Omicidio a Cesarò, Giuseppe Conti Taguali freddato con un colpo di fucile al volto

Omicidio a Cesarò, Giuseppe Conti Taguali freddato con un colpo di fucile al volto

Veronica Crocitti

Omicidio a Cesarò, Giuseppe Conti Taguali freddato con un colpo di fucile al volto

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martedì 08 Luglio 2014 - 08:33

Vanno avanti i rilievi sul posto e gli interrogatori dei parenti della vittima, assassinata ieri sera con due, forse tre, colpi di fucile a pallettoni di cui uno mortale al volto.

Due colpi di fucile a pallettoni, forse tre, di cui uno in pieno volto. E’ stato freddato così Giuseppe Conti Taguali, allevatore di 54 anni originario di Maniace ma da tempo residente a San Teodoro.

L’agguato si è consumato ieri sera, poco dopo le 22 in contrada Pulcino, a Cesarò, e vi sono pochi dubbi sulla sua matrice mafiosa sia per le modalità del delitto che per l’ambito in cui gravitava la vittima. Secondo una prima ricostruzione fatta dagli inquirenti, la vittima si trovava a bordo di una Fiat Punto quando, poco distante da casa, il killer gli ha puntato l’arma addosso ed ha esploso i colpi mortali. Un agguato in piena regola.

Ad avvertire i militari dell’Arma della Compagnia di Santo Stefano è stato un uomo che, intorno alle 23.30, stava transitando in quella zona. Inutile l’intervento dell’ambulanza del 118, Giuseppe Conti Taguali è morto sul colpo. Per tutta la notte, la zona è stata setacciata alla ricerca del più piccolo particolare o rilievo. Le indagini sono state affidate alla Dda di Catania.

Con un cognome noto in tutto il territorio nebroideo, Giuseppe Conti Taguali sarebbe parente di Marco e Gianfranco Conti Taguali, entrambi esponenti della cosca della famiglia di Bronte collegata ai Santapaola-Ercolano di Catania, ed entrambi condannati nel 2011 con l’accusa di aver partecipato all’omicidio di Bruno Sanfilippo Pulici, l’allevatore che la sera del 3 giugno 2002 fu raggiunto da colpi di lupara in contrada Vallonazzo, a Cesarò, e poi morì il giorno successivo all’ospedale Cannizzaro di Catania.

Dall’11 gennaio 2011, giorno in cui la Corte d’Assise d’Appello di Catania si pronunciò per la loro condanna, i due si diedero alla latitanza per diversi mesi. Marco fu arrestato un anno dopo, il 29 gennaio 2011, sull’autostrada Siracusa-Catania dalla Polstrada di Lentini. Gianfranco, invece, fu rintracciato nelle campagne di Caltagirone dopo 26 mesi di latitanza favorita da Aurelio Faranda, proprietario di una masseria della zona e ritenuto un affiliato del clan Bontempo Scavo di Tortorici. Era il 24 marzo 2012. Allora le indagini furono coordinate dalla Dda di Catania e, nel 2004, confluirono nelle operazioni Nitor e Tunnel che condussero all’arresto di più di 20 persone tra Santo Stefano di Camastra e Randazzo.

(Veronica Crocitti)

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