicinato da Santino Napoli: il collega lo pregava di metterlo in contatto con un dirigente di Polizia che all’epoca indagava su Cattafi. “Dal momento che tu lo conosci, fa in modo che qualcuno che sta sopra di lui lo ammorbidisca”, gli avrebbe detto Napoli. E il commissario in questione avrebbe dovuto ammorbidirsi proprio nei confronti di Cattafi, spiega il consigliere comunale il quale anziché intervenire ha pensato bene di andare a raccontare tutto ai colleghi del commissario in questione. Tra i due, in 10 anni, gli investigatori hanno documentato diverse telefonate e incontri.

L’indagine Gotha VII racconta poi un altro interessante episodio: nel 2014 Napoli è in una officina intento, secondo gli investigatori, a cercare di “bonificare” la sua auto dalle microspie. Con lui c’è un quarantenne di Milazzo noto per gestire un residence e un’agenzia immobiliare e i due parlano di un “silenziatore”, ma anche di un qualcosa che Napoli avrebbe chiesto ad una terza persona, in quel momento preoccupato perché “sotto controllo per quel fatto di Santapaola”. L’uomo preoccupato ma comunque disposto a consegnare il “qualcosa” a Napoli sarebbe, secondo gli investigatori, il catanese Salvuccio Laudani, arrestato nel 2012 per traffico internazionale di stupefacenti. Mentre il milazzese in auto con Santino Napoli, conosciuto come “Ciccio Boss” è sotto indagine per i suoi rapporti con Angelo Porcino, detto formaggino”, ovvero quello che attendeva Attilio Manca, qualche giorno prima di essere trovato cadavere nella sua camera a Viterbo. “Mamma tu lo conosci? Viene a chiedermi consiglio, lo manda Ugo”, avrebbe detto l’urologo alla madre Angelina, al telefono.

Alessandra Serio

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