La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Sandro Pesce, il commerciante messinese accusato della bancarotta fraudolenta del suo impero di negozi di abbigliamento. Udienza tra qualche giorno anche per il notaio Quagliata e gli altri presunti prestanomi
Arriva al vaglio preliminare l’inchiesta sull’impero di Sandro Pesce, il commerciante messinese sotto processo per il crack della società madre, la Margan, e le collegate attraverso le quali gestiva diversi negozi di abbigliamento in città, sequestrati.
Il pubblico ministero Fabrizio Monaco, titolare del caso, ha chiesto il rinvio a giudizio per familiari e altri soggetti considerati prestanomi dell’imprenditore, ai quali sono stati sequestrati beni e conti correnti. E c’è una data per l’udienza preliminare, fissata al 29 ottobre prossimo davanti al Gup Giovanni De Marco. Indagati, insieme a Pesce, il notaio e cognato Vittorio Quagliata, Gaetana Inferrera, Maria Ferrara, Rosa Maria Zocca, Giuseppe Leone, Margherita Bagnoli e il filippino David Remedios, che si sarebbe adoperato per un conto bancario come prestanome. Pesce era stato arrestato nel luglio 2011 per bancarotta fraudolenta per la distrazione di beni della “Margan Srl”, dichiarata fallita nel 2008.
La Guardia di Finanza, a più riprese, ha messo i sigilli ad una barca di lusso, immobili a Messina e Catania. L’ultimo sequestro è dello scorso anno: sotto chiave beni per oltre un milione di euro tra due magazzini commerciali, uno in via Garibaldi di 54 mq. e l’altro in via Corbino Orso di 1200 mq., intestati alla Idra Srl, una società riconducibile a Pesce, come la Marlene e la Liz. Conosciutissimi i negozi messinesi del gruppo, “Aquarius” uno per tutti.