L'Ordine degli architetti: "E' tempo di pensare a una nuova forma di città". Dure note di Cisl e Cgil

L’Ordine degli architetti: “E’ tempo di pensare a una nuova forma di città”. Dure note di Cisl e Cgil

L’Ordine degli architetti: “E’ tempo di pensare a una nuova forma di città”. Dure note di Cisl e Cgil

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martedì 01 Dicembre 2015 - 17:27

Il dibattito sul Masterplan entra nel vivo. Ricco di spunti il documento dell'Ordine degli architetti che parla di svolta epocale solo se ne comprendono i presupposti e gli strumenti messi a disposizione per "pensare ad una nuova forma di Città". Il segretario generale della Cisl Tonino Genovese avverte: "non usiamo le risorse per coprire vecchie o nuove emergenze. Sono somme che servono per lo sviluppo" Dura anche la nota del segretario generale della Cgil Oceano: "l'amministrazione ha snobbato per troppo tempo"

A poche settimane dalla prima scadenza prevista dal Masterplan, ovvero la firma del “Patto della Città Metropolitana” il dibattito si fa più serrato. Sulle tematiche interviene l’Ordine degli architetti, con una nota congiunta di Giovanni Lazzaro, presidente dell’Ordine degli architetti e Marco Mannino, coordinatore della Commissione Idea/Progetto Città Metropolitana Provincia di Messina.

“Il contributo al Masterplan, o Piano per il Sud, che la città metropolitana è chiamata a offrire, costituisce una grande opportunità di sviluppo per il nostro territorio. L’istituzione di una nuova forma di aggregato urbano esteso all’intero territorio segna una svolta epocale. I comuni che fanno parte della città metropolitana, saranno chiamati a operare scelte di ampio respiro, strategiche, di sistema: si è capito che il singolo comune, incluso il comune capoluogo, non ha una dimensione sufficiente per affrontare da solo le grandi sfide della contemporaneità. I grandi temi della salvaguardia del territorio, dell’infrastrutture, dei trasporti, delle politiche ambientali, del ciclo integrato dei rifiuti, dell’innovazione per le imprese, dell’agro–alimentare, della coesione sociale, non possono essere affrontati attraverso la semplice sommatoria di progetti redatti dai piani comunali e/o da piani strategici di sistemi locali. Il Piano che si deve elaborare vuole provare a dar seguito a questa decisione e rappresenta un’occasione di riflessione collettiva per contribuire a tracciare alcune linee guida per il territorio della città di Messina. Non vuole dunque essere un elenco di interventi da realizzare (esistono già numerosi elenchi, almeno uno per ogni comune): si tratta di delineare una visione strategica di sviluppo proiettata nel medio – lungo periodo: è giunto il tempo di pensare a una nuova forma per la città. Una forma nuova che non può non gravarsi della crescente preoccupazione sulla crisi ambientale nelle sue varie sfaccettature: dai gravi problemi sul dissesto idrogeologico, alle recenti crisi energetiche e idriche (pensiamo al recente problema dell’approvvigionamento d’acqua), ai fenomeni legati ai rilievi sulle attività economiche e produttive e sul conseguente andamento demografico. Riteniamo sia necessario sviluppare un’idea per la quale la città e soprattutto il suo territorio possano dotarsi di una “coerenza di sistema”, di un disegno organico, di una interna completezza. Un’idea di città nella quale sia riconoscibile il carattere morfologico strutturale “progettato” a partire dall’esistente. Un carattere che si configura come l’esito di una riflessione collettiva sul ruolo complessivo del territorio nel contesto nazionale, europeo e mondiale. Un carattere che attraverso operazioni infrastrutturali e architettoniche sia in grado di conferire ai luoghi una nuova misura e un nuovo ordine urbano e paesaggistico.

Questo Masterplan dovrebbe rappresentare a nostro giudizio l’occasione per ragionare su urbanistica e architettura, ma anche su economia e agronomia: sui rapporti tra forme insediative e spazio della “natura”, tra morfologia urbana e morfologia della “terra” (forme del suolo), tra i caratteri dei luoghi e il loro sviluppo nella omogenea e allo stesso tempo multiforme realtà del territorio.

Un Masterplan fondato su un programma che aspiri a fare del “progetto” e dei nuovi “scenari” da esso definiti, “luoghi” in cui l’intera collettività, di Messina e del suo territorio, possa riconoscersi. Dobbiamo riflettere che per questa città esiste un’altra grande questione: lo sradicamento dal passato, ancora conseguenza traumatica del sisma del 1908. Uno sradicamento che ha prodotto una continua ansia di “ricostruzione” e dalla quale vogliamo provare a liberarci, per cercare di uscire fuori da quella sgradevole sensazione d’essere continuamente in balia di un “terremoto”. Vogliamo credere che sia possibile superare quelle contingenze che rischiano di trasformarsi in una provvisorietà senza sbocchi; vogliamo provare a uscire fuori dalla costante necessità di governare l’emergenza. Se si analizza il valore topologico del territorio messinese, se pensiamo al rapporto tra le forme della natura e le forme insediative, se pensiamo, solo a titolo esemplificativo, alle forme dei “litorali” –alla loro definizione in relazione all’interpretazione del senso di un waterfront dilatato- se pensiamo alle forme delle fiumare -vere e proprie “camere di natura- e al valore dei numerosi centri storici interni, istintivamente identifichiamo in questi sistemi i temi principali da affrontare nella definizione del Masterplan. Il carattere oggi di questi luoghi denota una complessiva fragilità rispetto ai problemi cui si accennava: la dispersione urbana, la mancanza di adeguate infrastrutture, gli eventi climatici esterni e i disastri ambientali provocati (che hanno anche seminato morte e distruzione), i black out energetici e di risorse primarie (la recente crisi relativa all’approvvigionamento idrico dall’acquedotto “Fiumefreddo”). A questa fragilità e all’incapacità di proporre scenari positivi dobbiamo opporci provando a offrire invece atteggiamenti operativi più incisivi che permettano di passare dal “cosa” al “come” nei confronti di una grande trasformazione in atto: dal saper riconoscerne le cause, ma anche e soprattutto dal saper proporre scenari che diano risposte. Un progetto, quello del Masterplan, che deve provare a farsi carico degli aspetti drammatici con cui oggi si pone, più di altri, il problema delle infrastrutture: forse proprio a partire da questi aspetti (dal progetto della strada, o del nuovo acquedotto, di una linea tramviaria) si può concentrare la carica dirompente di una nuova configurazione urbana contemporanea. Possono essere forse le soluzioni su rinnovate reti infrastrutturali, per la mobilità, per la messa in sicurezza del territorio, a incidere in modo decisivo sulla ricostruzione duna nuova città finalmente metropolitana”.

Sul Masterplan si registra anche la nota del segretario generale della Cisl Messina Tonino Genovese che commenta in particolare le dichiarazioni del vicesindaco: “Il Masterplan è uno strumento pensato per lo sviluppo e il futuro del territorio, per dare opportunità, non per coprire emergenze presenti o passate. Per la fragilità del territorio, per il dissesto idrogeologico e per l’esposizione al rischio sismico ci sono altri canali di finanziamento, diversi e a se stanti rispetto al Masterplan. Parlare di prevenzione al rischio sismico e idrogeologico da inserire nel Patto per il Sud significa non dare il giusto valore a uno strumento che deve rappresentare un’opportunità fondamentale per la città di Messina, ovvero quella di programmare un futuro di sviluppo e di lavoro”

Dura anche la nota del segretario generale della Cgil Lillo Oceano: L’Amministrazione comunale ha snobbato per lunghi mesi il territorio ed i suoi attori economici e sociali, raccontando di essere impegnata in un proficuo confronto con vari esponenti e in diversi tavoli del governo nazionale su progetti di sviluppo che, in verità, sembrano aver portato veramente poco: prima l’esclusione poi recuperata di Messina dalla lista dei patti del Masterplan, poi la chiusura della sede della Banca d’Italia ed ora la perdita dell’Autorità Portuale. Adesso chiede una proroga dei termini dimostrando di non avere realizzato alcuna progettualità e di avere un deficit di confronto, sia con le altre amministrazioni del territorio che con le parti sociali. Anche il merito delle ipotesi, avanzate dal vice sindaco Signorino, mostrano assenza di una visione complessiva e di un progetto innovativo di sviluppo economico e produttivo della Città Metropolitana, ma anche del solo territorio del comune capoluogo. Sempre nel merito, notiamo qualche confusione tra i vari strumenti di programmazione e progettazione, nazionale ed europea. Tutti i limiti che segnaliamo da tempo, su temi rispetto ai quali, come organizzazione sindacale, abbiamo offerto collaborazione, elaborazione e proposte concrete. Quello che serve adesso su questa materia è netta discontinuità, comprendere come questo sia un passaggio decisivo, recuperare in fretta il tempo perduto, ma soprattutto aprirsi ad un confronto serrato ma vero con tutti gli altri soggetti, uscendo da un isolamento che contribuisce – insieme agli evidenti limiti delle rappresentanze parlamentari – a determinare un grave deficit di rappresentanza del territorio.

4 commenti

  1. Asetticamente….non è cosa loro ! Qualcuno si intesti la regia ..Accorinti no adeguato a questo appuntamento irrinviabile

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  2. Asetticamente….non è cosa loro ! Qualcuno si intesti la regia ..Accorinti no adeguato a questo appuntamento irrinviabile

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  3. Non condividere la riflessione degli ARCHITETTI è impossibile, ma tentare di trasformare questa COSA che urbanisticamente, di conseguenza socialmente, non è più una CITTA’, è impresa da titani, di cui non vedo nemmeno l’ombra. Mi chiedo perché questo Ordine professionale, a cui è legata l’idea stessa di elaborazione artistica degli elementi strutturali, funzionali ed estetici di una costruzione, non si mise di traverso alla variante generale del 2000, che praticoni urbanisti osano chiamare piano regolatore. Gli ARCHITETTI sono tecnici a cui si chiede di ragionare sui processi di sviluppo e organizzazione che portano un centro abitato ad assumere le caratteristiche tipiche di una città, perché sono così in ritardo con la storia della Urbs?

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  4. Non condividere la riflessione degli ARCHITETTI è impossibile, ma tentare di trasformare questa COSA che urbanisticamente, di conseguenza socialmente, non è più una CITTA’, è impresa da titani, di cui non vedo nemmeno l’ombra. Mi chiedo perché questo Ordine professionale, a cui è legata l’idea stessa di elaborazione artistica degli elementi strutturali, funzionali ed estetici di una costruzione, non si mise di traverso alla variante generale del 2000, che praticoni urbanisti osano chiamare piano regolatore. Gli ARCHITETTI sono tecnici a cui si chiede di ragionare sui processi di sviluppo e organizzazione che portano un centro abitato ad assumere le caratteristiche tipiche di una città, perché sono così in ritardo con la storia della Urbs?

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