L'operazione Calispera inchioda i due esponenti della zona sud alle loro responsabilità per il delitto del fratello del pentito Emanuele, in quegli anni reggente del clan Trischitta di Santa Lucia Sopra Contesse.
Trent'anni, e non il carcere a vita come chiesto dall'accusa, per Angelo Bonasera e Giuseppe Pellegrino, riconosciuti tra i mandanti dell'omicidio di Francesco La Boccetta, freddato il 13 marzo del 2005 in auto, al semaforo dello svincolo di San Filippo.
E' questa la decisione della Corte d'Assise per i due esponenti della zona sud, raggiunti dalla giustizia per questo omicidio nel 2016, dopo le indagini dei Carabinieri seguite alle dichiarazioni dei nuovi collaboratori di giustizia.
I giudici hanno "concesso" i 30 anni e non l'ergastolo, riconoscendo lo "sconto" previsto per il rito abbreviato, richiesto dai difensori degli imputati, gli avvocati Salvatore Silvestro, Antonello Scordo e Alessandro Billè.
La sentenza è arrivata nella tarda serata di ieri, al termine di una camera di consiglio andata avanti per più di sei ore. Il verdetto conferma così la lettura dell'agguato che ha messo fine all'ascesa del reggente del gruppo Trischitta, inquadrandolo nella guerra di mafia tra i clan cittadini per il controllo del gruppo che domina la zona sud, quello di Santa Lucia sopra Contesse.
Guerra di mafia che quell'anno lasciò sul campo altri 3 morti, e stroncata nel 2016 dalle due retate delle forze dell'Ordine battezzate Mattanza e Ricarica.
Le intercettazioni svelarono che il delitto, come altri crimini, venivano pianificati in carcere dai boss reclusi, che attraverso i pizzini continuavano a trasmettere gli ordini agli affiliati all'esterno. Per l'omicidio La Boccetta sono già stati condannati gli esecutori materiali.
Alessandra Serio