Ecco la la storia di una donna coraggiosa, accogliente, altruista e di una bambina arrivata dall'est
Marika e Chiara sono mamma e figlia. Tra loro non c’è un legame di sangue, ma la loro unione va oltre qualsiasi grado di parentela. Le strade di Marika Monforte e Svitlana (per tutti Chiara, in Italia) si sono incrociate per la prima volta 12 anni fa e la loro è una storia «nata per caso».
«Un giorno – racconta Marika – una mia collega ha portato in ufficio una bambina ucraina che aveva avuto in affido tramite l’Associazione “Arca senza confini”, per saperne di più ho deciso di partecipare ad una riunione e successivamente di aderire al progetto di risanamento che consente a famiglie siciliane e calabresi di dare ospitalità ai bambini abbandonati in istituti minorili ed orfanotrofi della regione di Chernihiv, che si trova vicino a Chernobyl. E’ nato tutto per caso, all’improvviso».
Marika, donna single e indipendente, ha preso in affido Chiara quando aveva 10 anni, facendole trascorrere qui le vacanze estive e di Natale, così come prevede il progetto di risanamento. Tre anni fa, al compimento del suo diciottesimo anno di età, ha deciso di adottarla, dopo aver superato vari ostacoli burocratici ed affrontato numerosi viaggi nel corso di questi anni. C’è uno strano gioco del destino nella storia di questa mamma e di questa figlia: «Nonostante io avessi chiesto da subito di abbinarmi ad una bambina, da single mi sembrava più opportuno, all’inizio – spiega Marika – mi avevano affidato un bambino, che poi però non ha avuto l’autorizzazione a venire in Italia; anche il secondo abbinamento era con un maschietto, ma pure lui alla fine non ha potuto lasciare l’Ucraina. Al terzo abbinamento mi hanno detto che mi era stata affidata una bambina, ed era Chiara».
«Ricordo come fosse ieri la prima volta che sono andata a prenderla all’aeroporto. Era esattamente come l’avevo immaginata: bionda, magrissima, e con due occhi azzurri bellissimi. La vidi arrivare al terminal trascinando la sua valigetta vuota guardandosi attorno incuriosita . Aveva indosso una “tenda” (ride ndr) , una casacca traforata arancione , e la prima cosa che mi ha detto è stata : “Mamma mi porterai per sempre in Italia”?».
Per Chiara, cresciuta in un fatiscente istituto dell’est ad un centinaio di chilometri dalla zona radioattiva di Chernobyl, non era la sua prima volta in Italia e Marika non era la sua prima “mamma” italiana. Quando era più piccola infatti era già stata in affido presso un’altra famiglia, che poi aveva deciso di interrompere il progetto e non accoglierla più. Era il periodo di Natale quando a Chiara fu comunicato che sarebbe rimasta in Ucraina , e per lei fu un trauma, perché si sentì rifiutata ed abbandonata per la seconda volta: prima da parte di chi l’aveva messa al mondo; e poi da chi le aveva dato l’illusione di poter ancora ricevere quel calore familiare che non aveva mai avuto, anche se solo in periodi circoscritti.
Oggi, Chiara ha quasi 22 anni e insieme a Marika ha costituito una famiglia tutta al femminile, avvolta dall’affetto di parenti ed amici. Dopo l’adozione, mamma e figlia non devono più aspettare l’estate o il Natale per stare insieme, ma possono condividere la quotidianità: «sono stata una pioniera delle adozioni a 18 anni, molti dopo di me hanno adottato ragazzi maggiorenni», afferma Marika con orgoglio.
Chiara adesso ha una casa e soprattutto l’affetto che le è mancato durante l’infanzia. Apparentemente, la vita le sta restituendo quello che le aveva tolto, ma certe ferite dell’anima, vuoi o non vuoi, lasciano cicatrici invisibili e indelebili e possono condizionare un’intera esistenza. Lo sa bene Marika, che deve fare i conti con i disturbi comportamentali di Chiara, alla quale è stata diagnosticata una personalità borderline: «Non è stato facile relazionarsi, soprattutto dopo l’adozione. Non è riuscita ad integrarsi , ha fatto brutte conoscenze su Fb e in questi anni mi ha dato grandi preoccupazioni».
Tuttavia, l’amore di Marika è immenso e senza confini, come il nome dell’Associazione che ha portato Chiara nella sua vita. Nonostante tutte le difficoltà, Marika riadotterebbe altre cento volte quella bambina indifesa conosciuta 12 anni fa e diventata oggi sua figlia: «Non ho nessun rimpianto e mai ho pensato “ma chi me l’ha fatto fare”. Anzi, sono contenta che il Signore abbia messo Chiara sulla mia strada, perché posso aiutarla. Chissà cosa le sarebbe successo se non avesse incontrato me. La considero una figlia dal primo momento in cui l’ho vista, e se anche è una ragazza problematica ha un grande cuore e una grande sensibilità».
Chiara sente tutto l’amore che mamma Marika le dona ogni giorno, e se anche il loro rapporto è più di conflittualità che di complicità, almeno in questa fase della loro vita, a suo modo ricambia quel sentimento: «Anche se con mamma Marika litighiamo spesso nessuno me la deve toccare, perché altrimenti mi arrabbio molto. Le voglio bene e le dico sempre che mamma non è chi ti mette al mondo ma chi ti cresce e ti ama, come sta facendo lei».
Da qualche mese, Chiara sta tentando di integrarsi e di condurre una vita regolare, senza colpi di testa; lavora come volontaria ad Acireale in un centro per anziani; sogna di andare via da Messina per avere maggiori opportunità di lavoro; e confessa di non voler più tornare a vivere in Ucraina, dove va solo per vedere i suoi 4 fratelli, anche loro cresciuti in Istituto e ritrovati grazie a mamma Marika.
Da settembre 2017, in casa con Marika e Chiara c’è anche Rosolio (Ruslan), un ragazzo ucraino disabile di 22 anni trasferitosi a Messina con un permesso di studio, che gli consente anche di poter ricevere le cure di cui ha bisogno presso il centro Neurolesi. I genitori vengono spesso a trovarlo e lui ogni tanto torna in Ucraina. Marika, che oggi è la presidente dell’Associazione “Arca Senza confini”, ha accolto Rosolio a braccia aperte e anche di lui si prende cura come fosse un figlio: «Per me può restare qui quanto vuole».
La storia di Marika è la storia di una donna coraggiosa, accogliente, altruista, capace di donare amore in maniera incondizionata e di cogliere il lato positivo delle cose, a dispetto di tutte le avversità incontrate sul suo percorso: «Da questi ragazzi ho imparato che non dobbiamo mai dare nulla per scontato. L’Ucraina ha cambiato la mia vita: non mi interessano più le cose superflue; prima pensavo a negozi, scarpe e altre futilità, mentre ora mi concentro solo sulle cose realmente importanti. Per questo ringrazio sempre il Signore. La mia è una strada tracciata dall’alto: ad un certo punto sembrava sbagliassi tutto nella mia vita, ma poi sono arrivate improvvisamente l’Associazione e Chiara, e la mia vita è cambiata. In meglio».
Danila La Torre